Capitolo Tre

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La storia preferita di Aida era da sempre quella che aveva inventato quando la vecchia regina, la nonna della principessa, era morta.
La storia parlava di una coraggiosa ragazza che lottava per salvare se stessa e le sue amiche, mentre esse tentavano di trovare la dea Diana e unirsi alle sue Cacciatrici. Questa valorosa ragazza però si imbatteva in un giovane ragazzo, diverso da qualunque altro lei avesse mai conosciuto, di cui si innamora. L'amore è corrisposto, ma la ragazza non poteva ritirarsi dal compito di guidare le sue compagne dalla dea Diana. In una delle sue avventure, la ragazza si trova a combattete fianco a fianco con il giovane di cui è innamorata. Quando esso sta per essere ucciso la ragazza si mette in mezzo, uccidendo il mostro che lo minacciava ma pagando con la vita. Il giovane, disperato, chiede agli dei di trasformare la sua amata in una stella, così che lei possa brillare per sempre.
Quella fu la storia che raccontò al ragazzo, seduta nella sua tenda.
-Per il divino Efesto, certo che ci sai proprio fare!- esclamò il ragazzo quando lei disse la parola "fine". Lui si era seduto a terra, sul tappeto che faceva da pavimento alla tenda e aveva ascoltato tutta la storia senza staccare gli occhi dalla ragazza.
-Ve l'ho detto, sono una schiava da compagnia, so intrattenere bene il mio padrone.-
Il ragazzo abbassò la testa e il sorriso gli si spense.
-Non mi piace che tu mi consideri come un "padrone".-
Aida rimase zitta.
-È tardi.- disse infine alzandosi dalla sedia. -È meglio che voi vi riposiate, sono certa che domani avrete importanti faccende da sbrigare.-
Lui si alzò dal pavimento. -Domani partiremo per tornare a casa.- poi arrossì leggermente. -Scusa, a casa mia.-
-Ora è anche casa mia.- rispose la ragazza, anche se non era sicura di quelle parole. Lui annuì con poca convinzione.
Lei gli si avvicinò e lui alzò la testa di scatto.
-Cosa...-
-Non vorrete dormire con l'armatura spero.-
Il ragazzo divenne completamente rosso. -Io...preferirei cambiarmi da solo. Ti...ti dispiace voltarti?-
La ragazza era stupita. Un padrone che non vuole farsi aiutare? La principessa si faceva sempre assistere quando si cambiava e anche i suoi fratelli. Aida aveva preparato alla notte milioni di volte tutti i figli del suo sovrano, che fossero più grandi o più piccoli di lei, che fosse la principessa o i principi.
Ma mai nessuno aveva rifiutato il suo aiuto.
Ma si voltò, guardando la tela che faceva da parete e attese il permesso di voltarsi.
-Ho finito.-
Leonidas indossava una semplice tunica color crema (una sorta di antenato di quello che per noi oggi è il pigiama) e aveva le guance un po' rosse di imbarazzo.
-Vi serve nient'altro?- chiese la ragazza e lui sembrò riscuotersi dai propri pensieri.
-Io...ho appena pensato che non ho un cambio da darti per la notte.-
La ragazza era sempre più stupita dal comportamento di quel ragazzo. Si chiese se i greci fossero tutti così.
-Vi ringrazio per l'enorme interesse, ma non vi scomodate vi prego, dormirò anche col mio abito attuale.- disse abbassando lo sguardo su ciò che indossava. Si rese conto solo in quel momento di quanto fosse conciata male, piena di terra e con i sandali rotti. Anche lui lo notò e scosse la testa vigorosamente. Aprì una sacca e tirò fuori una tunica identica a quella che indossava, poi gliela porse tentando di evitare lo sguardo della ragazza e con le guance rosse.
-Non è molto femminile, ma non posso permetterti di dormire con addosso il sangue dei romani.-
Il modo in cui pronunciò la parola "romani" diede ad Aida un leggere brivido, ma rifiutò l'offerta.
-Non posso accettare.-
Lui le prese le mani e ci appoggiò sopra la tunica. -È un ordine.- disse con quel suo modo dolce, che non lo faceva sembrare per nulla minaccioso o autoritario, solo buffo e altruista.
Lei esitò, ma poi appoggiò la veste sulla sedia e cominciò a tirarsi su la toga. Il ragazzo avvampò e si voltò immediatamente, lasciando la ragazza ancora più perplessa.
Nessuno si era mai voltato mentre si cambiava, per il semplice fatto che nessuno si curava della privacy di una schiava, sopratutto tenendo conto che era lei a cambiare e lavare i propri padroni.
Si sorprese a pensare che fosse carino quel gesto, così insolito per un soldato.
Quando si fu infilata la tunica lo avvertì e lui si voltò, ancora rosso in viso. La guardò con un sorriso sulle labbra. -Ti sta bene.-
-Vi ringrazio.-
Leonidas passò l'attenzione al letto singolo all'interno della tenda.
-Non ho pensato nemmeno ad un posto dove farti dormire, sono davvero uno sciocco.-
-Dormirò sulla sedia, non vi scomodate.-
Il greco la guardò come se avesse appena detto una pazzia. -Sulla sedia? Quale uomo lascerebbe dormire una fanciulla su una sedia? Al massimo, ci dovrei dormire io.-
-Non potrei mai rubarvi il letto.- ribatté lei decisa. Anche se era diventata di proprietà greca non avrebbe abbandonato le buone tradizioni con cui era cresciuta. Era la schiava a doversi arrangiare, anche a costo di dormire sul pavimento.
-Mi rifiuto. Tu dormirai nel mio letto e io...-
Le guance di Leonidas andarono a fuoco di nuovo. Il ragazzo ringraziò gli dei di aver imparato a tenere sotto controllo il proprio potere, o avrebbe preso fuoco per davvero.
Un'idea folle gli era passata per la testa. Dormire nello stesso letto con una schiava? Impensabile.
Eppure...
-Prenderò una coperta.- disse alla fine, tentando di non balbettare. -Tu sdraiati pure.-
La ragazza andò con poca convinzione verso il giaciglio e si sedette sul materasso, studiandone la fattura. Intanto il soldato estrasse una coperta dalla sacca e la sistemò a terra, stendendocisi poi sopra.
-Sono sicuro che la Grecia ti piacerà Aida.- disse guardando la ragazza che si stendeva sotto le lenzuola.
Lei non rispose.
-Buonanotte, Aida.-
-Vi auguro una nottata tranquilla, mio signore.-
A Leo batté il cuore.
"Mio signore".
Era una schiava, era abituata a chiamare in quel modo chi la possedeva, ma Leo non era così.
E sentire quella ragazza chiamarlo in quel modo gli faceva uno strano effetto.
Si domandò se non avesse fatto come la guerriera della storia, innamorandosi di qualcuno che non poteva avere a causa del proprio dovere. Si ritrovò a pensare a cosa sarebbe successo se avesse sacrificato la propria vita per salvare quella di quella ragazza romana che era schiava da chissà quanto tempo.
Si ripromise di interessarsi a lei, una volta giunti in Grecia.
Le avrebbe chiesto la sua storia, cosa pensava, come si sentiva.
Non aveva preteso quella ragazza per trattarla come una schiava, quello gli era ben chiaro.
Ma non sapeva quanto fosse corretto pensare quelle cose di una semplice serva romana.

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