Quinto capitolo.

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Quinto capitolo.

Il sorriso non lo perder mai, qualunque cosa ti accada.

Sono nei guai fino al collo.
Cerco, disperatamente, una scusa quantomeno convincente. La realtà, purtroppo, è che non ho giustificazioni. Ho sbagliato. Non avevo alcun diritto, di mettere il naso tra le sue cose.
Arriccio le labbra, dispiaciuta. Non ho il coraggio di parlare. Qualsiasi frase, giusta o sbagliata che sia, mi si ritorcerebbe contro. Perciò, resto in silenzio.
Il senso di colpa è corrosivo. Non so per quanto, ancora, riuscirò a resistere.
Abbasso lo sguardo, vergognandomi da morire. Infondo, me la sono andata a cercare. Scuoto il viso, rimproverando me stessa per la sua testardaggine.
Devo chiedergli scusa. Per lo meno, devo provarci.
Ciononostante, non voglio che se ne vada: la sola idea, mi terrorizza.
Inspiro quanta più aria mi sia concessa. Non so quanto sia arrabbiato da 1 a 10, ma, ad ogni modo, devo pensare positivo. Forse, dopotutto, mi perdonerà.
"Prima che tu possa dire qualcosa.."
Azzardo, guardandolo con la coda dell'occhio.
Camice Blu, dal canto suo, inarca entrambe le sopracciglia, sgomento.
Prima che io abbia il tempo, per proseguire, mi interrompe, sollevando una mano.
"Stai scherzando?"
Una risata amara segue le sue parole, facendomi sentire un'inetta.
"Credimi, sono oltre il limite."
Camice Blu gesticola, passeggiando da una parte all'altra della stanza, inquieto.
Non protesto: merito gran parte delle cose a cui sta pensando.
Nel frattempo, stringe il carcapersone in una mano, chiudendola, successivamente, a pugno. I suoi occhi diventando due pozze oscure, mentre il muscolo della sua mascella guizza, contraendosi.
Mio malgrado, non so che cosa fare, per poter porre rimedio al mio sbaglio.
"Gesù, Josephine! Parla!"
Il tono della sua voce si alza di parecchie ottave, mentre mi inveisce contro.
Rabbrividisco, presa alla sprovvista. È la prima volta, che lo vedo così.
"Mi dispiace" mormoro; è tutto ciò di cui, ora come ora, sono in grado.
Sporgo il labbro inferiore in avanti, sentendomi mortificata.
"Fanculo, Jos. Non me ne faccio nulla delle tue scuse."
"Cosa vuoi che ti dica, allora?"
Vorrei tanto poter tornare indietro nel tempo, ma i fatti, purtroppo, non possono essere cambiati.
"Josephine, non prendermi per il culo."
Zayn si passa una mano tra i capelli, al limite della frustrazione.
Non si è fermato un attimo; è da più di mezz'ora che, imperterrito, continua a camminare.
"Dimmi chi cazzo ti ha dato il permesso di prenderlo" sbraita, mostrandomi il carcapersone. "Che cosa stavi cercando?"
"Io.."
Non so che cosa rispondergli.
Per farmi i fatti tuoi? Perchè ero troppo curiosa, da poter resistere? Perchè volevo vedere che ore fossero?
Le parole mi muoiono in gola.
Scuoto il viso, incapace di mettere in ordine tutta questa confusione.
Se c'è una persona da incolpare, quella sono io.
"Tu, cosa?" Quasi ringhia.
"Non lo so" sussurro, chiudendo, per un istante, gli occhi.
"Josephine, non sopporto quando la gente mette le mani dove non dovrebbe. Perchè lo hai fatto?"
Le braccia gli ricadono lungo i fianchi snelli; le mani si chiudono a pugno e, inevitabilmente, le sue nocche si tingono di bianco.
Ancora una volta, non dico niente.
"Per l'amor di Dio, rispondi."
"Non c'è un motivo, va bene?"
Sebbene sia in torto marcio, non posso farne a meno: alzo, a mia volta, la voce.
Irrazionalmente, mi viene da piangere. Gli occhi, nonostante gli sforzi, mi si riempiono di lacrime.
Cerco di ingoiare il nodo che ho in gola, sebbene sia doloroso.
Camice Blu impreca a bassa voce, afferrandosi il labbro inferiore tra i denti. I muscoli del braccio guizzano sotto pelle, facendone tremare i tessuti.
"Ci vediamo dopo."
Si china a prendere la maglietta gettata ai piedi del letto, indossandola in fretta e furia.
Raccoglie le scarpe e, guardandomi con risentimento, se ne va.
Seguo con lo sguardo i suoi movimenti, sussultando, non appena sento la porta sbattere.

Il resto della giornata sembra trascorrere, tutto sommato, in tranquillità. Non ho più avuto sue notizie, nonostante abbia chiesto, più e più volte, di lui.
Sono irrequieta.
Non riesco a conciliare la sua reazione con quanto successo.
"Non sopporto quando la gente mette le mani dove non dovrebbe."
Sebbene sia piuttosto plausibile, non credo, allo stesso modo, che possa essere possibile. Sicuramente, c'è dell'altro.
Sento che, da un momento all'altro, potrei esplodere. È come se, per certi versi, il mio corpo fosse in sovraccarico.
"Si può?"
Una voce familiare mi distrae.
Sbircio, allungando il viso in direzione di Martha, una delle infermiere.
"Prego."
L'odore nauseante del cibo mi fa rivoltare lo stomaco.
Martha entra, seguita da un carrello.
"Dio, i broccoli?"
Alzo gli occhi al cielo, disgustata.
"Mi spiace, Jos" mormora, avvicinandosi; il suo corpo minuto, a dispetto dei suoi quarant'anni, le da un'aria infantile.
Mi metto seduta, legandomi i capelli in una coda di cavallo.
"Lo stufato di pollo..." piagnucolo, passandomi una mano sul viso.
"Buon appetito, tesoro."
Martha mi da una pacca sulla spalla, andandosene.
Guardo, con rassegnazione, il mio piatto, separando i broccoli dalla carne; non che abbia intenzione di mangiarli entrambi.
La mia attenzione cade, improvvisamente, sul budino.
Non lo avevo visto.
Metto da parte il piatto, prendendo un cucchiaino in plastica, nascosto tra i tovaglioli e le altre posate.
Scarto la confezione come una bambina durante il giorno di natale.
Le mie papille gustative, a contatto con il cioccolato, fanno i salti di gioia, non potendo chiedere di meglio.
Mugolo in segno di approvazione. 

Ormai, sono le tre di pomeriggio.
A quest'ora, tutti dormono.
Sono sicura che, di certo, riposare sarebbe, almeno per quanto mi riguarda, un privilegio. Eppure, non ci riesco.
Sbuffo, annoiata.
Probabilmente, se Camice Blu fosse stato  qui, il mio pomeriggio si sarebbe svolto in maniera diversa.
Camera mia è una delle poche a non avere la televisione. Non so neanche dove sia il mio cellulare: sempre ammesso che ne abbia uno.
Mi sento in prigione.
Comincio a contare i pois sul mio camice, indicandoli, mano a mano, con l'indice. 
Per quanto assurdo, il mio strano passatempo mi aiuta, in qualche modo, a non contare, ossessivamente, i minuti che scorrono.

Camice Blu, tutt'ora, non mi parla.
L'ho visto cinque secondi, durante una trasfusione, ma, tuttavia, continuo a sentirne la mancanza.
La mia pazienza, nonostante tutto, sta giungendo al limite.
La solitudine mi opprime, soffocandomi.
Sebbene mi costi ammetterlo, al momento, ho bisogno di lui. 
Rivolgo lo sguardo verso il soffitto, osservandone le striature.
Non ho cenato; mi sono rifiutata.
Mi brontola lo stomaco e, nel giro di pochi istanti, la mia immaginazione comincia, inaspettatamente, a giocarmi brutti scherzi.
Ho voglia di un budino.
"Ehi."
Vengo riportata, bruscamente, alla realtà.
Mi giro, stringendo il lenzuolo tra le dita.
"Zayn?"
I battiti del mio cuore, per quanto ridicolo, cominciano ad aumentare, impercettibilmente.
Sollevo le labbra in un sorriso.
Dopotutto, c'è ancora speranza.
"Ciao" mormoro, arrossendo: è qui.
"Devo cambiarti la flebo."
"Uh.."
La delusione traspare dal mio tono di voce.
"Ho parlato con il primario. Ha detto che puoi tornare ad essere una mia paziente. In cambio, gli ho garantito che il nostro rapporto, d'ora in poi, sarà solo di carattere professionale."
"Stupendo.."
Annuisco, deglutendo. Il sorriso, piano piano, si affievolisce, fino a scomparire.
Dentro di me, al contrario, mi sento instabile.
Camice Blu allunga una mano verso la sacca di soluzione salina, staccandola e sostituendola con una nuova.
"Sei ancora arrabbiato con me?"
"Non mi sembra il caso, adesso."
"Ti ho detto che mi dispiace!"
"Non mi interessa."
Si sfrega le mani sul camice, girandosi dall'altra parte.
"Ho finito. Buonanotte."
Vorrei fermarlo, ma, allo stesso tempo, so che sarebbe inutile.
"Buonanotte."

Ad un passo da te. (IN REVISIONE)Where stories live. Discover now