Mi volto verso Eren e per un istante mi sembra di vederlo di nuovo bambino, con le gambe penzoloni ed i capelli arruffati. Invece è un uomo, un bellissimo giovane uomo che sta per affrontare l'ennesima difficoltà della vita. Gli prendo la mano con delicatezza, portandomela in grembo.

«Ti senti pronto?»

Sospira, aggrottando la fronte.

«Se ti dicessi di sì, mi crederesti..?»

«No.»

«lo immaginavo. Non lo sono mà, neanche un po'. E lo sa anche lui.»

Restiamo in silenzio qualche minuto, l'una accanto all'altro traendo conforto dalla reciproca vicinanza.

«Ti ricordi» dico «di quando eri convinto che in cantina fosse nascosto un tesoro?»

Mio figlio sorride, riponendo la tazza ormai vuota sul comodino.

«Sì, certo. Io, Armin e Mikasa lo abbiamo cercato per ann-»

Sgrana gli occhi, alzandosi e frugando nel cassetto della scrivania preso da una strana eccitazione. Estrae qualcosa e, nel riconoscere cosa tiene tra le dita, mi si stringe il cuore per la nostalgia.

«Ho trovato il modo per dirglielo, má...»

«Dirgli cosa, tesoro?»

Il lieve bussare alla porta ci distrae dalla nostra conversazione.

«Eren..?»

Nell'udire la voce di Levi mio figlio nasconde immediatamente l'oggetto nella tasca dei jeans, l'uscio che si schiude lentamente.

«Scusate, disturbo?»

«No caro, affatto. Stavo giusto portando questa in cucina.»

Prendo la tazzina da caffè e, nel richiudere la porta dietro di me, li vedo allungare la mano ed intrecciare le dita.

Ce la faranno. Ne sono sicura.





    -3 giorni

· Eren ·

Ormai mancano pochi giorni.

Levi ha parlato con chi di dovere alla base. Sembra che il Generale abbia pensato già a tutto per quanto riguarda il viaggio e manderà un'auto a prenderlo.

Mi guardo attorno, controllando che sia tutto in ordine: l'appartamento brilla, la lasagna è pronta e al caldo nel forno, la cheesecake al caramello è in frigo e la scatola regalo tra le mie mani tremanti.

Scuoto la testa, cercando di riguadagnare un certo contegno.

«Respira Eren, respira..!» dico a me stesso.

Sento lo scatto della serratura e Levi entra in casa, annusando l'aria con espressione stupita. Il pacchetto scivola nella tasca della felpa.

«Che buon profumo. È opera tua?»

«Esattamente!» esclamo con orgoglio, raggiungendolo e dandogli un bacio «Bentornato.»

Il mio ragazzo aggrotta le sopracciglia, perplesso.

«Spara, moccioso.»

«Cosa vuoi dire?»

«Che sono mesi che sputo sangue anche solo per farti centrare il cesto della biancheria sporca, quindi c'è qualcosa che non va.»

One Last NightWhere stories live. Discover now