3. Dovevo aver capito male (un flashback)

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Avrete capito, a questo punto, che non sono mai stato esattamente un latin lover. Il giorno in cui mia madre mi beccò a conversare con il poster di Alice Cooper avevo sedici anni e nove mesi, ero vergine come una foresta inesplorata e non ero mai stato fidanzato in vita mia. Potrei fare la vittima e dirvi che era tutta colpa delle ragazze, insensibili e dal cuore di pietra, che a malapena mi guardavano e mai mi rivolgevano la parola, che ridevano di me e della mia solitudine. Tuttavia, mi sento in dovere di guardare in faccia la realtà: ero un imbranato totale e non potevo biasimare le mie coetanee, se preferivano riversare le loro attenzioni su personaggi come Rinaldi o Ballatore. Io stesso, fossi stato una ragazza, non mi sarei toccato nemmeno con una pertica standard di tre metri. Quest'ultima frase era un riferimento a Dungeons & Dragons. Capito cosa intendo?

Avevo perfino avuto un'occasione d'oro, una volta. Era stato nell'estate fra i due anni del ginnasio, mentre ero seduto sul tram, gongolando perché avevo appena comprato il nuovo album di Alice Cooper. Stavo rileggendo per la centesima volta l'elenco dei brani sul retro del cd, trattenendomi dalla voglia di scartare il cellophane, quando una voce mi aveva colto alla sprovvista: "Scusa, ma tu sei Leo?"

Alzando gli occhi, mi ero trovato di fronte una coetanea: e questo era già sufficiente a lasciarmi basito, vista la mia scarsa familiarità con l'universo femminile. La ragazza in questione aveva i capelli neri, grandi occhi dello stesso colore, la carnagione olivastra, un top giallo e un paio di collanine etniche. Dal suo sguardo, capii subito che la domanda era più che altro di cortesia, e mi aveva riconosciuto subito. Anche lei aveva un'aria familiare, ma la mia era una sensazione vaga.

"Sì, sono io", risposi, tutto circospetto. Dove l'avevo già vista? Ci conoscevamo? Fiutavo già la figura di merda.

"Sono Lara", disse lei. "Ti ricordi di me? Andavamo a scuola insieme alle elementari, ma io ero nell'altra sezione." Sorrise, mettendo in mostra l'apparecchio per i denti, montato sopra e sotto.

Cominciavo a ricordare: Lara era amica di Andrea, la mia compagna di banco alle elementari (sì, compagna ― non fatevi ingannare dal nome, è tedesca) e qualche volta giocavamo insieme in cortile. Capitava anche di vedersi a qualche festa di compleanno. Strano, comunque, che dopo quattro anni si ricordasse così bene di me.

Chiacchierammo per tutto il resto del tragitto e fui sorpreso nell'accorgermi che, superato il primo impatto, non provavo il consueto, orribile imbarazzo che mi accompagnava sempre nelle vicinanze dell'altro sesso. Parlare con Lara era semplice come quando eravamo bambini. Ridemmo insieme ricordando i vecchi tempi, ci aggiornammo sulle scuole superiori alle quali ci eravamo iscritti, e lei mi confessò perfino che le piaceva Alice Cooper, dicendo che Poison era una delle sue canzoni preferite!

Tra una battuta e l'altra, Lara disse che il motivo per cui mi aveva riconosciuto subito era perché in quinta elementare si era presa una gran cotta per me. La buttò lì ridendo, come chi parla di una sciocchezza senza peso; dopo quattro anni certamente lo era (giusto?), ma nel sentirglielo dire il cuore cominciò a ballarmi nel petto. In un certo senso, era una dichiarazione d'amore quella che Lara mi aveva appena fatto, e l'idea che qualcuno avesse potuto innamorarsi di me mi sembrava assurda. Mi sentii lusingato, disorientato e pieno di vergogna, tutto insieme.

Dovevamo prendere la metro in direzioni opposte, a quel punto: Lara si era trasferita in un quartiere diverso durante le scuole medie. Mi disse che le sarebbe piaciuto continuare la chiacchierata che avevamo cominciato e mi diede il suo numero di cellulare.

Ai miei sentimenti sempre più confusi si aggiunse una vaga, inspiegabile paura. Fu mentre ci salutavamo con un classico bacetto guancia-a-guancia, che mi resi conto di una cosa: Lara era carina. Il suo sorriso era adorabile nonostante la cromatura ortodontica, la sua risata contagiosa, i suoi occhi grandi e lampeggianti d'allegria, i capelli folti e lucidi, il suo corpo dolcemente arrotondato nei punti giusti.

Quella ragazza mi aveva appena dato il suo numero di cellulare e mi aveva detto che voleva rivedermi.

Tornai a casa camminando a un metro da terra; poi guardai il numero di Lara sulla rubrica del cellulare, e di nuovo mi sentii pieno di imbarazzo e di paura. Era assurdo che una ragazza del genere fosse interessata a me. Dovevo aver capito male. Doveva esserci qualche errore. Forse c'era addirittura una trappola.

Mi ripromisi di chiamarla nel fine settimana. Nel frattempo la cercai sui social network, ma doveva aver messo delle impostazioni di privacy molto strette, perché non riuscivo a trovarla. Non che fossi un esperto in cyberstalking, intendiamoci. Forse addirittura non aveva alcun profilo? Strano, ma non inaudito.

Non la chiamai nel fine settimana. Decisi per il successivo.

Non la chiamai più. Non mi capitò più di incontrarla.

Mi sarei preso a calci in culo da solo, ogni volta che rivedevo il suo numero nella rubrica del cellulare.

Con il senno di poi, mi prenderei a calci in culo da solo anche ora che lo sto scrivendo.

Scendi, sto qua sotto!Where stories live. Discover now