9-Vuoi una foto?

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I miei genitori mi avevano impedito di partecipare alla loro conversazione con Greg e stavo letteralmente morendo dentro. Non me lo sarei mai perdonata se lo avessero licenziato per colpa mia.
Venni distratta da suono del mio cellulare e mi allungai verso il comodino per prenderlo. Jacob.
Voleva sicuramente sapere se i miei genitori mi avessero rimproverata, dal momento che erano stati molto freddi davanti al parco.

Io e Jacob non avevamo mai parlato al telefono, a pensarci bene mi sembrava una cosa piuttosto strana e avevo paura che la mia voce potesse uscire un po' come quella di un orco.
Trascinai la cornetta verde e portai il telefono all'orecchio.

"Ehi". Dissi, pentendomi subito del tono usato.

"Ehi, sei arrivata sana e salva?". Chiese. La sua voce, al telefono, era ancora più sexy che dal vivo.
Ma come diavolo fanno i maschi?

"Si, grazie per esserti preoccupato". Sorrisi come una stupida, come se lui potesse vedermi.

"È il minimo". Disse, e poi sentii degli strani rumori, probabilmente si stava muovendo. "Spero che tuo padre non si sia arrabbiato, ci tengo ad entrare nelle grazie di mio suocero".
Lo sentii ridacchiare.

Suo che?

"Hai già reso la cosa ufficiale?". Chiesi, poggiandomi alla spalliera del letto in attesa della sua risposta.

"Beh, considerando che sono nella fase in cui ucciderei chiunque osasse avvicinarsi a te, direi di si, le ho ufficializzate". Il suo tono di voce mi parve tremendamente fiero di ciò he aveva appena detto.

"In teoria, dovresti chiederlo a me". Aggiunsi.

"Tanto mi diresti di si".

"Ne sei sicuro? Guarda che la convinzione uccide". Giocai distrattamente con i capelli.

"Ma...se mi hai sbattuto contro il cancello!".
Esclamò.
Spalancai la bocca.

"Io non ti ho 'sbattuto' contro il cancello". Mi difesi. "Ti ho dato un semplice bacio".

"Era un bacio molto, molto intenso". Mi corresse. "Ti credevo una timida micetta e invece ti sei dimostrata una tigre affamata".

"La conversazione finisce qui". Scossi la testa, senza riuscire a reprimere un sorriso.

"Okay, okay, scusami". Addolcì la voce. "Non volevo infastidirti".

"Non lo hai fatto". Mi affrettai a rispondergli. Ero passata dal commiserarmi piangendo al sorridere come un'ebete. Parlare con lui mi aveva calmata, anche solo per telefono.
Sentii nuovamente dei rumori.

"Scusami, sei in viva voce". Mi avvertì.

Sbarrai gli occhi.
"Sei in pubblico?".

"No, solo che dovevo mettere il pigiama quindi ho poggiato il telefono sulla scrivania". Disse.

"Lo hai messo?". Chiesi.
Ma che diamine di domanda era?
Porca la cicuta di Socrate, non ne facevo una giusta!

"Il pigiama? No, sono ancora in mutande...". Lo sentii ridere.
Mi passai una mano sul viso, in completo imbarazzo.
"Vuoi una foto?". Chiese poi.

"In mutande?". Rimasi a bocca aperta.

"Intendevo del pigiama, ma se vuoi te la mando in mutande, basta chiedere". Rise.

"Dio, che figura di merda..". Sussurrai, ma evidentemente lui riuscì a sentirlo perché le sue risate aumentarono.

"Ho appena messo i pantaloni". Mi avvertì. "Per tua sfortuna anche la maglia". Aggiunse.

"Sei un idiota". Constatai.

"È una delle mie qualità". Disse. "Senti...ti va se domani andiamo a pranzo insieme?".

Finché il cuore batteUnde poveștirile trăiesc. Descoperă acum