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•NA: Ragazzi, scusatemi, ho cambiato telefono e non ho più le virgolette che utilizzavo prima per il discorso diretto tra le opzioni della tastiera. Pertanto, saranno sostitute da queste ". •



E no, questa volta non era un sogno. Era davvero successo, di nuovo, quel contatto tanto agoniato per settimane, durante il quale il mio cuore perdeva completamente la ragione, mandando il mio stomaco in completa balia di quelle che la gentee chiama la classiche farfalle nello stomaco.
Jungkook era diventato l'unica cosa che in quel momento aveva importanza; al diavolo il coprifuoco!
Continuavo a rimanere attaccata alle sue labbra rosse, mentre le lacrime avevano cessato di scendere; sentivo il respiro caldo di lui inebriarmi le narici , facendomi sentire calda in una fredda sera di inizio Dicembre.
Ci staccammo solo quando il mio cellulare iniziò a squillare facendo spuntare PAPÀ a caratteri cubitali sullo schermo.
Jungkook rise di gusto nel vedermi sbiancare di fronte al display, mi accarezzò dolcemente la guancia sinistra e mi fece rispondere.

"Ehm..hey papà!" dissi cercando di sdrammatizzare la situazione che si sarebbe conclusa con una bella punizione di una settimana.

"Dove diavolo sei?! Sono le otto passate!" alzò la voce lui dall'altro capo del telefono. Non mi sorprese la sua reazione, era totalmente comprensibile...ma almeno avevo diritto ad una spiegazione! Non mi faceva neanche motivare il mio ritardo.

"Va be'...non ha importanza, dove sei ora? Ti vengo a prendere io."
Da una parte ringrazia Gesù per questo gesto galante da parte di mio padre, mi sarei risparmiata il traffico dell'ora di punta in piedi su un autobus.
Ma, insomma, avrebbe visto Jungkook!
Il corvino continuava a ridersela sotto i baffi guardandomi imprecare, quando poi salutai mio padre è richiuso la chiamata. Sarebbe venuto entro la quarantina di minuti,  il tempo di arrivare.

Dopo aver messo il telefono in tasca, rivolsi lo sguardo su quel ragazzo dagli occhi a mandorla. Impiegai qualche secondo prima di tornare razionale e chiedergli spiegazioni.
Inclinai di poco la testa, un po' come fanno i cagnolini quando sono confusi, per poi aprire bocca per parlare, ma mi bloccò subito con un cenno della mano.

"Credo di doverti delle spiegazioni..non ci siamo parlati per quasi un mese e mezzo...e ti volevo chiedere scusa."  mormorò Jungkook guardandomi negli occhi, come non aveva mai fatto. Sentivo quella nota di sincerità nelle sue parole, ma il motivo, il perché fosse accaduto tutto questo ancora non riuscivo a capirlo.

"Scusami, non avrei dovuto lasciarti in quel modo...ma, ti prego, lasciami spiegare.. - si passò una mano tra i capelli nervosamente -..avevo paura che avrei dovuto lasciarti troppo presto. Insomma...io non vivrò qui per sempre, a fine anno scolastico dovrò andarmene.
E...lasciarti sarebbe il mio più grande rimpianto, non potrei reggere una separazione del genere...se non fosse successo nulla, sarei tornato senza sensi di colpa."

Ero letteralmente senza parole.
Aveva solo paura che tutto potesse finire troppo presto.
E da una parte, non potevo biasimarlo, ma a differenza sua, sapevo che la cosa non sarebbe potuta durare se fosse stata a distanza.
Forse un' altra ragazza al mio posto si sarebbe arrabbiata, e la tentazione di strangolarlo diciamo, era quasi impulsiva.
Però poi mi misi nei suoi panni: le sue insicurezze e le sue paure mi ricordavano l'anima di un bambino che deve imparare a dormire con la luce spenta durante la notte o che deve imparare a nuotare senza i braccioli.
Era davvero ancora un bambino dentro di sé...e ciò non poteva che intenerirmi.
Vedere un ragazzo così diverso da quelli che si vedevano in giro per Roma, tra pariolini e bori, era quello che cercavo.
Non volevo trovare una di quelle persone con la classica sigaretta in bocca, con musica Trap a tutto volume nella macchina, quel terribile taglio di capelli che va molto di moda tra gli adolescenti di Roma o senza una passione, se non quella di uscire il sabato sera per ubriacarsi.

Me, you and a pencil  (Jeon Jungkook)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora