Capitolo 25.

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Nate adorava poggiare le sue labbra su quelle morbide e calde di Ernest, e sentire la sua barba ispida pungergli la pelle. Adorava sentire la mano dell'uomo che amava accarezzargli la testa mentre lo baciava, e provare la sensazione di essere custodito, riparato.
Distesi sul suolo di quella che era una grotta, lunga e profonda, che avevano trovato utile per ripararsi dalla pioggia incessante di quella notte,  Ernest e Nate si riposarono e diedero sfogo alle loro tensioni accumulate negli ultimi giorni.

Spinti dal freddo, si alzarono e decisero che il riparo della grotta sarebbe stato perfetto per accendere il fuoco, in questo modo, nessuno in lontananza avrebbe potuto vederne né la luce, né il fumo.

-Aspetta, mettiamo il pane qua.- disse Nate prendendo una delle ultime razioni di pane rimaste per metterla vicino al fuoco. -Così si scalda e diventa più buono.-

A Ernest piacque l'idea, e lo imitò.
Tirò fuori la mappa e la consultò  -Se i miei  calcoli sono giusti e ci  troviamo dove  penso, entro domani dovremmo  riuscire a raggiungere Sciaffusa.- affermò sorridendo.

Il suo sorriso perfetto, illuminato dalla luce calda del fuoco, contagiò  Nate.
-Non ci posso credere. Finalmente.-

-Ripartiremo domani mattina alle prime luci.-

Erano passate poco più di due settimane dalla loro fuga dal campo. Da allora, avevano camminato incessantemente verso il confine, con  piccole soste, questa era l'unica volta in cui volevano concedersi una pausa un po' più prolungata.

Nate tolse il pane da vicino il fuoco e lo addentò.
-È croccante, senti.- Nate allungò la mano e imboccò Ernest.
-È vero.- disse a bocca piena mentre toglieva il suo pezzo da sopra le braci.

-Pensi che in Svizzera troveremo ospitalità ? Intendo con vero cibo, e un vero letto.- chiese Nate.

-A Sciaffusa non ne sono sicuro. Lo spero però. Non saremo gli unici a cercare rifugio, penso.-

-Da lì poi sarà facile tornare a casa. A Marsiglia. Non vedo l'ora.-

-Prima di poterlo fare dovremo aspettare che la guerra sia finita.-

-Già.- Nate si rattristó. -Beh quando succederà ti porterò con me dalla mia famiglia, voglio che ti conoscano.-

-Mi farà molto piacere. Mi spiace solo non poter ricambiare il favore.-

Nate annuì e non fece domande. Neanche lui ci teneva a conoscere la famiglia di Ernest e correre il rischio di rimanerci secchi entrambi.

Finito di consumare il loro misero pasto, si distesero l'uno accanto all'altro, e avvolti dal calore delle fiamme, si lasciarono andare. Quella notte lasciarono la passione dominare le loro menti e sovrastare la paura, l'angoscia, il timore di una fuga senza fine. Per Nate nulla ora era più importante di toccare, accarezzare, baciare e godere del corpo e dell'amore di Ernest e viceversa.

Si spogliarono, ma non sentirono alcun freddo. Ernest lo avvolse con le sue braccia possenti e prese il controllo.
In quel momento, i due liberarono i loro istinti più profondi, gli stessi che venivano repressi dietro le mura dei Lager, e diedero loro sfogo.

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Nel cuore della notte, il baluginare delle ultime fiamme si rifletteva sui loro occhi cerulei, Ernest guardò il suo compagno e, ancora ansimando, posò le sue labbra sul suo orecchio, solleticando piacevolmente Nate,
-Ti amo Nathan.- bisbigliò.

-Io amo te, Ernest.- rispose lui col cuore che batteva così forte da coprire i rumori del temporale che imperversava all'esterno.

Entrambi ora si sentivano più liberi, più felici e più uniti del giorno prima.
La consapevolezza di essere quasi arrivati alla tanto agognata destinazione li rasserenava. Ora più che mai erano convinti che era stata proprio la loro indissolubile unione a sconfiggere tutti gli ostacoli e a portarli fin a quel punto.

Le prime luci dell'alba arrivarono.
I due si prepararono ad affrontare quello che sarebbe stato il tratto finale. 

Presto avrebbero tagliato il traguardo, la linea di confine, e avrebbero posto fine alla fuga e dato inizio ad una nuova vita insieme.

1943. Tre Passi per Sopravvivere.Where stories live. Discover now