Capitolo Quattro.

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«Adoro l'atmosfera natalizia!» esclama Fusako posando una tazza di latte e cioccolato sulla mia scrivania. Lo schermo spento davanti a me mi mostra due occhiaie più scure del mio umore in questo momento, quindi mi giro verso la finestra. Non che sia una visione migliore, comunque: in ogni angolo del quartiere ci sono coppiette che si tengono per mano e ammirano le vetrine.
«Patetico. Solo perché hai di nuovo un fidanzato sembra che nella tua testa ci siano solo cuoricini.»
«È bello essere felici. Il coreano ti ha più scritto?»
Pensavo sarebbe stato un errore raccontarle dello sconosciuto, e infatti avevo ragione. A causa sua quella persona continua a perseguitarmi, ogni giorno sono spinta da chissà quale entità a controllare il mio account su quel sito, ma ricevo solo richieste da ultra cinquantenni vogliosi. Neanche mezzo messaggio.
«Non ho tempo da perdere a controllare quello stupido sito per disperati.»
«Mh, ne sei sicura?»
Mi giro verso di lei facendo scricchiolare la sedia girevole, che ormai ha preso la forma del mio sedere, e le punto un dito contro.
«Io da domani sono in ferie.»

Mi rotolo tra le coperte del futon, felice, ma subito dei rumori mi fanno svegliare del tutto.
«Chiunque tu sia, non ti è permesso fare tutto questo baccano il sabato mattina. E ti insegnerò la lezione come si deve.»
Apro la porta della mia stanza, furiosa, per notare Sophia con il manico di una padella in mano.
La guardo, mi guarda. Sospiriamo.
«Tamagoyaki?»
Scuoto la testa e sbadiglio.
«Al sapore di pavimento!»

Passeggiando per le strade più in di Tokyo non si può fare a meno di notare come i negozi non facciano altro che metterti ansia su ogni cosa.
"Tra poco è Natale e non hai ancora comprato un regalo per la tua ragazza? Vieni da noi, le offerte stanno per finire!"
"Non hai un ragazzo? Fai un regalo speciale alle tue amiche!"
"Anche i genitori meritano un bianco Natale!"
Supero l'ennesima ragazzina che mi porge un volantino di un caffè per donne single e mi infilo nel primo negozio non troppo vistoso.
Una sciarpa dovrebbe andare bene per Sophia, o forse sarebbe meglio regalarle un paio di bacchette per bambini. Supero alcuni scaffali e mi fermo davanti alle merendine confezionate, alle quali non riesco mai a dire di no.
Afferro una confezione di Pocky al caramello, i miei preferiti, e lo rigiro tra le mani, indecisa.
Un'ombra alla mia destra mi fa subito alzare lo sguardo: l'unico dettaglio visibile sono gli occhi a mandorla. Il volto è coperto da una mascherina e dalla visiera del cappellino. Mi allontano di un passo, rimettendo a posto i dolci: per questa volta rinuncerò.
Cambio corsia, giusto perché la presenza di un tizio sospetto come lui mi fa sentire a disagio e vado di nuovo a dare un'occhiata alle sciarpe. Non sono un granché, ma alla fine basta che tengano caldo abbastanza.
Sono indecisa, così mi mordo il labbro e mi metto a fare la conta tra le due, come se fossi una bambina delle elementari.
«Tu.» indico la sciarpa azzurra a pois gialli e stelle rosa e la prendo in mano accarezzando il tessuto morbido con le dita.
Una risata dall'altra parte dello scaffale mi fa spalancare gli occhi: il tizio sospetto mi stava guardando mentre facevo la conta da uno spazio vuoto sulla mensola.
Trattengo il fiato, le mie gote esplodono in un color ciliegia e mi allontano a passo svelto sperando di non incontrarlo più.
Sento il cuore battere all'impazzata: che figura imbarazzante! Non ci posso credere. Io, derisa da chissà quale tizio problematico.
Mi allontano nella zona cosmetici che, nonostante sia più sicura, è più vicina all'entrata del negozio e più soggetta alle visite di altre persone, ma non mi importa.
Passo chissà quanti minuti analizzando maschere per il viso, indecisa se sia meglio una maschera rivitalizzante all'argilla o una maschera peel off al melograno e champagne. Sento l'orologio segnare le sette, fuori è buio e le luci si riflettono minuziosamente negli occhi delle persone che passeggiano fuori dalla vetrina del negozio nel quale mi trovo.
Per la terza volta il mio sguardo incontra la figura del tizio strambo intenta, questa volta, a messaggiare con il suo telefono. Quel gesto mi ricorda di controllare il sito, appena sarò tornata a casa.

È una fortuna che Sophia non sia in casa, in questo momento, altrimenti mi avrebbe vista dare pugni al mio cuscino ripetutamente. Quel puntino blu, finalmente, non mi riserva solo cinquantenni pervertiti. Finalmente, ripeto, è apparso un suo messaggio: il tizio misterioso è vivo.

"Sono stato molto occupato, mi dispiace molto farmi vivo solo ora."
"Ti ho fatto pensare? Tu mi hai letteralmente scavato nel cervello! Scusa se sono così diretto, il freddo di Tokyo penso mi abbia dato alla testa ;)"

"Ti trovi a Tokyo?"

"Sì, starò qui fino al giorno dopo Natale, poi dovrò ripartire per la Corea. Vorresti vedermi, forse? ;)))"

«Presuntuoso.»
Mi giro a pancia in su sul futon e trattengo un sorriso con tutti i muscoli facciali che me lo consentono.
Non faccio in tempo a rispondere, tralasciando che non avrei saputo che dire, che arriva un altro messaggio.

"Dico sul serio. Il mio lavoro è davvero pesante. Semplicemente parlare con qualcuno che non mi conosce mi servirebbe a scaricare un po' i nervi."

Nessuna faccina ammiccante, nessun secondo fine. Sarà davvero così?

"Non lo so. Forse non mi fido abbastanza."

"Beh, non voglio obbligarti, ma sappi che ti aspetterò nel Blind Café numero sedici il ventiquattro sera. Starò lì ad aspettarti fino a mezzanotte."

Blind Date // Kim NamjoonDove le storie prendono vita. Scoprilo ora