Capitolo Diciannove

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Aida risaliva una collina.
Era già la quinta collina che sorpassava sperando che fosse finalmente quella del palazzo.
Il sangue che usciva dalla fronte di Leonidas le si era attaccato ai capelli e lo sentiva colarle lungo il collo, perfino sotto l'armatura.
Troppo tardi pensò che presentarsi a palazzo con su l'armatura sarebbe sembrato strano, ma ora la priorità era il principe svenuto tra le sue braccia.
Arrivò finalmente sulla cima di quell'ennesima collina e vide il palazzo brillare al sole del tramonto.
-Ancora cinque minuti e starai bene.- sussurrò a Leo che però non poteva sentirla.
Quando finalmente fu davanti al palazzo, Aida si sentiva senza forze.
Aveva trascinato un ragazzo svenuto sotto il sole per quelli che forse erano stati addirittura chilometri, indossando una pesante armatura e già provata dalla stanchezza di un allenamento.
Ma non poteva fermarsi, avrebbe dovuto aiutare il ragazzo prima di pensare a se stessa.
Quando entrò nella sala del trono, una delle serve del re gridò, facendo subito voltare il sovrano, che stava conversando con qualcuno che Aida non era riuscita a mettere a fuoco, troppo concentrata sullo sforzo di mantenere in piedi il principe.
-Aida, cosa sta succedendo?-
Aida fece per spiegare cosa era successo, quando una voce familiare chiamò il nome del principe e una figura uscì da dietro il re.
Calipso corse verso di loro e senza degnare di una minima attenzione la romana, strappò Leo dalla sua presa e lo prese tra le sue braccia.
-Cosa ti è successo amore mio? Riesci a sentirmi? Sono io, Leo, Calipso!-
Il ragazzo non si mosse, mentre il re guardava Aida, completamente stremata e distrutta, tentare di rimanere in piedi.
-Lasciate che lo porti in camera, lo posso medicare e...-
-No!- gridò Calipso. -È colpa tua se lui è ridotto così! Non vedete, ha su il suo sangue! Stai lontana dal mio ragazzo, sporca schiava!- e detto questo trascinò il principe fuori dalla stanza, chiamando una delle serve che doveva essere sua conoscente.
Il sovrano non aveva staccato un secondo gli occhi da Aida, che ora stava con le spalle curve in mezzo alla stanza, reggendosi un braccio che sembrava ferito.
Aveva i capelli sporchi di sangue e il viso pieno di fango, con il sopracciglio spaccato e il labbro coperto da sangue secco, come se fosse caduta di faccia in un bosco.
Fissava la porta da cui erano spariti la principessa e il principe con gli occhi lucidi.
Il re le si avvicinò sotto lo sguardo della servitù che si era radunata nella stanza alle grida di Calipso.
-Aida come ti senti?-
La ragazza voltò il capo verso l'uomo e i suoi occhi si fecero più rossi.
-Mi dispiace così tanto...io non volevo...-
Il re le posò una mano sul braccio e parlò con tono paterno, preoccupato ma pur sempre affettuoso. -Aida va tutto bene. Leo si riprenderà. Tu come stai?-
La ragazza scosse la testa.
-Mi d-dispiace così tanto. Non...non...-
Una lacrima le rigò una guancia.
Il re drizzò le spalle e guardò verso uno dei servi.
-Chiamate Callida, ditele che è urgente, di portarsi appresso Kayla.-
Una delle ancelle corse via, mentre Aida cercava di trattenere altre lacrime.
Voleva solo poter andare via da quella stanza, trovare Leonidas e rimetterlo in sesto, essere sicura che sarebbe stato bene.
Ma le parole di Calipso le rimbombavano nella testa, così taglienti e dolorose da provocarle un male fisico al petto.
Le gambe le tremavano, non riusciva più a stare in piedi dopo tutto il tragitto fatto con il peso di Leonidas addosso.
Ma doveva rimanere in piedi.
Per Leo.
Nella sua mente un'immagine riuscì a sfuggire dall'ammasso di ricordi che teneva rinchiusi nel profondo della sua anima: rivide se stessa a otto anni, in piedi sulla cima di una collina. Aveva i capelli rasato a zero e il viso coperto di fango e graffi, le foglie impigliate nella toga ormai a pezzi e il pugnale stretto nella mano sinistra.
Il braccio destro era appeso al collo con una fasciatura improvvisata, fatta di foglie e rametti.
Delle voci gridavano il suo nome, dei ragazzini risalivano la collina andandole incontro, molti ancora ridotti come lei.
Nella sua mente una voce continuava a urlare "non puoi cedere". Ma lei non resisteva più. Le ginocchia le avevano ceduto ed era caduta a terra, la voce nella testa che le strillava di non cedere.
Aida tornò in sé.
Non poteva cedere.
Non doveva cedere.
La signora Callida entrò nella stanza e la guardò piena di sgomento.
-Bambina mia.-
E Aida crollò.

Quando Leo si svegliò, sentì una mano stretta nella sua.
Era talmente sicuro che fosse di Aida, che spalancò subito gli occhi.
Ma ciò che vide lo deluse parecchio.
Era steso nella sua camera e la ragazza al suo fianco non era Aida, ma Calipso.
La principessa guardava verso la finestra con aria distratta, canticchiando a bocca chiusa una qualche canzone che a Leo suonava vagamente familiare.
La testa non gli girava più, ma sentiva ancora la tempia pulsare e la nuca fargli male.
Aveva così tanto desiderato poter vedere Aida che dovette sforzarsi molto per non chiedere dove fosse la ragazza.
Invece tossí, così che Calipso si voltasse e lo vedesse sveglio.
-Amore mio!-
La ragazza lo abbracciò di scatto, con enorme disappunto di Leo.
-Come...come sono arrivato qui?- domandò il ragazzo.
Calipso storse il naso. -Ti ci ha portato quella lurida romana, dopo averti ferito. Spero davvero che il re la punisca...-
-No!- gridò Leo prima di riuscire a trattenersi.
La principessa lo guardò stupita.
-Perché ti interessa tanto di lei? È solo una schiava.-
-Lei non è una schiava! E ora voglio vederla.-
Leo tentò di alzarsi ma Calipso lo bloccò.
-Stai delirando, non sei in te. Riposati un po' e...-
-No!- gridò Leonidas. -Devo vederla!-
-Ma Leo...-
-Ha sentito il principe.-
Calipso si voltò.
Sulla porta della camera la signora Callida guardava il principe con serietà.
-Aida è svenuta. Non ho mai visto una ragazza forte come lei, è riuscita a trascinarsi fino a qui e a portarti in salvo appena in tempo. Si meritava un'accoglienza degna d'eroe.- la donna lanciò un'occhiataccia a Calipso e Leo prese nota mentalmente di farsi spiegare cosa era successo.
-Ora è di là, ma sta bene.-
Leo si alzò e guardò la sua badante negli occhi.
-Grazie Callida di esserti presa cura di lei.- disse il ragazzo. Non era mai stato così sincero nel ringraziare qualcuno in tutta la sua vita.
Callida annuì e lui sparì fuori dalla camera.
Le due donne rimasero da sole.
Calipso guardò irata la più vecchia.
-Come hai osato...-
-Finché sarò viva.- disse la donna. -Tu non avrai mai mio figlio, strega.-
Calipso uscì dalla stanza piena di rabbia, mentre Callida si metteva a rifare il letto come se nulla fosse.






Spazio autrice
AH BITCH
CALLIDA È UNA DI NOI
CALIPSO LEVATI

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