«Legge» replica con semplicità. «Il piccolo Harry Styles aspira a diventare un avvocato per combattere la criminalità di questo terribile mondo.» Passano giusto un paio di secondi prima che io scoppi a ridere.

«Sarai il nuovo Superman.» Harry si stringe nelle spalle compiaciuto solo per incrociare le braccia al petto, in un gesto che accentua involontariamente la forma dei suoi bicipiti.

«Tutte le lampadine, eh?» Il tono sorpreso che assume nel cambiare discorso non mi sfugge.

«Tutte quante» ripeto a sottolineare il concetto. «E nello stesso momento.» Aggiungo, scuotendo persino la testa a quell'assurdità di coincidenza. Harry si sporge leggermente in avanti e la collana che indossa fuoriesce dal colletto della maglietta bianca, dondolando appena sul petto.

«Sei sicura che in casa non ce ne siano?»

«Non ho controllato, ma non credo di essere comunque in grado di cambiarle.» Harry annuisce alle mie parole, poi controlla velocemente l'orologio che porta al polso, alzandosi dalla poltrona.

«Sono rientrato poco fa con del cibo. Ti va di cenare con me?» Sbatto le palpebre a quella domanda posta con il tono più naturale che abbia mai sentito da un perfetto sconosciuto.

Vorrei replicare, ma mi rendo conto che in realtà Harry una risposta da parte mia non la sta nemmeno aspettando. Mi alzo dal divano solo per seguirlo in cucina, dove armeggia con i cartoncini del take away: il profumo del cibo messicano mi solletica lo stomaco.

«Aspetta...»

«Avrei abbondato con le porzioni se avessi saputo di avere ospiti.» Harry prende posto di fronte a me, porgendomi un piatto.

«Non ho poi così fame, tranquillo.»

Harry incrocia il mio sguardo da sopra il bicchiere dell'acqua, inarcando un sopracciglio e sforzandosi di non scoppiare a ridere. Ceniamo per lo più in silenzio e pur non conoscendoci l'un l'altra, la quiete tra di noi non è imbarazzante. C'è solo la pioggia a disturbare tutto, sbattendo inesorabilmente sui vetri tanto da produrre un leggero eco.

«Sei capitata nella stagione peggiore.» La voce di Harry alla fine interrompe il flusso dei miei pensieri e impiego qualche secondo a rendermi conto che sta parlando della pioggia.

«Non potevo certo aspettare l'estate.» Mi accorgo troppo tardi di aver usato un tono carico di stizza.

Il viso di Harry è comunque pieno di curiosità, ma ha l'accortezza di non replicare. Si alza da tavola solo per recuperare i piatti ormai vuoti per posarli nel lavello, poi mi fa cenno di seguirlo nuovamente in salotto così da prendere posto entrambi sul divano. Si volta leggermente verso di me solo per potermi guardare meglio negli occhi: sono così verdi da spaventarmi.

«Di dove sei, Mia Foster?» La sua è una domanda innocente, lecita persino; io sospiro.

«Vengo dalla Florida, da Tampa.»

«E cosa ci fai qui a Londra?» Harry incrocia le braccia al petto, io mi mordo semplicemente il labbro perché non ho una reale risposta da dargli. Non senza svelare particolari che preferirei tenere per me ancora per un po'.

«Avevo bisogno di cambiare aria e zia Elaine è stata così gentile da lasciarmi il suo appartamento.»

«Ed è una cosa definitiva?»

«No» scuoto la testa alle mie stesse parole, rendendomi conto di aver risposto fin troppo velocemente. «Non lo so, forse.» Abbozzo un sorriso perché Harry annuisce.

«Non volevo essere invadente, mi dispiace.» Si scusa poi in fretta; incrocio i suoi occhi, scuotendo la testa.

«Da quando sono arrivata, tutti non hanno fatto altro che pormi la stessa identica domanda. Evidentemente non sono in grado di dare una reale risposta.» Mi stringo nelle spalle, Harry invece scivola leggermente sul divano, come a voler trovare una posizione più comoda per poi accavallare le gambe.

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