Prologo -L'inizio della fine-

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«Sto per morire. Me lo sento.»
«Diane per l'amor del cielo! È solo un piccolo lavoro.»
«Regalare inviti per una sagra della birra all'uomo più misterioso del paese non è un lavoro. » ringhio cercando di rimanere calma.
«Invece sì, visto che ti pago.»
«Cinquanta centesimi l'ora Robbie. Credo di potermi definire sottopagata.»
«Stai zitta e vai. Se non torni a casa con la promessa della sua presenza ti dimezzo lo stipendio.»

Sto per ribattere in modo poco carino quando, la mia "migliore amica", mi chiude il telefono in faccia, lasciandomi completamente sola ad affrontare la tempesta.
Ecco, se solo la casa non avesse l'aspetto di un monastero per esorcisti indemoniati probabilmente avrei già attraversato il cancello d'ingresso.

Quando ho accettato di fare un lavoretto per Robbie e la sua famiglia, non credevo che mi avrebbe spedita nelle case delle persone a distribuire inviti per la sagra della birra.
E soprattutto, avrebbe potuto evitare di sottolineare sette volte il nome di Aidan Robinson, come se la sua presenza garantisca ordini di birra al profumo di gelsomino come se non ci fosse un domani.

Fisso ancora una volta la punta delle mie sneakers e poi rivolgo lo sguardo al sentiero che si snoda davanti ai miei occhi, fino al portone di casa.

Allora.
Forza e coraggio.
Ce la posso fare.
I fantasmi non esistono.
Credo.

Percorro il sentiero passo passo, tenendo lo sguardo abbassato e la cartellina contenente i volantini stretta al petto. Salgo i due gradini e prima di suonare il campanello mi passo una mano sui jeans e maledico ancora una volta Robbie e le sue stupide idee.

Poi il mio dito preme quello stupido bottoncino ed io me ne pento immediatamente.

Qualche secondo dopo ad aprirmi arriva un maggiordomo impettito che mi squadra da capo a piedi.
«Salve. Sono qui per-»
«È un po' in anticipo, ma il signor Robinson è libero già da ora. Mi segua.»
«Aspetti io-»
«Mi segua.» mi interrompe il maggiordomo con uno sguardo gelido.

Sì, ma calmo.

Esattamente come lui mi ha chiesto di fare, io lo seguo, attraversando l'enorme ingresso, e poi un corridoio pieno di vasi preziosi e fiori.

Non rompere Nulla Diane.
Ti prego non romper-

Un rumore che le mie orecchie conoscono bene riempie il corridoio, e quando il maggiordomo si volta credo che stia per uccidermi.
Il mio piedino si é accidentalmente ancorato al filo di una lampada costosa facendola finire a terra di conseguenza, quando io ho mosso il passo seguente.

Lo sapevo
L'oroscopo diceva pessima giornata e sfortuna dietro l'angolo.
Non mi sarei dovuta alzare dal letto.

«Ehm...scusi, io sono...mortificata. Sì ecco, pagherò tutti i danni.» districo il piede dal filo e sorrido cercando di scusarmi nel modo migliore. Lui rotea gli occhi e continua a camminare.

Finalmente arriviamo davanti a una porta bianca, che lui apre per poi spingermi ad entrare.
«Si accomodi, il signor Robinson sarà qui tra poco.» mi dice prima di scomparire.

C'era bisogno di tutto questo casino per un misero volantino?

Mi sistemo i capelli specchiandomi in un vassoio d'argento posto sul tavolino davanti a me, e mi guardo intorno.

Per lo meno non ci sono ossa a terra no?
Le tende verde scuro quasi rallegrano l'ambiente

Rabbrividisco ancora mentre un rumore di passi mi costringe a voltarmi, la porta di schiude ed io riesco a sentire anche uno squarcio di conversazione senza troppo impegno.
«Ha già rotto una lampada ed il non credo che sia adatta a-»
«Basta così Langdon, valuterò io.» Lo interrompe una voce severa e poi il signor Robinson fa il suo ingresso.
Quello che dovrebbe essere il Dracula 2.0 della mia generazione entra nella stanza, e io per qualche secondo mi chiedo cosa diamine ci abbia messo mio fratello nel Nesquick stamattina.

Ecco, ho le allucinazioni.
Perfetto.
D'ora in poi me lo faccio da sola.

Credo anche di aver aperto la bocca perché la visione che mi si para davanti è mostruosamente attraente.
Esattamente come direbbe Robbie, il signor Robinson è un gran tocco di gnocco.

Poi mi ricordo di essere a casa sua, e non in un telefilm e salto in piedi.
«Salve signor Robinson, io sono Diane Jackson.» pronuncio tendendogli la mia mano sudaticcia.
«Mi chiami pure Aidan, Langdon puoi andare.» mi risponde lui, prima di voltarsi per aprire un cassetto e prendere chissà cosa, mentre io ne approfitto per fare la linguaccia al maggiordomo e sillabare; s-p-i-a, con aggiunta di dito medio.

Così impari brutto spione che non sei altro.

Lui prima di chiudere la porta mi rivolge uno sguardo strano e fa una smorfia di disappunto.
Credo di avere ancora la mia espressione indignata sul viso quando Aidan si volta con un block-notes in mano.
Si siede sulla poltrona davanti a me e apre il quaderno, stappando la penna.
Scrive qualcosa e poi mi rivolge lo sguardo, mentre io rabbrividisco alla vista dei suoi occhi, azzurri come ghiaccio, che mi inquietano parecchio e mi mettono in soggezione.

«Allora Diane, quanti anni ha?»
«Ventidue, quasi ventitré. Nel senso che tra poco è il mio compleanno e-»
«Ve bene, scriverò ventidue.» si appunta la mia età sul block-notes ed io stringo i bordi della mia cartellina.

Ce la facciamo a non farci prendere per autistiche, che dici Diane?

«Ha già avuto esperienza con i bambini?»
«Che cosa?»
«I bambini. Lei sa come trattarli e farsi rispettare?» chiede con tono ovvio.

Sto per chiedere un'altra volta di cosa stia parlando quando una lampadina si accende nel mio cervello.

Non mi avrà mica scambiata per una babysitter?
Ok, forse ogni tanto dovrei leggere gli annunci del paese.
Che poi, io faccio schifo a badare ai bambini.

Beh, non mentirò, io sono una persona onesta, e con sani principi, vero cervello?
Cervell-

«Sì, assolutamente. Ho un talento innato.»


Heeeey
Vi è piaciuto un il prologo?
Spero di sì, vi aspetto nel prossimo capitolo
Baci
Andate in pace
Lily

Cruel in loveWhere stories live. Discover now