Il Vero Liam Payne.

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Due giorni passarono da quel pomeriggio, due giorni nei quali non parlai con nessuno di ciò che era successo con Liam quel pomeriggio, nemmeno con Demi.

Una mattina, all'uscita di scuola stavo per raggiungere i ragazzi quando qualcuno mi bloccò per un polso stringendolo con forza. Mi voltai impaurita e vidi gli occhi scuri di JJ che sorrideva malizioso.

"Jamie! Da quanto tempo, eh cucciola?" disse avvicinandosi a me.

"Lasciami stare stronzo!" dissi ribellandomi.

"Uh, oggi siamo aggressive. Senti amore" mise una sua mano sul mio fianco, "Cos'hai in questi giorni che sei così sicura di te? Hai trovato il fidanzatino?"

"I-Io..."

In realtà volevo gridare al mondo che avevo trovato qualcuno che mi dava fiducia, che mi voleva bene ma non come amico o come fratello, ma che mi amava come un ragazzo ama la sua ragazza.

"Dai, ora vieni con noi" disse Jaymi che fino a quel momento era stato zitto.

Mi portarono come al solito sul retro della scuola, mi sbatterono contro il muro, e cominciarono a picchiarmi. E, per la prima volta in vita mia, pregai che arrivasse Liam a salvarmi, che mi portasse via e mi raccontasse della sua vita, in un posto dove saremmo stati solo noi due, in un altro mondo.

Piansi amaramente mentre le loro mani e i loro piedi colpivano il mio corpo steso a terra accanto al muro, sentivo loro due ridere e divertirsi nel vedermi così sofferente a terra e mi chiedevo veramente quale senso potesse avere la mia vita.

Poi mi venne in mente mio fratello, Harry, Zayn, Niall, Liam e soprattutto Demi. Lei che in tutta la sua vita era sempre stata una brava ragazza, che avrebbe potuto tranquillamente scegliere un'altra migliore amica, una normale, una che non avesse tutti i problemi che ho io.

Tra noi due non c'era dubbio di chi fosse la più forte. Ma io le volevo bene, tanto bene. E speravo non mi abbandonasse perché io senza lei farei veramente schifo.

"Per oggi basta, ci vediamo domani tesoro" disse JJ guardandomi quasi con disprezzo.

I due se ne andarono, io non avevo né la voglia, né la forza di tirarmi su. Volevo restare lì da sola a piangere, a pensare al fatto che mai sarei stata felice nella mia vita. Volevo di nuovo le braccia di Liam attorno al mio corpo, volevo che mi rassicurasse come aveva fatto il giorno prima.

La tua vita non sarà mai felice, Jamie, accettalo.

Odiavo quella vocina in fondo alla mia mente che continua a dirmi questo, ma del resto era la schifosa verità.

"Jamie! Eccoti!"

Alzai lo sguardo e mi accorsi che Liam si era piegato sopra di me spostandomi i capelli da davanti al viso.

"Liam, vai via" dissi sedendomi con la schiena premuta contro il muro ruvido.

"No, te l'avevo detto. Ti avrei aiutata."

Mi prese in braccio e senza farsi vedere mi portò nella sua auto, facendomi sedere accanto a lui che si era messo alla guida. Mentre percorrevamo la strada per non so quale direzione, lui ruppe il silenzio che c'era tra noi.

"Come stai?"

"Come sempre" dissi muovendomi sul sedile per trovare una posizione comoda.

"Ti porto da me, così Louis non dovrà vederti in questo stato" disse tornando a guardare la strada.

Annuii silenziosamente e continuai a guardare fuori dal finestrino.

Arrivammo a casa sua poco dopo, disse che era vuota perché i suoi genitori lavoravano fino a tardi. Mi fece salire in camera sua mentre lui faceva tappa nel bagno per prendere disinfettante e cotone.

Mi sedetti sul bordo del suo letto e mi guardai ancor una volta intorno, lo sguardo mi cadde sul comodino di legno che c'era affianco a me. Sopra c'erano una lampada da lettura, un libro, una foto che sbucava da esso, forse usata come segnalibro, un bicchiere d'acqua mezzo pieno e dei CD.

Io captavo tutto, preferivo conoscerle così le persone che a parole, perché non sempre queste ultime sono usate per dire verità.

Liam rientrò, si inginocchiò di fronte a me e mi fece cenno di avvicinarmi, lo feci e lui cominciò a medicare la mia pelle, a disinfettarla mentre io contraevo il viso in smorfie di dolore. Quando ebbe finito, appoggiò tutto sulla sua scrivania e si sedette accanto a me.

"Vuoi sapere perché mi sono messo in testa di salvarti, vero?"

Annuii leggermente, lui sospirò guardandomi.

Aspettò qualche secondo per parlare: "Io non so chi sono i miei genitori"

Rimasi sconvolta a quell'affermazione, lo guardai a bocca aperta e lui continuò: "Le due persone che vedi nelle fotografie appese ovunque sono due persone meravigliose che mi hanno adottato quando ero appena nato. L'ho saputo solo tre anni fa ed è stato terribile. Anche io mi sono tagliato per alcuni mesi, i miei l'avevano scoperto e quando ho visto mia madre piangere per la disperazione, ho deciso di non volerla vedere soffrire così, e ho smesso. Mi sono messo in testa di salvarti perché so cosa vuol dire non avere genitori e cosa vuol dire soffrire. In pochi minuti tutto ciò che credevo fosse il mio mondo, tutte le mie sicurezze sono svanite"

Mi accorsi che aveva gli occhi lucidi e così lo abbracciai cercando di trasmettergli tutto l'amore che potevo, cercando di farlo sentire amato e a casa, anche se sapevo che già si sentiva così. La verità è che forse ero io a volermi sentire utile per qualcuno, e lui era quel qualcuno.

"Io... mi sento così stupida" dissi sospirando contro la sua spalla.

"Non lo sei. Sono contento di avertelo raccontato, almeno ora sai perché voglio salvarti"

"Va bene, allora salvami"

Alzai lo sguardo incontrando i suoi occhi color cioccolato, ci fissammo per alcuni istanti, poi lui si avvicinò, lo stesso feci io. Eravamo a pochi centimetri di distanza, i nostri nasi si sfioravano, i nostri respiri si mischiavano. E finalmente le nostre labbra si incontrarono sigillando il più bel bacio che io avessi mai visto. 

 

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