Nono capitolo.

652 36 0
                                    

Nono capitolo.

La mia stanza è più spaziosa di quanto immaginassi. Le pareti sono rosa pallido, mentre il soffitto è di un candido bianco che se lo si guarda troppo, da le vertigini. Un armadio a tutta parete occupa buona parte del perimetro inamidato: è in legno scuro ed è più grande di circa metà della camera. Il letto è a baldacchino, più imponente di qualsiasi altro letto matrimoniale. Il materasso è rivestito da un lenzuolo azzurro che spunta da sotto i cuscini sparsi qua e là. La testiera è in ferro battuto e a forma di sole: un’immagine sbarazzina ma allo stesso tempo sobria nel complesso. Lascio scorrere una mano sulle colonne rococò, tastando con delicatezza il materiale solido. Ispeziono con occhi vitrei il resto della stanza, passandone in rassegna tutti i dettagli. Davanti al letto, spostato di qualche metro, è posizionato un divano Chesterfield in pelle. Mi chiedo che senso abbia. Sollevo le spalle, spostando la mia attenzione a una porta in legno d’acero a due passi dalla finestra. Mi tolgo il giacchettino in pelle che Camice Blu mi ha imprestato, facendolo scivolare dalle spalle e abbandonandolo sul bordo del letto. Arriccio la punta del naso, curiosa di scoprire di più su tutto ciò che mi circonda. Mi avvicino lentamente alla porta, aprendola con una lieve pressione della mano: era socchiusa. Un bagno in stile francese entra a far parte del mio campo visivo, lasciandomi di stucco. Cavolo, pure il bagno personale? La mia vocina interiore fischia. Questo sì che significa poterselo permettere. Circondo lo stipite con una mano, appoggiandomi alla parete. Il lavandino è asciutto e ha tutta l’aria di non essere usato da molti anni, come del resto il water e la stessa vasca da bagno, dalla quale sbucano delle sporgenze in metallo per l’idromassaggio. All’ improvviso mi sento sporca, mentre la mia vocina interiore mi ricorda maligna che ho assolutamente bisogno di una doccia purificante. Mi mordo il labbro inferiore, guardandomi intorno. Infondo questa è camera mia, e ne ho tutto il diritto, eppure non riesco ad ignorare la fitta di disagio che mi fa vacillare all’indietro. Forse non dovrei. Forse prima dovrei chiedergli se non sia un problema. Ma che sciocchezze sono queste? Certo che non è un problema. Mi riscuoto da quella marea di stupidaggini, prendendo una decisione. Ho bisogno di lavarmi, al diavolo. Abbandono lo stipite, lasciando ricadere il braccio lungo il mio fianco ossuto. Ripenso alle parole di Zayn. “Enorme culo”, ha detto. Forse ha ragione, forse dovrei perdere uno o due chili. Arriccio le labbra in una smorfia a quella nuova prospettiva, rimandando a dopo il conflitto di interessi con il mio corpo. Afferro l’orlo della maglietta con dita tremanti. La mia vocina interiore esce dal suo nascondiglio, osservandomi con circospezione. “Sei sicura di volerti spogliare qui? Lui potrebbe entrare e vederti.” Bisbiglia. Alzo gli occhi al cielo. Non ha tutti i torti. Entro in bagno, chiudendo la porta alle mie spalle con un giro di chiave. Ecco, così dovrebbe andare bene. Annuisco, contemplando la ragazza diafana che mi osserva dallo specchio. Sono pallida, mentre i lunghi capelli biondi mi ricadono sulle spalle senza troppa fatica. Due occhi castani scivolano lungo le mie braccia, due occhi troppo grandi per un viso troppo piccolo, constato. Sbuffo, amareggiata dalla direzione che i miei pensieri hanno preso. Riprendo da dove mi ero interrotta, sfilandomi la maglietta da sopra la testa. Stringo il tessuto tra le mani, lasciandolo cadere sul pavimento lucido. Eseguo la stessa operazione con i jeans, sollevando prima un piede, poi l’altro, per uscire dalla stoffa. Mi volto. Osservo la vasca da bagno come se si trattasse di una preda. Inclino il viso di lato, allungando un braccio per aprire il getto d’acqua. Infilo una mano sotto la cascata trasparente. Ahi. E’ bollente. Regolo la temperatura, assicurandomi che non sia né troppo fredda, né troppo calda. Annuisco soddisfatta. Ora devo fare i conti con la biancheria intima. Slaccio il reggiseno, abbandonandolo sul porta asciugamani insieme agli slip logorati. Ora sono pronta. Faccio un respiro profondo e sollevo un piede, entrando in contatto con la superficie bagnata e scivolosa della vasca da bagno. Non avendo considerato l’ultima ipotesi, doso male la quantità di equilibrio e in un batter d’occhio mi ritrovo con il sedere per terra. Cazzo, che male. Digrigno i denti.

Ad un passo da te. (IN REVISIONE)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora