Capitolo Ventisei

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In due regni vicini, in due palazzi pacifici, le porte delle sale del trono si spalancarono, facendo entrare un ragazzo e una ragazza, un erede al trono e uno schiavo.
Nel palazzo di re Atlante, a Mantinea, la principessa Calipso corse dal padre, in lacrime e con al seguito il suo servo più fedele, William.
Ad Argos nel frattempo, Leonidas e Aida correvano dallo zio del principe, portando brutte notizie.
Raccontarono del tradimento di Nico e della guerra che, ne erano certi, sarebbe arrivata in qualunque caso, nonostante la morte del traditore.
In entrambi i regni, i sovrani ascoltarono attentamente ciò che il proprio erede aveva da raccontare e finiti i fatti, strinse il pugno.
-Servono misure drastiche.- dissero entrambi i sovrani, uno a chilometri di distanza dall'altro.

-Aida!-
-Leonidas non abbiamo tempo.- rispose la ragazza, mentre apriva gli armadi nella sua camera e svuotava i cesti con i pochi effetti personali che possedeva.
-Dobbiamo parlare di ciò che è successo.-
-Dove diavolo è finito il mio pugnale?-
Leonidas afferrò per le spalle la ragazza quando questa gli passò vicino, costringendola a fermarsi e guardare il figlio di Efesto negli occhi.
-Aida ti prego.-
-Leo, da un momento all'altro potrebbero arrivare le guardie di Atlante a dichiararci guerra, o peggio potrebbe arrivare il suo esercito senza alcun preavviso a radere al suolo la città e noi dobb...-
Aida fu interrotta dalle labbra di Leonidas premute sulle sue.
Quando il principe si staccò, Aida rimase zitta per qualche istante, gli occhi fissi in quelli di Leo e una ciocca di capelli caduta davanti alla faccia.
-Forse dobbiamo parlare.- bisbigliò appena.
-Sono d'accordo.-
La ragazza sospirò e guardò i pochi vestiti che possedeva, tutti regalatigli dalla signora Callida quella che sembrava una vita prima.
Da quanto si trovava ad Argos?
Quattro mesi? Cinque?
Aveva perso il conto.
Eppure era già riuscita a scatenare una guerra tra due regni pacifici, un vero e proprio record.
-Aida, qualunque cosa accada io non voglio che tu ti metta in pericolo.-
-Non vorrai rinchiudermi a palazzo?!- esclamò lei, rivolgendo a Leo uno sguardo di fuoco.
-Certo che no!- si difese lui. -Io ti voglio al mio fianco, a combattere per ciò che siamo.-
Aida sentì il cuore scaldarsi.
Avrebbero combattuto spalla a spalla, anche a costo della morte, l'uno per l'altra.
-Quindi...-
-Quindi lascia perdere i vestiti e seguimi, abbiano bisogno di armi.-
Aida fece un sorriso.
Combattere per il proprio amore?
Leneo sarebbe stato fiero di lei.
Era una degna figlia di Sparta, come li chiamavano gli altri greci.
Nella reggia c'era un gran fermento, tutti gli schiavi correvano senza sosta portando oggetti di tutti i tipi, le guardie si facevano largo tra le piccole folle di servitù, cercando armi o armature.
Aida seguiva Leonidas lungo i corridoi, finché non sbucarono nuovamente nella sala del trono.
La scena che si presentò loro non fu una delle migliori e fece trasalire Aida.
Il re Atlante era fermo sulla soglia del palazzo, lo sguardo irato.
Cavalcava uno stallone che sembrava fatto di cielo puro: un vento, Aida li conosceva bene.
Al suo fianco, su un cavallo più piccolo e dal manto ambrato, Calipso le rivolse uno sguardo assassino.
Il re di Argos era di fronte a loro, già in armatura e affiancato da due guardie.
-E così è per quella che tuo nipote ha rifiutato mia figlia? Per una schiava?-
-Lei non è una schiava!- gridò Leonidas, mentre Aida tentava di trattenerlo.
-Poco importa.- se uno sguardo potesse uccidere, quello di Atlante avrebbe trafitto Leo da parte a parte. -I patti erano chiari. Nessuno spezza il cuore alla mia bambina, tantomeno un figlio degli dei.-
-Vattene Atlante.- intervenne il re di Argos, facendo un passo avanti. -Non sei il benvenuto qui.-
L'altro sovrano fece una risata vuota, come se avesse appena ottenuto la risposta che voleva. -Certo, non sono più il benvenuto qui.-
-Esci da casa mia o i miei uomini ti uccideranno.- dichiarò fermamente lo zio di Leonidas.
Atlante posò lo sguardo su Aida e la ragazza sentì una morsa ai polmoni.
-Questa è guerra, Argos, che vi piaccia o meno.-
I due destrieri abbandonarono il palazzo, lasciando i due reali, la schiava e le guardie a fissare le porte della reggia in silenzio.
Quando il re parlò, la sua voce sembrava così diversa da quella accogliente e paterna che utilizzava solitamente, come se appartenesse ad un uomo differente.
-Leo, avvia la sequenza F.-
Il principe sgranò gli occhi.
-Ma...-
-So che è rischioso, ma se Atlante ci farà guerra con tutto quello che ha, è la nostra unica possibilità.-
Leonidas deglutì a fatica, ma annuì.
Prese la mano di Aida e guardò un'ultima volta lo zio.
I due erano quasi usciti dalla sala quando il re li richiamò.
-Ah e, Leo?-
-Sì zio.-
Il sovrano guardava fuori dalla vetrata, dando le spalle ai due ragazzi.
-Quando tutto questo sarà finito, se ce la faremo...- il sovrano fece una pausa. -Avete la mia benedizione. Sarei onorato di vedere Aida seduto sul trono di Argos, come tua regina.-
Leo spalancò la bocca, poi sembrò assimilare quelle parole e sorrise.
-Ti ringrazio.-
-Andate ora, e che gli dei vi proteggano.-
I due ragazzi uscirono dalla stanza, i cuori che battevano a mille.
Se fossero sopravvissuti a tutto ciò, Aida sarebbe diventata regina.
Non poteva crederci, doveva essere uno scherzo, un sogno, una stupida visione di un futuro che non le apparteneva veramente.
Eppure la mano di Leo salda sulla sua era così vera.
-La sequenza F è molto pericolosa.- disse Leo, mentre la conduceva verso una scala che spariva nelle fondamenta del palazzo. -Non l'abbiamo mai sperimentata e non sappiamo se funzionerà.-
-Ma cosa dovrebbe essere?- chiese la ragazza.
Le scale terminarono e davanti a loro si aprì un lungo corridoio di pietra, illuminato da torce rade.
Aida rabbrividì.
Le ricordava le segrete in cui era stata rinchiusa la prima volta che era stata rapita, quando lei e Jason erano ancora bambini e vivevano ancora a Sparta, su ordine di loro padre.
-Ti ho detto che mio padre è Efesto.-
-Sì.-
-Bene, questo è stato un suo piccolo "regalo di compleanno", se così possiamo chiamarlo.-
Leonidas si fermò davanti ad un portone di metallo poco più alto di due metri.
Sembrava una porta come tante, una delle innumerevoli celle dei sotterranei.
Il principe si voltò verso la ragazza, dopo aver girato una serie di cerchi disegnati sulla porta.
Aida sentì degli ingranaggi girare e qualcosa sbloccarsi.
Poi la porta si socchiuse.
Leonidas appoggiò una mano sulla soglia metallica.
-Aida.- disse prima di spalancare la porta. -Ti presento Festus.-
E Aida incontrò il drago.

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