Addio George.

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Nel pomeriggio andammo tutti al funerale di mio cugino, tenevo il foglio con su scritta la canzone piegato nella tasca del giubbotto e ogni tanto lo stringevo per ricordarmi che c'era e che in quelle parole riviveva George.

A turno ognuno andò a dire qualcosa sul ragazzo, la prima fu mia zia che però non riusci ad andare oltre la prima frase, e dovette risedersi tra le braccia del marito che la aiutava a superare quel dramma, nonostante anche lui avesse gli occhi pieni di lacrime. Poi fu la volta di alcuni parenti dalla parte del padre. Discorsi di George quando era piccolo, delle battute che faceva e di che bambino sereno era, ma a me non interessava. Perché quello non era il vero George, il vero George era il ragazzo gay, dolce, fidanzato con Josh e che voleva diventare cantante. Quelle che raccontavano erano solo piccole parti della sua vita, che invece era diventata veramente bella solo quando era andato a vivere da solo.

L'ultima a parlare fui io, respirai a fondo e cominciai a sussurrare: “George era mio cugino, ma poteva anche non esserlo e lo avrei amato lo stesso. Sin da quando eravamo bambini, mi ha sempre protetta, proprio come ha fatto anche mio fratello. Sono sempre stata una bambina diversa, ma lui questa cosa non me l'ha mai fatta pesare. Siamo cresciuti, e io ho capito una cosa di lui molto importante, prima ancora che se ne potessero accorgere persone più vicine a mio cugino. Lui non era un ragazzo come tutti gli altri, e in un certo senso io e lui ci completavamo. Io strana, lui strano. Poi un giorno mi disse di aver conosciuto un ragazzo che lo faceva sentire benissimo, e io ero contenta che qualcuno lo apprezzasse per come era, una persona magnifica” feci una piccola pausa, per respirare nuovamente e vidi Josh coprirsi il viso con la mano, doveva essere veramente distrutto. “Se George potesse ancora parlare, ci direbbe di sorridere, perché lui ora sta meglio, ma io non ce la faccio. Mio cugino ha sempre sognato di fare il cantante, e l'altra mattina gli era arrivata una lettera da una casa discografica che lo invitava a fare un colloquio per parlare dell'incisione di un suo CD. Diceva sempre che il suo primo singolo l'avrebbe voluto chiamare 'If I Die Young'. Lo prendevo in giro, dicendo che era matto a pensare cose del genere, ma oggi mi rendo conto che faceva bene. Mi diceva sempre che sarei stata una brava cantante, se solo avessi avuto il coraggio di cantare. Così ho deciso, stanotte ho scritto io al posto suo la canzone, e gliela voglio dedicare. Mi manca, mi manca come l'aria. Ma so che lui è qui con me, anche se non lo vedo, lui c'è. E spero veramente che un giorno possa renderlo fiero di me, e possa rendergli giustizia. George, non so se mi puoi sentire, ma sappi che ovunque tu sia, qui sentiamo la tua mancanza, e speriamo che tu stia bene”

Scoppiò un applauso, io andai ad abbracciare mia zia, scoppiando a piangere. Poi andai da Josh che mi sussurrò all'orecchio: “George sarebbe molto fiero di te”

Mi risedetti accanto a Louis, che mi strinse la mano talmente forte che avevo paura me l'avrebbe staccata dal resto del corpo. Stavamo per andarcene, alla fine del funerale, quando qualcuno mi fermò dolcemente. Mi ritrovai di fronte a Liam, serio, con gli occhi lucidi. Ma che cosa ci faceva lì? Non gli avevo detto quando si sarebbe tenuto il funerale, e non volevo che venisse perché mi sarei sentita ancora più debole.

Non parlò, semplicemente mi fece avvicinare al suo corpo e mi strinse forte. Io piansi sul suo petto, ma poi decisi di essere forte e lo guardai negli occhi lasciando un bacio al angolo della sua bocca.

Tornammo a casa a piedi io e lui, mentre mio fratello avrebbe accompagnato Josh a casa, e poi ci avrebbe raggiunto. Sapevo che saremmo dovuti stare vicino al ragazzo, ora più che mai. Ci saremmo presi cura di lui, sarebbe entrato a far parte del nostro gruppo.

Una cosa era certa, non avrei mai lasciato che si sentisse solo.

“Stanotte cerca di dormire” mi disse Liam baciandomi la fronte una volta che fummo davanti a casa.

“Ci proverò” sospirai.

“Ci vediamo domani a scuola, ma se hai bisogno, chiamami e vengo da te in un secondo, capito?”

“D'accordo, Liam”

Entrai in casa, mi tolsi il giubbotto e appoggiai la borsa ai piedi del divano, mi sedetti su quest'ultimo e mi guardai intorno. Sapevo che cosa avrei dovuto fare, andare di sopra, prendere la lametta e provocarmi del dolore, così sarebbe tutto passato, avrei pensato ad altro. E invece, rimanevo così, immobile sul divano. Sapevo di essere cambiata, di essere più forte di qualche mese prima. E tutto questo grazie a Liam che mi stava vicino, e che mi faceva sentire amata.

Rientrò mio fratello, si mise a sedere di fianco a me, si fermò a guardarmi per qualche secondo, io gli rivolsi un sorriso dolce per poi passare una mano tra i suoi capelli.

“Ehi Lou” sussurrai.

“Dimmi Jay”

“Ti voglio bene”

“Vieni qui, cucciola” disse allargando le braccia.

Mi accovacciai contro il suo corpo caldo e mi addormentai quasi subito. Ero veramente esausta, e mi ero fatta una promessa: dal giorno dopo, sarei tornata ad essere felice, perché era inutile piangere. George mi sarebbe sempre mancato, ma io non potevo farci niente, lui ormai non c'era più.

C'era solo il suo ricordo che riviveva in me, più nitido che mai. E grazie a quel ricordo, io avrei superato tutto, perché quella piccola parte di George che viveva in me, mi avrebbe dato la forza per andare avanti.

Dormimmo lì quella notte, io e Louis abbracciati. Sentivo il suo respiro sui miei capelli, e le sue mani mi stringevano forte a lui. Credetti di svegliarmi almeno una decina di volte durante quelle ore di sonno, ma non posso esserne sicura perché nel giro di pochi secondi, già dormivo nuovamente.

Il mattino successivo, io e Louis andammo a scuola a piedi, incontrammo Demi ed Harry per strada. Con una banalissima scusa, li lasciai andare avanti, e io mi diressi verso casa di Josh, che distava pochi metri dalla scuola. Bussai e mi aprì qualche secondo dopo lui, assonnato e con delle grandi occhiaie nere che gli contornavano gli occhi rovinati. Doveva aver pianto tutta la notte.

“Jamie” disse dandosi una veloce sistemata ai capelli.

“Ehi Josh. Scusami se ti ho svegliato”

“Non preoccuparti, dimmi pure”

“Volevo chiederti se ti va qualche volta di venire a cena da noi, e magari di frequentarci. Sai... come amici”

“Volentieri. Mi servirebbe molto uscire in questo periodo” abbozzò un sorriso.

“Ti farò sorridere di nuovo, Josh, è una promessa”

“Non credo che potrò sorridere ancora, non se George non è qui con me”

“Lui c'è, è nella tua testa, è nel tuo sangue, è dentro di te George. So che può sembrarti ridicolo, eppure io sto meglio da quando penso che ora lui mi guarda, e mi protegge. Io non sono credente o chissà cosa, anzi, tutto il contrario, ma secondo me ora George ti sta guardando e spera che tu sia felice”

“Ora capisco perché sorrideva sempre parlando di te” disse dandomi una leggera pacca sulla spalla.

Mi sentii fiera di quell'osservazione, e stavo per farmi scappare una lacrima, che però Josh asciugò dicendo: “Ci vediamo domani sera, ok? Porto la pizza”

“Alla grande Josh” sorrisi abbracciandolo.

STRONG.Where stories live. Discover now