12. Ti voglio bene

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Dopo quella volta, le sere seguenti furono più o meno tutte allo stesso modo. Lorenzo veniva ogni volta che aveva l'occasione, delle volte nemmeno avvisava, passavamo il tempo insieme tra baci e carezze e quando arrivava il momento mi riaccompagnava a casa. A Isabél piaceva da matti, diceva che la faceva ridere e che lo trovasse davvero affascinante. I bambini ancora non lo conoscevano, ma dopotutto non sentivo ancora fosse il momento di farlo entrare nella casa dove avevo passato ogni singolo momento con Ignazio. Neanche Piero lo aveva ancora visto dopo l'ospedale. Semplicemente delle sere si offriva lui stesso come baby sitter e mi lasciava uscire senza farmi troppe domande. Non so se lo faceva per far sì che dimenticassi Ignazio una volta per tutte o perché gli facevo pena. L'unica persona che volevo conoscesse il mio nuovo compagno a tutti i costi era Gianluca, ma ancora non si era deciso a parlarmi. Dopo la rottura con mia figlia non si era più fatto vivo ma ancora non capivo quale colpa mi avesse addossato. Avevo provato spesso a chiamarlo ma non faceva altro che respingermi. D'altro canto, Edoardo aveva ripreso a frequentare la nostra villa assiduamente come prima di Stoccolma e per quanto poco lo conoscessi non credo di averlo mai visto più felice come allora. Isabél sembrava serena con lui e faceva sempre in modo che lui e Piero passassero il maggior tempo possibile insieme per stringere un rapporto.

Erano le dieci di sera e stavo aspettando Lorenzo fuori dall'ospedale, aveva avuto un doppio turno quel giorno e non era potuto uscire prima. All'improvviso lo vidi sbucare da dietro le porte dell'ascensore con la sua ventiquattrore in pelle nera. Sembrava sfinito, e mi sentii subito in colpa per averli chiesto di vederci. Quando mi notò fece un sorriso tirato e mi sentii molto peggio.
A:"Ehi" - feci un passo verso di lui ma non mi azzardai a fare altre mosse, non volevo infastidirlo.
L:"Ciao tesoro" - si sistemò la giacca e mi lasciò un piccolo bacio sulle labbra.
A:"Tutto bene? Sembri stremato"
L:"Si, infatti. Nelle ultime due ore abbiamo dovuto occuparci di un bambino che è il caso più grave di tutto il reparto e non è stato molto facile" - disse guardando altrove tranne che me.
A:"Mi dispiace. Avresti potuto avvisarmi e non sarei venuta" - mi sentivo fuori posto, non volevo passare come una che pretendesse le cose, io non ero così, se lui non voleva avrei accettato, non sarebbe stato un dramma.
L:"No assolutamente, ho bisogno proprio di te per tirarmi su di morale" - finalmente mi guardò e la me interiore fece i salti di gioia. Sapeva sempre come farmi sentire meglio, come farmi sorridere senza un preciso motivo. Proprio come faceva Piero. Erano così simili quei due, sarebbero andati d'accordo. Pensai che se Ignazio non fosse mai esistito, Piero sarebbe stato un fidanzato perfetto.
Facemmo una passeggiata nelle vicinanze e quando ci sedemmo mi prese la mano giocherellando con le mie dita.
L:"Come sta il piccolo Julio?" - chiese sorprendendomi. Nemmeno Ignazio me lo chiedeva così spesso.
A:"Bene, sembra essersi ripreso del tutto"
L:"Sono contento". Gli squillò il telefono e quando lesse il nome sul display, sbuffò. Aprì la chiamata e rispose animatamente ridendo e scherzando con il suo interlocutore. Mi chiesi, come poteva comportarsi in una relazione un uomo che pareva scocciato un attimo prima e cambiava umore in modo così rapido mascherando perfettamente le sue emozioni? Mi venne in mente proprio lui, la mia vecchia e unica esperienza: Ignazio. Oh ti prego, no.
Chiuse la telefonata e mi guardò rammaricato. Terza emozione diversa nel giro di tre minuti, wow.
L:"Era mia sorella, sono richiamato a casa sua. Avevo dimenticato di essere stato invitato a cena da lei" - ah, sorella. Quale scusa usava Ignazio quando mi tradiva?
Per quella volta mi fidai e annuii pronta ad andarmene. Prima che potessi voltarmi mi mise una mano sulla spalla.
L:"Perché non vieni anche tu? Mi farebbe molto piacere se vi conosceste. Siamo molto legati e ci siamo sempre detti tutto perciò sa già di te, tranquilla" - alzò la mano pronto a difendersi da una mia negazione e fece quel tenero sorriso che io amavo tanto. No, non stava mentendo, aveva davvero una sorella. Dissi si senza farlo ripetere un'altra volta, le cose si stavano facendo serie e non c'era niente di più bello. Era come se ricominciassi tutto da capo, fare un passo alla volta fino a diventare una vera e propria coppia fissa. Mi invitò ad entrare nella sua auto, come la prima volta, e partì verso casa di sua sorella. Sembrava fuori dal paese, all'improvviso non vidi più case nei dintorni. E se voleva ammazzarmi?
Oh povera Aurora, ma non ti fidi più davvero fino a questo punto del mondo? No, a quanto pare.
Fortunatamente dopo un paio di chilometri, imboccò una stradina che portava a una piccola casetta illuminata da delle lanterne. Scendemmo e camminando avanti a me, aprì la porta.
L:"Bea!" - urlò, e una donna con dei capelli castani boccolosi uscì dalla cucina mostrando un dolce sorriso, simile a quello di suo fratello.
L:"Bea, lei è Aurora.. la mia.. una mia.. Aurora, lei è Beatrice, mia sorella" - beh, almeno una di noi due sapeva chi fosse. Ero rimasta perplessa da quella frase incompleta, soprattutto dal modo in cui mi aveva lasciato la mano quando stava pronunciando quelle parole. Credevo di averlo già conosciuto in queste ultime due settimane ma a quanto pare stavo scoprendo dei lati di lui stasera a me sconosciuti, che mi facevano vacillare un po'. La donna, avente più o meno la mia età, mi regalò un'abbraccio caloroso, che accettai impacciata, non ero abituata a certi gesti. Mi chiese se volessi restare a cena e accettai, anche perché sarebbe stato impossibile tornare a piedi. Quando ci sedemmo a tavola mi sentivo quasi un'intrusa, loro continuavano a parlare e a scherzare e io non c'entravo nulla in quel quadretto.
B:"Allora Aurora, come hai conosciuto mio fratello?" - l'acqua mi andò di traverso e lui fece per grattarsi la nuca.
A:"In ospedale, ovviamente, penso sia abbastanza scontato" - feci una risata isterica, e lei mi guardò come se fossi pazza. I gesti affettuosi non erano il mio forte ma questo sicuramente si!
B:"Ah, lavorate insieme?"
A:"No..no, lui ha guarito il mio bambino. Io sono laureata in lingue" - dissi leggermente imbarazzata. Provavo a chiedere il suo aiuto ma sembrava non volere, voleva addossarmi tutta la fatica. Quella sera mi parve di essere uscita con Ignazio piuttosto che con Lorenzo. Se avrebbe continuato così, allora avrei detto a sua sorella che lui mi voleva nonostante fossi già occupata, chissà che figura avrebbe fatto.
Dopo una serie di domande da parte di quella donna curiosa, finalmente era Lorenzo si alzò, pronto ad andarsene. Non vedevo l'ora di tornare a casa, ero troppo confusa e non volevo più parlane con nessuno. In auto lui cercò di avere un contatto con me, ma io scostai la mano incollandomi quasi addosso allo sportello pur di non sentirlo. Ero troppo delusa e avrei voluto ragionare sui suoi atteggiamenti con calma prima di perdonarlo del tutto. Non avrei fatto di nuovo gli stessi errori. Sembrava stessi assaporando finalmente la felicità ma ovviamente non era mai così semplice.
Non disse altro per tutto il viaggio e quando giunse davanti alla mia villa, uscii da quella macchina senza nemmeno salutarlo, immaginavo di essere nel mio letto, sotto le coperte, sola e rilassata. Restò qualche minuto fermo lì e poi lo sentii andar via. Aprii la porta aspettandomi le domande a raffica di Piero, ma al posto suo c'era qualcun altro. Andiamo, non era già troppo così?
A:"Ciao" - sussurrai a Ignazio, che non si era ancora accorto del mio arrivo. Era seduto per terra a giocare con Julio. Alzò la testa e mi sembrò di vederlo sorridere ma forse era soltanto una mia impressione perché il suo volto divenne serio velocemente.
I:"Ciao. Volevo vedere i bambini, perciò sono venuto e ho detto a Piero che restavo io con loro. I piccoli e Isabél sono già a letto ma lui non ne voleva proprio sapere" - sembrava giustificarsi per la sua intromissione nella mia casa, o forse, nella mia vita, per l'ennesima volta.
A:"Certo, tranquillo, sai che puoi venire quando vuoi, soprattutto a Julio farebbe molto piacere" - a stento riuscivo a sentire la mia voce. Si alzò prendendo in braccio il bambino.
I:"Ma adesso è ora di andare, è mezzanotte inoltrata e a quest'ora dovresti già essere nel mondo dei sogni sai?" - disse a Julio portandolo di sopra. Aspettai lì, al centro del salotto, ferma come una stupida ragazzina. Improvvisamente non sapevo più come comportarmi con lui, forse perché ero sempre stata io ad attaccarlo, perché quando ci lasciavamo era sempre colpa sua. Invece questa volta era causa mia. Avevo spezzato tutto in modo così veloce e indolore, che inizialmente sembrava davvero che non fosse accaduto nulla. Ma appunto, la sofferenza cominciavo a sentirla ora.
Ignazio scese le scale sistemandosi i capelli e arrivò fino a me.
I:"Allora vado" - annuii tenendo lo sguardo basso. Mise le mani in tasca ma non si muoveva.

IGNAZIO'S POV:
Prima di andare via, volevo levare quel grosso masso che avevo sullo stomaco da giorni.
I:"Aurora.." - appena pronunciai il suo nome un tremolio la scosse leggermente. Fui sorpreso da quella reazione, non vedevo più la donna dura e testarda con cui avevo vissuto per anni, ma una fragile ragazza sola. Feci un lungo respiro e non mi lasciai trasportare da quell'immagine davanti a me. Volevo capire e non contavano le emozioni.
I:"L'altra sera.. vi ho visti, in quel locale" - appena finii di parlare, alzò gli occhi quasi terrorizzata.
A:"Mi dispiace, io non.. mi dispiace" - le tremava la voce, lo diceva come se avesse fatto l'errore più grande della sua vita. Ma non era quello. Il suo errore più grande, come lo era stato il mio, era stato buttarci a capofitto dentro il tunnel, quel tunnel che era la nostra storia piena di circoli viziosi, un tunnel senza via d'uscita. Il nostro errore più grande fu quello di continuare a sperare di poter migliorare le cose quando ormai tutto si era distrutto in partenza.
I:"Non è colpa tua, entrambi abbiamo sbagliato. Io ho sempre pensato solo a me stesso e tu non ti sei aperta mai del tutto con me. Non avrebbe funzionato ugualmente anche se non fosse comparso lui. Era già destino che fosse così" - indietreggiò di un passo e il mio primo pensiero fu di prenderle la mano e di avvicinarla di nuovo a me, perché quando si era allontanata, si era intromesso fra di noi un vento gelido che mi aveva azzannato il cuore.

AURORA'S POV:
Notai che allungò leggermente la sua mano ma la tirò subito indietro. Non volevo credere a quelle parole, Ignazio, lui, davvero lui, stava mettendo fine a tutto quanto.
Mi tremavano le gambe, continuavo a desiderare il mio letto, le mie coperte che mi facevano da scudo, il mio cuscino che soffocava i miei pensieri, le mie paure. Credevo di averlo superato ormai ma capii che non era così quando sentii le lacrime che minacciavano di scendere. Lorenzo aveva fatto solo da tappo a quei dannati sentimenti per l'uomo della mia vita.
Alzai gli occhi verso di lui e sorrise lievemente. Mi accarezzò la guancia e chiusi gli occhi.
I:"Ti voglio bene Aurora. Più di qualsiasi altra cosa al mondo" - disse prima di stringermi fra le sue braccia in un modo così rapido che non me ne accorsi nemmeno. Mi appoggiai a quel petto che ormai sentivo di non meritare più, io che lo avevo sempre fatto penare ogni volta che litigavamo e lui che era capace di scacciare via ogni mio sbaglio con il suo solito sorriso magico.
Si, ti volevo bene anch'io, Ignazio. Ti volevo, più di qualsiasi altra cosa al mondo.

***

||L'AMORE PORTA GUAI 3||Where stories live. Discover now