Prologo.

2K 95 14
                                    

Nathan credeva fosse una giornata come tutte le altre

Oops! This image does not follow our content guidelines. To continue publishing, please remove it or upload a different image.

Nathan credeva fosse una giornata come tutte le altre. Quando si svegliò si accorse che era in ritardo. Si alzò di scatto stropicciandosi gli occhi e sbadigliando rumorosamente. Si avvicinò alla finestra e la aprì per far entrare un po' d'aria. Affacciandosi poté sentire la radio del signor Jean, il suo vicino di casa, che come ogni giorno, dava notizie su eventuali risvolti della guerra. Nathan ormai non ci faceva più caso, quella vocina robotica faceva parte della sua routine.
Sentì anche un profumo gradevole provenire dalla finestra sottostante, dove c'era la cucina. Sua madre doveva aver già preparato la colazione.
Prese la sua uniforme ormai scolorita dagli anni, guardandola pensò che gliene servisse una nuova. In fretta e furia la indossò e uscì dalla sua stanza, non curandosi neanche di pettinare i capelli. Nathan era vanitoso e anche pettinarsi faceva parte della sua routine, ma oggi non ne aveva il tempo.

Non appena la madre, Linda, lo vide gli balzò addosso. -Auguri Nate!-
Nathan le lanciò uno sguardo interrogativo per un istante, poi si ricordò. "Oggi è il 30 di Settembre."

-Grazie mamma... Ti dispiacerebbe...lasciarmi andare? Sono in ritardo.- disse alla madre che intanto lo stritolava affettuosamente.

-Prima di uscire mangia qualcosa! Ho preparato una colazione speciale solo per te.- Disse con un sorriso vivido stampato in viso.
A Nathan parve di non aver mai visto sua madre così felice. Il suo sorriso era radioso proprio come quello che sfoggiava nella fotografia di vent'anni fa del suo matrimonio. Quella foto stava sul mobile proprio accanto a lei e Nathan non poté che notarlo.
Una fotografia ormai ingiallita, imbruttita dal tempo. Non si poteva dire la stessa cosa per Nate, lui aveva gli stessi anni di quella fotografia, ma poteva vantare una bellezza rara. Con i suoi capelli biondi e con i suoi occhi cerulei passava per uno di "razza pura". I nazisti stessi che di tanto in tanto lo vedevano passare per strada lo scambiavano per un ariano o per un tedesco. Tentavano anche di scambiarci qualche parola, ma invano. Nate conosceva solo il francese e un pochino di inglese, e in ogni caso, cercava di girare al largo il più possibile da quegli individui.

Quella bellezza l'aveva ereditata da sua madre, anch'essa pareva essere di razza privilegiata.
Sua madre era talmente emozionata al pensiero che il suo primogenito compisse vent'anni, che Nate si sentì in colpa quando rifiutò la colazione. Si sentì in colpa anche per aver dimenticato un giorno così importante per lei.
Per lui non lo era di certo. A lui non importava nulla se oggi passava dal 19 al 20.
Nathan avrebbe voluto essere felice, ma non oggi. Non era solo l'anniversario della sua nascita ma anche della morte di suo padre Antoine. Aveva solo 9 anni ma ricordava ancora in che condizioni quel giorno suo padre era rientrato a casa.
Nate desiderava tanto una bicicletta e per comprarla suo padre aveva percorso chilometri sotto la pioggia.
Quella stessa notte Antoine aveva combattuto contro la febbre e la bronco polmonite, ma senza successo.

Nathan non riuscì mai a godersela, quella bicicletta. Stava parcheggiata in garage da undici anni, se n'era comprata un'altra per il lavoro.
Sua madre era una donna forte, e cercava di pensare solo ai suoi figli ormai. Ecco perché fingeva un gran sorriso. Nathan aveva ereditato la sua bellezza, ma non la sua forza.
Al contrario, lui era un ragazzo dall'animo fragile, buono e gentile. Faceva il postino e, ogni mattina, da ben cinque anni, andava in giro per le vie di Marsiglia a consegnare lettere, imposte, pacchi e quant'altro. La sera invece la trascorreva con i suoi amici. Di solito andavano al parco, oppure in qualche locale per divertirsi.
"Sicuramente oggi Gilbert e Charlotte mi porteranno a cena fuori per festeggiare." Pensò Nathan.
E infatti fu così, quella sera lui si ubriacò. Non bevve per festeggiare ma per dimenticare la perdita del padre che da undici anni lo attanagliava.

Sì, faceva tutto questo prima che la sua vita cambiasse in maniera radicale.

Forse la mattina seguente avrebbe dovuto ascoltare la radio del signor Jean. Ma non lo fece, era vittima dei postumi della sbornia.
Se l'avesse fatto avrebbe saputo in anticipo che alcune truppe della SS stavano arrivando a prendere quelli come lui.
Avrebbe potuto avere il tempo di mentire riguardo alla notte precedente, dove lui, ebbro, si era lasciato andare con un uomo di fronte a molti occhi indiscreti.
Mentire? Sì, certo. Non che nel periodo del Terzo Reich servisse a qualcosa.

1943. Tre Passi per Sopravvivere.Where stories live. Discover now