Incassa il colpo in silenzio, senza neanche muoversi di un millimetro dalla sua posizione. I suoi occhi sono concentrati sul pavimento.

«Sono complicata. Dal primo istante che mi hai rivolto la parola lo hai capito. Mi costa fidarmi di una persona e di certo tu non sei l'eccezione soltanto perché stai cercando di aiutarmi. Perciò, questa conversazione è inutile.» Sibila.

«Mi spieghi come devo fare con te?» Chiedo esasperato, ignorando le sue parole.

«Non devi, infatti. Sei tu che ti ostini a volermi analizzare, come se fossi la persona più strana del mondo. Ho le mie paure ed i miei limiti, sono semplicemente umana. Ma non sopporto che qualcuno stia al mio fianco per pena o compassione

«La smetti di sparare cazzate?» Le afferro il braccio e la avvicino a me, stringendola dai fianchi. «Se io sto con te c'è un motivo, non credi?» Sussurro e la vedo arrossire.

«N-no.» Balbetta ed aumento la presa. «Non mi interessa ciò che hai da dirmi, devi accettare la mia decisione

«Non posso farlo, mi dispiace.» Appoggio la mia fronte sulla sua. «Quando capirai, Tish?» La mia voce è flebile e dolce.

«Che cosa?» Mi guarda confusa.

«Che per me sei indispensabile.»

La osservo per una manciata di minuti. In questo momento vorrei tanto assaporare le sue labbra in un delicato bacio, ma so che non è giusto. Non posso approfittarmi di lei, della sua purezza e della sua innocenza. A mio malgrado, lascio cadere le braccia dalla sua vita. Ora era libera di poter andare, come sicuramente avrebbe fatto. Invece, rimane immobile a scrutarmi. La sua espressione è indecifrabile.

«Non farti illusioni.» Afferma acidamente, prima di uscire dalla mia stanza.




Continuo a camminare, senza una meta. Potrei recarmi ovunque ed in nessun posto allo stesso tempo. Ho agito di impulso, non è da me, ma Tijana mi ha letteralmente fottuto il cervello. Dopo la nostra conversazione mi sono ritrovato affranto e deluso nel mio letto, perché sì. In qualche modo, ho sperato che lei cogliesse il significato più profondo di quella frase e tutte le sue sfumature, ma non è stato così. E stamattina, tra le emozioni che ho vissuto il giorno prima, è riaffiorata la rabbia e la voglia di urlarle contro quanto io sia innamorato di lei o quanto abbia bisogno di starle vicino in ogni attimo della giornata. Vederla felice e spensierata mi ha appagato, sapendo che fosse per merito mio, e mi ha riempito il cuore di gioia. Ma, nonostante io voglia nascondere l'uragano che ho dentro, ho fatto trapelare la verità. Lei mi piace, tanto. Probabilmente, lo ha capito ed è scappata per paura di soffrire. Eppure, sa che non sono come gli altri.

«Albe, aspetta!» Mi sento richiamare, ma non mi volto.

«Ancora? Mi pare che sei stata molto diretta ieri nel dirmi ciò che non sono per te.»

Faccio fatica a riconoscermi adesso. Non sono mai stato freddo e distaccato con lei, ma la ferita brucia ancora.

«Hai frainteso.» Si limita a dire.

«Non addossarmi colpe che non ho.» Le pianto le mie iridi contro. «Io ho fatto di tutto e tu te ne sei fregata, perciò se sei venuta a farmi la ramanzina risparmia il fiato.»

Le do le spalle, pronto per proseguire la mia passeggiata, ma la sua mano me lo impedisce. Improvvisamente, mi avvolge tra le sue braccia e io non so che fare. Vorrei ricambiare e stringerla come non mai, eppure l'orgoglio me lo impedisce.

«Perdonami, ho esagerato.» Si ranicchia nel mio petto. «Quello che devo dirti è che ti voglio bene. Mi dispiace non averlo fatto subito, ma io non sono brava con le parole. Non ho mai chiesto scusa a nessuno prima d'ora, però ho imparato la lezione. Io ci tengo a te, perché sei il mio punto di riferimento nel programma. È vero che ho anche Arianna, ma non è la stessa cosa.» Sussurra.

«E perché?» Domando curioso.

«Perché lei non è te.» Si morde il labbro, intimorita da una mia possibile risposta.

Scuoto la testa e la abbraccio fortemente, mentre le accarezzo la schiena per scaldarla. Sta tremando come una foglia e mi accorgo che non indossa un cappotto, bensì una felpa oversize nera. Siamo ancora uniti da quel contatto così magico, seppur banale. Infine, le bacio la fronte. Per quanto ho cercato di convincermi a mantenere il punto della situazione, ho fallito miseramente. L'unica verità è che lei mi manda in estasi.

«Torniamo a casa, stellina.» Annuisce ed inaspettatamente intreccia le nostre dita. «Sai, potrei quasi abituarmi» Affermo, indicando le nostre mani unite.

«Già, anche io.»

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Hi, guys. So che è tardi, ma ho scritto e riscritto questo capitolo almeno sei volte. Volevo che fosse perfetto, sia grammaticalmente che cronologicamente. Spero che vi piaccia, lasciate un votino e se volete un commentino per farmelo sapere. Buona lettura e buonanotte, bacini.

Mar.

Black & WhiteWhere stories live. Discover now