Capitolo Dodici

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Era già la seconda volta che Aida si svegliava fuori dal proprio letto, dopo essersi addormentata in qualche posto isolato insieme ad un ragazzo.
Però questa volta non era da sola: Nico dormiva ancora, stringendola a sé. 
La ragazza si prese qualche secondo per guardarlo: i capelli spettinati gli cadevano davanti agli occhi chiusi, la bocca leggermente aperta era ancora spiegata in un sorriso e le sue braccia circondavano il corpo magro di Aida.
Lei gli passò una mano tra i capelli, spettinandoli ancora di più.
-...ida...-
La schiava non riuscì a trattenere un sorriso.
-È mattina Nico.- sussurrò passando le dita tra le ciocche nere dello stalliere.
Il ragazzo mugugnò qualcosa e spostò una mano dalla vita della schiava per potersi stropicciare un occhio.
Quando lì aprì, Aida rimase interdetta da quei due pozzi neri che la guardavano con quell'espressione così misteriosa.
-Mi piace questo genere di buongiorno.- borbottò lui con un sorriso assonnato e la ragazza arrossì appena.
-Dovremmo tornare ai nostri doveri, prima che qualcuno possa notare la nostra assenza. Non vorrei mai che finissimo nei guai.- disse la ragazza, anche se a malincuore.
Lui annuì con aria assente, tutta l'attenzione rivolta alle sue dita che scostavano le ciocche morbide dal volto di Aida.
-Hai ragione.-
Nessuno dei due aveva veramente voglia di abbandonare quella sorta di angolo di paradiso, ma si alzarono ugualmente e imboccarono la strada che portava al palazzo.
Il sole era sorto da poco e, Aida lo sapeva bene, la Signora Callida era già sveglia per andare a riempire le anfore d'acqua al fiume.
Non voleva farsi beccare in flagrante dalla donna a tornare dal bosco insieme allo stalliere, tutti spettinati e con i vestiti stropicciati. Temeva che la poverina potesse avere un attacco di cuore pensando a ciò che loro potevano aver fatto per finire ridotti così.
-Dobbiamo dividerci.-
Si fermarono poco distanti dal palazzo bianco. Nico avrebbe dovuto proseguire su per la collina, dove si trovavano le stalle, mentre Aida doveva raggiungere la finestra che aveva lasciato aperta e tornare nella sua camera, sperando che nessuno la notasse.
-Stasera tornerai?- le chiese il giovane.
Lei sorrise. -Finché mi aspetterai, tornerò sempre.-
Aida amava il sorriso di Nico, forse per il semplice fatto che sembrava la cosa più difficilmente visibile sulla faccia della Terra. Venere doveva aver benedetto quel sorriso, così che i pochi fortunati che lo vedevano scoprissero qualcosa che rendeva il semplice stalliere davvero unico.
-Ti aspetto.-
Non le diede un bacio, o un abbaccio, o le strinse la mano.
Semplicemente sparì per la sua strada e Aida fece altrettanto.
Trovò la finestra aperta e sgusció nella propria camera nel massimo silenzio, o almeno in quello che i suoi sandali le permettevano.
Lì si lavò e cambiò in fretta e furia, e appena in tempo.
-Aida? Sei sveglia tesoro?-
La ragazza aveva appena indossato l'ultimo bracciale d'oro quando la voce della donna la raggiunse.
-Si Signora Callida, sono subito da lei.- rispose con voce angelica la ragazza, soffocando uno sbadiglio e il tono stanco e assonnato. Sperò di essere abbastanza in ordine e che la scaltra donna non scoprisse il suo piccolo segreto solo guardandola.
La ragazza uscì nel piano della servitù, ma lo trovò desolato. Un'anfora vuota era posata vicino alla sua porta e lei non ci pensò due volte prima di prenderla e avviarsi verso il piano superiore, per andare al fiume a riempire il vaso d'acqua fresca. I corridoi erano quasi deserti, se non per un paio di servi che le sorrisero gentilmente da dietro pile di lenzuola e toghe appena lavate.
Aida uscì dal corridoio per la servitù, sbucando nella sala del trono e andando spedita verso l'uscita del palazzo.
-Dov'eri ieri sera?-
L'anfora le cadde di mano, frantumandosi ai suoi piedi.
-Leonidas! Mi avete fatto prendere un colp...-
-Rispondi.-
Aida rimase interdetta dal tono del ragazzo.
Il principe era appoggiato ad una colonna, la veste marrone nascosta sotto l'armatura. Aida si chiese dove dovesse andare armato.
-Potete ripetermi la domanda?- chiese sentendo il gelo espandersi nel petto.
-Dov'eri ieri sera? Non eri in camera.-
Aida mantenne la calma. Era molto brava a controllare le proprie emozioni, ma la paura di far finire nei guai Nico la terrorizzava.
-Mi avete cercato? Mi dispiace mol...-
-Non ti ho chiesto questo. Perché eviti di rispondermi?-
Leonidas le si avvicinò, l'aria seria e il tono arrabbiato. Aida non l'aveva mai visto così, e non riusciva a capire il suo comportamento. Era molto brava a leggere le emozioni delle persone e lui sembrava...ferito?
Era come se mascherasse con la rabbia il fatto di esserci rimasto parecchio male per qualcosa.
Aida si convinse di essere nel torto, non aveva nessun senso tutto ciò.
Abbassò la testa, unendo le mani davanti al ventre.
-Sono andata nel bosco.-
-Nel bosco.- ripeté lui, con tono piatto. Aida carpì la preoccupazione che c'era dietro quel tono asciutto.
-Ho...ho guardato le stelle.- disse con tono sognante. Non le serviva nemmeno fingere, il ricordo di lei e Nico abbracciati nel prato era paragonabile ad un sogno. -Si vedevano così bene e...mi dispiace.-
La ragazza sembrava così sincera che Leonidas non poté restare arrabbiato con lei. Anche l'idea che la ragazza avesse potuto scappare da Perseus gli sembrava davvero da pazzi in quel momento.
La sorprese.
Prima che lei riuscisse ad alzare lo sguardo, si ritrovò tra le braccia del principe.
-Mi hai fatto preoccupare.- sussurrò.
Aida rimase a bocca aperta, senza sapere come comportarsi. Era molto più semplice stare tra le braccia di Nico, un semplice stalliere di corte, che tra quelle di Leonidas, il principe guerriero, erede al trono di Argos.
-Mi...mi dispiace.-
Lui la strinse un pochino di più. Aida sentì il petto scaldarsi.
-Promettimi che non te ne andrai mai senza dirmelo.-
-Come?-
-Te ne prego, non sopportarei di scoprire che sei scappata da me. Promettimelo.-
Aida sentì la verità colpirla in un istante, il senso di quelle parole diventare improvvisamente cristallino come l'acqua del fiume.
-Te lo prometto Leonidas. Non me ne andrò da te.-

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