Capitolo Trenta

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Aida aveva dimenticato come ci si sentisse ad andare in guerra e per quanto le riguardava avrebbe preferito di gran lunga continuare a non ricordarlo.
Combatteva ora con l'arco, ora con due pugnali, ora con una spada, sentendo come un tuono nella testa per ogni vita che spezzava, come se ogni filo che le Parche tagliavano le rinvalzasse addosso come un elastico, assicurandosi di ricordarle che ne era lei la causa.
Ma questo non l'avrebbe fermata, mai.
-Aida!- gridò Leo, la schiena contro quella della ormai ex schiava.
-Ho un piano, ma non ti piacerà.
-Può andare peggio di così?.- chiese a denti stretti la ragazza, mentre parava il colpo di un soldato che non si faceva scrupoli a combattere una ragazza e che ne stava pagando le conseguenze.
-Non sfidiamo la sorte.- rispose il ragazzo, seguito dal clangore di una spada che cozza contro un elmo. Un soldato cadde affianco a loro, un rivolo di sangue che dava origine ad una piccola pozza a terra.
-D'accordo: spara.- disse Aida, ignorando il nuovo cadavere e uccidendo anche il suo assalitore.
I soldati nemici rimanevano troppi e i loro stavano cadendo troppo in fretta. Aida aveva visto Michael schiantarsi a terra dopo che un avversario aveva fatto crollare la parte restante di arco, punto sopra il quale l'arciere migliore di Argos si era posizionato per prendere d'assalto l'altro esercito, ma dall'alto.
Numerosi erano gli altri caduti, che raddoppiavano di minuti in minuto, a svantaggio loro.
-Dovete ritirarvi.
-Cosa?
Aida era talmente sconvolta che la gomitata del nuovo avversario la prese in pieno, stortandole la mandibola con un suono agghiacciante.
La ragazza sussultò, massaggiandosi la parte colpita e cercando di capire quanto era grave il danno, prima di rialzare gli occhi scuri sull'avversario.
-Lurido figlio di...
Lui non seppe mai di cosa era figlio per due validi motivi: il primo era che un potente ruggito da parte di Festus aveva fatto nuovamente tremare il suolo, coprendo per qualche istante tutti gli altri suoni; il secondo era che quando non si dispone di una testa è ben difficile riuscire ad udire qualcosa.
-Perché diavolo dovremmo ritirarci? Io non mollo!- replicò con fervore la romana.
Leo, nonostante si trovasse nel pieno di una vera e propria guerra, non poté che pensare che amava quel suo lato coraggioso e fiero.
-Non dovete ritirarvi davvero.- spiegò lui, mentre guardava intorno a sé la situazione dei compagni. -Dovete allontanarvi tutti, trovare una scusa.
Una malsana e orrida idea illuminò la mente della ragazza, che speri vivamente che quello fosse solo un brutto scherzo della sua mente allenata all'estremismo.
-D'accordo, ci penserò io. Ma tu?
-Non ti preoccupare per me, non mi farò nemmeno un graffio.- assicurò lui, staccando la schiena da quella della sua ragazza, dopo quelli che sembravano giorni passati a combattere coprendo l'uno le spalle dell'altro.
Aida guardò gli occhi del principe di Argos, visibili sotto l'elmo greco, e ripensò alla prima volta che l'aveva visto, pressappoco nelle stessi condizioni. Eppure era cambiato tutto, lo sapeva bene questo.
Afferrò saldamente il pettorale dell'armatura e tirò il ragazza a sé, baciandolo per l'ennesima volta in un solo giorno.
Buffo no? Come fossero passati da faticare a tenersi per mano senza perdere la testa, a baciarsi con così tanta frequenza.
-Torna sul tuo scudo.- disse la ragazza una volta tornata a fissare gli occhi color nocciola del suo amato. -O sopra di esso.
Leonidas annuì e i due si separarono, opprimendo qualunque sentimento per concentrarsi totalmente ed esclusivamente su quello che in quel momento era il loro compito.
-Ritirata!- urlò a scarciagola Aida e la sua voce sembrò provenire dal cielo più che da lei, come il rombo di un tuono. -Tutti via!
Charles le si affiancò in un istante, chiedendo spiegazioni.
-Ordini del principe.- bisbigliò lei e al ragazzo bastò quello.
L'armata di Argos si ritirò lentamente, tra le urla generali dei nemici, convinti di aver vinto.
Aida correva al fianco di Charles, schiavando i colpi dei nemici più sanguinari e sperando che Leo sapesse ciò che faceva.
Poi fu un attimo, un colpo netto, lo trapassò come fosse di carta.
-Charles!
Il fedele soldato cadde in ginocchio, il busto che ora presentava un'enorme foro nel mezzo e gli occhi spalancati.
-Salva...ti...- riuscì a dire lui, prima di affondare nel terreno, privo di vita.
Aida sentì gli occhi bruciare, mentre correva in ritirata insieme ai compagni.
Arrivati a metà della collina che li separava dalla reggia tanto preziosa si voltò verso l'ormai defunto arco, intorno al quale era raccolto l'intero esercito di Mantinea, pronto a marciare ormai incontrastato verso il palazzo di Argos.
Ripresero uno schieramento più o meno ordinato, aggiustarono le armature, impugnarono le armi.
In tutto questo Aida pregava il padre per la vita e sopratutto l'idea di Leonidas. Era la loro ultima speranza.
Il soldato che stava guidando l'assalto alla città alzò l'arma al cielo, lanciando un grido potente che avrebbe dovuto spronare i compagni a partire all'attacco.
Ma ciò non accadde.
Come l'uomo gridò, un'enorme colonna di fuoco si accese al centro dell'esercito, propagandosi più in fretta di un incendio tradizionale, ardendo quattro quinti dell'esercito e lasciandone illeso solo qualcuno.
La priorità dei nemici divenne quella di non morire arsi, togliendo totalmente la propria attenzione dai superstiti dell'esercito di Argos.
Fu allora che Aida vide Leo, in mezzo ai nemici, che lottava.
"Nata per combattere".
Non era forse così che la chiamavano?
La lama di Aida si innalzò al cielo e la ragazza urlò, forte come non mai, tanto da far sembrare il precedente urlo nemico solo un pigolio.
Lì le cose cominciarono ad andare male.
Il cielo si fece grigio e tuonò, qualche istante prima che un fulmine si abbattesse su una delle ultime case della città, ai limiti della periferia.
L'incendio raddoppiò.
I soldati di Argos si gettarono in aiuto del principe e Aida guardò spaventata ciò che aveva creato, un unico pensiero a tormentarle mente e cuore:

Leo.








Spazio autrice
Capitolo un pochino più corto ma dovevo farlo finire così per fare bene il prossimo, dato che sarà una parte importante.
Sto ridendo ancora per il fatto che nello scorso capitolo quando alla fine ho scritto "Saluta la Signora" alcuni si sono messi a scrivere "ciao" e cose così.
HAHAHAHAHAH.
Gente non dovete salutarmi, "saluta la Signora" è il grido dei Celestini, la "Signora" è Santa Celestina.
Non riesco a smettere di ridere, oh dei.

Ps. lobita32 SMETTILA DI PREVEDERE L'ANDAMENTO DELLA STORIA.


-Saluta la Signora!

GRΣΣΚS || LΣΘ VΔLDΣζDove le storie prendono vita. Scoprilo ora