Capitolo 33

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Sophia si posizionò di fronte alla porta della stanza dei genitori, stringendo forte le mani a pugno, sentendo le unghie penetrare nella carne dei palmi; era da quando aveva saputo del trasferimento della famiglia Grimes che desiderava parlare con il padre, sperando di riuscire a trovare un modo per evitare che se ne andassero in Texas. Credeva che l'uomo potesse darle un'informazione, anche solo un piccolo indizio, su come impedire l'allontanamento di Carl dalla sua vita, che la stava lentamente distruggendo e sgretolando. Alla fine, riuscì a farsi coraggio e bussò alla porta di mogano che aveva di fronte.
"Chi è?" Chiese la voce appena roca di Jim, con una vena di stanchezza che gli caratterizzava il tono di voce.
"Sono io, Sophia." Rispose la ragazza, aspettando il permesso per entrare, che non tardò ad arrivare.
"Papà." Lo richiamò, aprendo la porta e appoggiandosi sull'uscio di essa.
"Che cosa succede Sophy?" Le chiese Jim, leggermente preoccupato.
"Perché hanno mandato Rick in Texas?" Gli domandò diretto lei, senza fare troppi giri di parole.
Il padre le fece segno di sedersi accanto a lui sul letto, battendo la mano sul materasso, vicino a lui; la ragazza obbedì, sedendosi di fianco a lui.
"Vedi, abbiamo scoperto da una telefonata in centrale che Rick non doveva venire qui, ma in Texas; lo sappiamo perché quando ci hanno chiamato hanno chiesto di un certo John Smith, invece che di Rick Grimes." Spiegò l'uomo, afferrando la mano della figlia. "A quel punto abbiamo cominciato a far domande su Rick, e sul fatto che lì non ci fosse nessun John Davis; loro ci spiegarono che c'era stato uno sbaglio di nomi, e che quindi si doveva rimediare."
"Facendo trasferire Rick con la sua famiglia." Disse a fior di labbra Sophia, facendo annuire Jim. "Ma questo non è giusto; non potevano lasciare le cose come stavano? Che problema c'era se quel John Davis rimaneva in Texas, e Rick qui?" Chiese subito dopo, scuotendo la testa.
"Perché il Texas è il paese d'origine di questo John, a quanto pare." Rispose il padre, rivolgendole un sorriso compassionevole. "Per regolamento, chi diventa poliziotto non può rimanere nella città natale; questo per evitare che faccia favoritismi." Guardò in modo intenso la figlia, avendo già capito quale fosse il problema. "È per Carl che sei qui, vero?"
Lei annuì semplicemente, abbassando lo sguardo; sentiva continuamente una fitta al cuore, che le provocava un dolore talmente forte da essere quasi insopportabile. Avrebbe voluto gridare, ma le mancava la voce; avrebbe voluto prendere a pugni qualcosa, ma non aveva forze; avrebbe voluto piangere, ma ormai non aveva più lacrime.
"So che sarà dura, ma potremmo venirne fuori, in qualche modo." Le poggiò una mano sulla spalla, tentando di consolarla.
"Papà, tu non hai idea di che cosa abbiamo passato io e Carl." Gli disse la figlia, scuotendo la testa; e in effetti, aveva ragione: lui non sapeva di quanta forza lei avesse dovuto usufruire per riuscire ad entrare nella vita del ragazzo, scavandosi l'entrata a mani nude, graffiando via i mattoni che componevano il muro che lo circondava, facendolo in questo modo crollare. Certo, alla fine era rimasta con la faccia sporca dalla polvere che prima aveva ricoperto il muro, le mani graffiate e con la pelle scorticata, ma il sorriso che le aveva dato forma alle labbra aveva illuminato tutto quanto, oscurando il suo aspetto. Inoltre, la lotta che aveva compiuto con Sarah l'aveva lacerata dentro, lasciando squarci sanguinolenti soprattutto sul suo cuore, martoriato per troppo tempo.
"Non c'è davvero nessuna possibilità che loro possano rimanere qui?" Domandò Sophia, sentendo come un vuoto al posto delle lacrime, che avrebbe di gran lunga preferito.
"Mi dispiace Sophy," scosse la testa il padre, poggiandole le mani sulle spalle e guardandola con sguardo dolce e comprensivo. "ma non sono io che decido."
"Che vadano a farsi fottere." Replicò lei, ricevendo uno sguardo stupido da parte dell'uomo, che la rimproverò: "Sophia, il linguaggio!"
Più di tanto, però, non era il linguaggio ciò che spaventava di più il padre, ma bensì il suo comportamento e le sue emozioni: le leggeva in faccia come il suo cuore si stesse piano piano frantumando, nuocendole sia fuori che dentro. Inoltre, il dolore non veniva esploso fuori come ad esempio attraverso un pianto, ma esplodeva all'interno, come una bomba contenente pezzi di metallo, rilasciati nel momento dello scoppio; il problema principale, però, era che il metallo andava a finire nella carne della ragazza, provocandole un'emorragia interna che la riempiva, arrivando fino ai polmoni e finendo con il soffocarla.
"Non mi interessa più niente ormai, papà." Gli rispose la ragazza, scuotendo la testa.
"Sophy, sei solo all'inizio della lunga vita che ti aspetta davanti, non puoi abbatterti per il primo amore finito." Tentò di incoraggiarla lui, mettendole una mano a coppa sulla guancia.
"È solo che fa così male." Sottolineò la penultima parola, dandole maggiore enfasi dicendola a denti stretti.
"Lo so, è normale; Carl è stato il tuo primo amore, quello che non dimenticherai fino alla tua morte." Il padre capiva l'emozione della figlia, anche lui -a suo tempo- era rimasto ferito: in terza media aveva avuto il suo primo amore con una certa Lucy Jones, di un anno più piccola di lui; sembrava che lei potesse essere l'unica che avrebbe mai amato, fino a quando lei non preferì -dopo qualche mese che si erano messi insieme- il bello e palestrato Andy Dixon, lasciando il povero Jim Greese alle prese con i pezzi del suo cuore staccato. Qualche anno dopo, però, era giunta Mary ad incollargli i pezzi del cuore, riportandolo alla sua forma originaria; se lo ricordava ancora, nonostante fossero passati quasi trentacinque anni da quell'episodio.
"Vorrei che non facesse così male, però." Commentò Sophia, buttandosi tra le braccia del padre, che l'accolse e le accarezzò dolcemente i capelli, lasciandovi poi un bacio.
"Lo so, ma fa parte della vita." Le rispose stringendola a sè, come se questo potesse evitare la frammentazione del suo cuore.
La ragazza sospirò, sentendo ancora le lacrime che decidevano di non uscire; alla fine, però, la sua paura peggiore si stava affermando su di lei, come un'ombra: non era riuscita a cavarne un ragno dal buco.

A New Life || Carl Grimes ||IN REVISIONE||Where stories live. Discover now