«Calum»

Riapro gli occhi di scatto, ritrovandomi di nuovo nel corridoio del liceo, e le mie gambe si muovono verso l'uscita. Dato che questo è il corpo di Calum, forse sa dove si trova il suo vero io.

Ho riconosciuto subito il tragitto per tornare a casa Clifford, ma credevo fosse uno scherzo, che ci fosse un qualche luogo di cui non ero a conoscenza nei dintorni. Invece sono davanti al cancello di casa mia e lo sto fissando con una certa nostalgia. Mi guardo attorno e, non appena mi sono accertata che nessuno è nei dintorni, scavalco il cancello, memore di quelle volte in cui mi ero dimenticata le chiavi nello spogliatoio dello Smokies e non ero intenzionata né a tornare indietro a prenderle, né di suonare a nonna Prince e farla preoccupata. Si è sempre addormentata molto prima rispetto all'orario in cui tornavo a casa, ed era meglio così. Non ho mai voluto mi aspettasse in piedi per vedere il mio viso colmi di lacrime e mascara colato, il mio corpo pieno di lividi freschi. Atterro sul vialetto di sassi con un tonfo, rimanendo ferma per qualche secondo, verificando di non essermi fatta nulla, ed avanzo fino alla porta d'ingresso. Con il cuore in gola busso alla porta.

«Calum, so che sei lì» dico alzando il tono di voce, nonostante si senta quanto non sia a mio agio. Appoggio l'orecchio alla porta, in attesa, ma non sento rumori.

«Calum» lo chiamo di nuovo, sempre con il cuore in gola. Niente. È una di quelle situazioni in cui non hai idea di quale sia la prossima mossa da fare e senti quella sensazione di leggero panico nello stomaco. Respiro profondamente e cammino, alla ricerca di qualunque cosa. Le ante delle finestre sono tutte chiuse, facendo presumere che nessuno sia all'interno. Il mio occhio cade sulla finestra del bagno, esattamente sopra la pompeiana: è aperta.

«Guarda cosa sto per fare per te, idiota» sospiro, non pienamente convinta di ciò che sto per fare. Mi tiro su i jeans con le mani, ed appoggio un piede su una delle due colonne di mattoni che tiene la pompeiana, e con le mani raggiungo una fessura, alla quale mi aggrappo. Mi tiro su, con il cuore martellante nel petto. Fortuna che il corpo di Calum è ben allenato, perché io sarei già caduta rovinosamente a terra. E, comunque, me la paga. Nel caso riuscissi a farlo tornare se stesso, ovvio.

Raggiungo il tetto a spiovente della pompeiana e ci salgo sopra, sporcandomi i jeans di fango. Gattonando, raggiungo il davanzale della finestra ed entro dentro. Salto giù e sento un urlo soffocato. Sbatto le palpebre ed osservo Calum seduto sul water, con i pantaloni abbassati e l'espressione spaventata.

«Sei fuori di testa!» mi urla contro, puntando il dito contro di me.

«Potevi aprirmi la porta!» sbotto io, portando le mani sui fianchi. Lui mi guarda in cagnesco, ma rimane seduto sul water. Curvo il capo.

«C'è qualche problema?»

Il suo labbro trema e sospira, affranto.

«Come si fa?» mi chiede, con gli occhi bassi.

Lo guardo, senza capire.

«Con il ciclo!» insiste e io, involontariamente, scoppio a ridere.

«Non ridere, stupida!» urla lui, in imbarazzo.

Scuoto il capo e mi avvio verso il mobiletto sotto al lavandino. Afferro un pacco di assorbenti e glielo lancio. Lui lo afferra al volo, guardandolo in cagnesco.

«Con questi, un buscopan e tanta pazienza» spiego io, rimanendo seduta sul tappeto rosso del bagno. Lui estrae un assorbente dal pacchetto e lo osserva corrucciato. Poi, lentamente, lo sistema e si alza, rivestendosi.

«Grazie Kate, oh figurati!» dico con ironia, interrompendo il silenzio.

Lui mi rivolge lo stesso sguardo di questa mattina, e capisco che non è finita.

Stars Align// Calum HoodWhere stories live. Discover now