Capitolo 31 - Non lo nominare!

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<<Che diavolo ci fai lassù senza le funi di sicurezza?>> domanda una voce arrabbiata che conosco bene.

Butto un occhio giù e ciò che vedo mi fa battere il cuore dieci volte più veloce del normale. Paulo è lì, con le braccia incrociate al petto. Nel suo completo elegante stona, è troppo perfetto per essere in una palestra, al cospetto di una ragazza coperta di sudore e con i capelli legati appiccicati alla fronte.

<<Esattamente quello che vedi, arrivo in cima.>> rispondo dura, perché questo non è far suo.

<<È pericoloso Europa, scendi immediatamente.>> ordina, fulmiandomi con lo sguardo.

Quasi scoppio a ridere, è ridicolo.
Chi si crede di essere per darmi degli ordini?
Non è nessuno per me. Nessuno.
Presa dalla rabbia e da un moto di follia, arrivo in cima in pochi secondi.

<<Sei completamente pazza, e lo sapevo già, ma questo è troppo! Stai mettendo a repentaglio la tua salute, scendi subito.>> continua, adirato. Persino da quassù riesco a vedere la mascella serrata e le sopracciglia aggrottate.

<<Scenderò quando lo deciderò io, e poi la mia salute non è un tuo problema.>> rispondo, penzolando con le gambe nel vuoto.

<<Mi stai facendo venire un infarto, per favore Europa, scendi.>> cambia tattica e anche posizione.

Sembra sinceramente preoccupato, ma ormai ho imparato che nessuno è sincero e che lui a mentire è un maestro. Però i suoi occhi mi convincono a scendere, forse perché dicono più di quanto dovrebbero. Mancano un paio di metri quando metto male un piede e scivolo. Due braccia mi prendono al volo, senza farmi nemmeno sfiorare il suolo.

<<Te l'avevo detto che era pericoloso!>> sibila Paulo, stringendomi al petto, sento il suo cuore battere furioso contro il mio orecchio.

Dovrei ribattere per le rime, ignorarlo o urlargli contro, invece chiudo le emozioni dietro ad una porta invalicabile. Lo guardo in viso e senza nessuna espressione gli ordino di mettermi giù.

<<Che ti prende si può sapere?>> domanda, più confuso che arrabbiato.

Mi mette a terra, e mi guarda andare verso il sacco. Riprendo l'allenamento, ignorandolo. Voglio che se ne vada, che mi lasci in pace e allo stesso tempo so che non è ciò davvero voglio. Tiro un calcio al sacco da box facendolo oscillare vicino al suo bel faccino.

<<Perché sei qui da sola, invece di essere a pranzo?>> chiede, senza smettere di guardarmi. Nemmeno si sposta, il che conferma che non gli importa nulla della possibilità di essere colpito.

<<E tu perché sei qui? Non hai niente di meglio da fare?>> dico, con una voce così gelida da far paura persino a me.

<<No.>> risponde, senza esitazione.

<<Fatico a crederci.>> ringhio amara.

Con una mano blocca il sacco e mi guarda dritto negli occhi. Inarco un sopracciglio, questo non lo doveva fare. Nessuno può interrompermi nel pieno di un allenamento, specialmente una persona che mi ha fatto incazzare.

<<Che diavolo ti prende, si può sapere?!>> esclama Paulo, sfiorandomi un braccio. Gli sorrido cattiva, sperando per lui che ritiri la mano prima che sia troppo tardi.

<<Stai lasciando sola la tua accompagnatrice,  ed è maleducazione sai? Quindi vedi di evaporare.>> sibilo, furiosa.

Paulo spalanca la bocca, interdetto.
Pensa sul serio che tutto ciò che fa sia giustificato?
Scuoto la testa e mi volto, decisa ad andare via, quando commette un grosso errore.
Allunga un braccio e mi stringe il polso, cercando di fermarmi.
E beh, lì non ci vedo più.

<<Eu lasciami spiegare, non è come cre...>> Paulo si blocca, e un attimo dopo fissa il soffitto alto della palestra. L'ho solo proiettato davanti a me con una sola mossa.

<<Non c'è niente da spiegare, perché io non penso proprio nulla. Tu non sei niente per me, Paulo Dybala, niente. Quindi fammi un enorme favore: d'ora in poi stammi alla larga.>> lo guardo, dall'alto, scandendo bene ogni parola.

Posso vedere il suo sgomento, perché non se lo aspettava. Prima che possa riprendersi e dire qualcosa o alzarsi dal materassino, raccolgo le mie cose e punto dritta verso la porta. Con la mano sulla maniglia e il cuore ammaccato, non mi volto.

Tiro giù la maniglia, per dare un taglio netto a questa situazione assurda.
Spingo, ma la porta non intende aprirsi.
Riprovo. Nulla.
La prendo a spallate ma non si muove di un millimetro.

<<Non è possibile!>> grido, con il palmo sulla superficie della porta di ferro della palestra.

Sono chiusa qui.
Con Paulo Dybala.
Merda.

Spazio autrice: Eh, diciamo che questo capitolo è venuto fuori un po' dal nulla. Europa è arrabbiata, e sotto sotto ha pure ragione. Vedremo come si evolverà la loro "convivenza" forzata in palestra, alla prossima 😘💎🌌

Colpita da una stella 🌌 /// Paulo Dybala (Completa)Where stories live. Discover now