Quarto capitolo.

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Quarto capitolo.

We are one and the same.

Su di noi cala un silenzio carico di tensione, parole non dette e promesse mai mantenute.
Sbatto le palpebre più volte, sforzandomi di mandare giù il boccone amaro. Per quanto mi sia concesso, non riesco ancora a crederci.
Ignoro la fitta al petto, costringendomi a sollevare le labbra in un sorriso forzato.
"Oh" mormoro; è tutto ciò che riesco a dire. Il nodo che ho in gola, per quanto eccessivo, si fa sempre più grande, rendendo tutto ancora più difficile. Ciononostante, devo essere razionale e, una volta tanto, mettere a tacere le mie emozioni.
"Va bene."
Annuisco, cercando di apparire il più convinta possibile. In realtà, più vado avanti, più sento di star perdendo ogni qualsivoglia di motivazione, per non dare di matto.
Camice Blu è stata l'unica persona che, dopo aver perso la memoria, mi è stato accanto senza remore. Anzi, a dirla tutta, è stata la prima persona in assoluto che, da quando mi sono risvegliata dal coma, si è fatto in quattro per me.
Zayn, allungando una mano nella mia direzione, mi accarezza una guancia, scendendo, successivamente, a sfiorarmi l'incavo del collo.
Il suo tocco lascia una scia incandescente, e mi è impossibile non rabbrividire. Chiudo gli occhi, assaporandone ogni istante.
"Ascolta.."
In questo momento, non voglio sentir altro, se non le sue carezze.
"Sarebbe un problema, se per stanotte restassi qui?"
Per un attimo, la mia percezione del futuro, cambia inevitabilmente. Lo guardo, incredula e allo stesso tempo estasiata. Appoggio una mano sul suo polso, interrompendone i movimenti: riescono, facilmente, a farmi perdere la concentrazione.
"Hai appena finito di dirmi che, purtroppo, non si può, giusto?"
Anche se, e negarlo sarebbe inutile, l'idea non è niente male, non voglio che vada nei casini per colpa mia.
Camice Blu gira attorno al mio letto, raggiungendone la zona accessibile. Scosta il lenzuolo con un unico movimento, ed io smetto quasi di respirare.
"Si, ma non ho mai detto che me ne sarebbe importato."
Al suono delle sue parole, è inevitabile, un sorriso a trentadue denti fa capolinea sul mio viso. Probabilmente, non smetterà mai di sorprendermi, ed io non smetterò mai di conoscerlo.
Mi sposto, facendogli un po' di spazio. Il letto è piccolo, non so come faremo a starci tutti e due.
Camice Blu allunga il collo verso la porta.
"Non si sa mai."
"Dove vai?"
"Non ti muovere."
Inclino il viso di lato, cogliendo l'ironia nel suo tono di voce. Le flebo, per quanto fastidiose, sono ancora tutte al loro posto. Sollevo le spalle, sconsolata.
Nel frattempo, Zayn raggiunge con poche falcate la porta, socchiudendola. Lancia un'occhiata prima a destra, e poi a sinistra, controllando, suppongo, il corridoio.
"Via libera" bisbiglia.
Ridacchio, appoggiando la testa sul cuscino.
"Sai, dovrebbero soprannomimarti Agente 007."
Faccio del mio meglio, per non scoppiargli a ridere in faccia, di nuovo.
Camice Blu torna indietro, fulminandomi con un'occhiata assassina. Ma, sotto sotto, so che, nel suo piccolo, anche lui si sta divertendo.
Si toglie le scarpe e i calzini, afferrando, poi, l'orlo della maglietta.
Seguo ogni suo movimento, inumidendomi le labbra.
Si libera, in un men che non si dica, del tessuto ingombrante, mettendo in mostra un fisico scolpito.
Lascio scivolare lo sguardo lungo i pettorali, per poi osservare, lasciva, i suoi addominali.
All'improvviso, ho la gola secca e la temperatura nella stanza aumenta senza alcuna spiegazione logica.
Camice Blu mi fa l'occhiolino, perfettamente consapevole dell'effetto che ha sulle donne, ma soprattutto su di me. Figlio di puttana. Inspiro dal naso, cercando di focalizzare la mia attenzione su qualcosa di più costruttivo.
Con la coda dell'occhio, però, lo vedo farsi sempre più vicino. Il suo braccio sfiora, accidentalmente, il mio, mentre si distende. Si copre il busto con il lenzuolo, girandosi sul fianco. Comincio a pensare che non sia stata una buona idea.
"Buonanotte, Josephine" sussurra: le labbra vicine al mio orecchio. Rabbrividisco, deglutendo rumorosamente.
"Buonanotte" gracchio in risposta: la voce tesa come una corda di violino.

Mi sveglio di soprassalto, madida di sudore.
Respiro affannosamente, premendomi una mano sul petto, sconquassata dall'incubo appena consumato.
Mi guardo intorno, cercando di capire dove sono. Poi, ricordo.
Il braccio di Zayn mi circonda la vita, tenendomi stretta a sé. Quasi me ne ero dimenticata.
Inclino il viso all'indietro e chiudo gli occhi, riprendendo fiato. Mi siedo, facendo attenzione a non fare movimenti bruschi: non voglio che si svegli.
Sento il suo respiro pacato e regolare, e automaticamente, mi rilasso a mia volta. Ancora, non capisco come sia possibile. Ogni volta, anche se incosciente, ha il potere di mettere a tacere le mie paure.
La mia attenzione viene catturata dal suo cercapersone. Deve essersene liberato, non appena essersi messo a letto. È appoggiato sul comodino e sta lampeggiando.
La curiosità, per qualche strana ragione, mi divora. Provo l'impulso irrefrenabile, di dare un'occhiata.
Non sarebbe giusto. Lo so. Ma allo stesso tempo, sento le mani prudermi, tanto è forte il desiderio di farlo.
Camice Blu dorme come un sasso. Mordendomi il labbro inferiore, mi allungo verso il comodino. Accidentalmente, gli sfioro il viso con un braccio. Zayn si muove, biascicando e rigirandosi inquieto.
Rimango immobile, trattenendo il respiro. Non so perchè lo sto facendo. Eppure, lasciar perdere sarebbe deleterio.
Non appena mi accorgo di avere via libera, afferro il cercapersone, facendo il più in fretta possibile.
Premo una serie di tasti, non sapendo quale sia quello giusto. Non ho la più pallida idea di come si usi. Lo rigiro tra le mani, escogitando un modo, per accedere alla sua casella privata.
Schiaccio al centro, assottigliando gli occhi. Il buio, di certo, non mi è di aiuto.
Un nome appare in sovraimpressione: "Amber".
Sento una stretta allo stomaco. La probabilità che possa essere fidanzato, mi travolge. Un moto di gelosia irrazionale mi gela il sangue nelle vene.
Sebbene tra noi ci sia solo amicizia, la sola idea mi fa impazzire.

"Sveglia, dormigliona."
Mugolo nel sonno, arricciando la punta del naso. Il palmo di una mano mi sfiora la fronte, accarezzandone la pelle.
Sposto il braccio, colpendo il muro.
"Cazzo."
Il muro parla. Apro gli occhi, rendendomi conto che il muro, in realtà, non è un muro, bensì Camice Blu.
Sbadiglio, trattenendo a stento una risata.
"Scusami" biascico, stiracchiandomi; mi sento ancora intorpidita.
Eppure, escludendo l'incubo, mi rendo conto di aver dormito meravigliosamente bene.
"Come no" borbotta Zayn, massaggiandosi la parte lesa dalla sottoscritta. "Mi hai fatto male" piagnucola, imbronciando le labbra.
Scoppio a ridere, mordendomi la lingua, per non dire ciò che penso.
"Ridi. Ridi pure."
Mi accascio sul letto, scossa dagli spasmi, mentre continuo a ridere senza sosta. Gli occhi, mio malgrado, cominciano a lacrimarmi per lo sforzo.
"Smettila."
Mi arriva una gomitata sul fianco, che mi fa fremere dal dolore. Sussulto, schiudendo le labbra in un gemito.
"Merda. Mi dispiace, Jos."
Inspiro ed espiro. Inspiro ed espiro. Fitte acute si riverberano in tutto il mio corpo, immobilizzandone ogni articolazione.

Le tapparelle sono alzate, la finestra è aperta. Il sole splende alto nel cielo; le nuvole dell'altro giorno, ormai, sono solo un vecchio ricordo.
Picchietto, impaziente, il dito contro il lenzuolo, aspettando che l'infermiera, come da routine, finisca di visitarmi.
Prima di andarsene, mi rivolge un sorriso radioso. Ricambio per educazione, accennando un timido saluto con la mano.
La seguo con lo sguardo, mentre se ne va.
Non appena sento la porta chiudersi, mi accingo a sporgermi verso il pavimento.
"Se ne è andata" bisbiglio, complice.
Camice Blu, dal canto suo, sospira, gattonando fuori dal suo nascondiglio.
"Ma lo puliscono mai questo posto?"
La sua voce è disgustata.
Nel frattempo, mi mostra i palmi sucidi delle mani: sono ricoperti di polvere e capelli.
Storco la bocca, osservando i suoi vestiti.
"A giudicare dai tuoi pantaloni, lo hai appena fatto tu."
Zayn si alza, abbassando lo sguardo sui suoi pantaloni. Inarca un sopracciglio, alzando gli occhi al cielo.
"Dio, che schifo."
Comincia a sfregare, con incessante insistenza, le parti macchiate.
"Devo farmi una doccia."
Non potrei essere più che d'accordo con lui.
Mi abbandono contro la testiera del letto, muovendo le dita dei piedi al di sotto del lenzuolo.
"E questo?"
Il suo cercapersone, d'un tratto, spunta da non so dove. Divento bianca come un cencio, osservando la sua espressione mutare dall'incredula, all'arrabbiata in neanche cinque secondi.
Ero convinta di averlo rimesso al suo posto. Ma, a quanto pare, mi sbagliavo.

Ad un passo da te. (IN REVISIONE)Where stories live. Discover now