Capitolo 32

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Passarono un paio di giorni, e la situazione sembrava essersi finalmente stabilizzata: Carl e Sophia avevano ricominciato a frequentarsi regolarmente, parlavano e si comportavano come prima; come previsto, Sarah non volle saperne di provare a chiarirsi con il ragazzo, ma iniziò ad avvicinarsi a Sophia, cominciando una strana e imprevedibile amicizia. Il problema che adesso preoccupava di più la ragazza era l'amica, Alisia, preoccupata da come stesse reagendo a quel periodo; più volte era stata con lei in ospedale, notando ed asciugando tutte le lacrime che aveva versato l'altra.
In quel momento, però, Sophia stava attraversando la porta di un piccolo bar in centro, dove Carl la stava aspettando con pazienza ad uno dei tavoli dentro; quando l'aveva chiamata, dandole appuntamento lì, le era sembrato che il ragazzo fosse agitato, turbato per lo più. Si avvicinò a lui sorridendogli, sistemando lo zaino sulla sedia e, successivamente, accomodandocisi sopra.
"Hey, tutto bene?" Gli chiese, leggermente preoccupata per la chiamata.
"Eh? A sì, tutto bene, tranquilla." Le rispose, porgendole un the caldo. "Ho già ordinato, se non ti dispiace." Indicò con un gesto della testa la tazza fumante. "Se non sbaglio è il tuo preferito, giusto?"
Lei annuì, bevendone un sorso; leggeva negli occhi di Carl un pizzico di turbamento, sapeva benissimo che le aveva mentito, ma la domanda era perché? Perché avrebbe dovuto raccontarle una bugia? Riusciva a palpare la sua agitazione nell'aria, come se fosse stata qualcosa di concreto: lui continuava a guardarsi intorno o la tazza che aveva tra le mani, non guardando la ragazza in faccia neanche una volta; inoltre, altro segno, era il continuo muovere nervoso delle gambe. Lei lo notò perché ogni tanto il ginocchio di lui batteva contro il suo.
"Robin è felicissimo di poter giocare di nuovo con Judith; anche lei, se non sbaglio, era entusiasta. Non è per caso vero?" Gli chiese la ragazza, sforzando un sorriso e cercando di intavolare un qualche discorso.
"Eh? Sì, hai ragione." Rispose frettoloso lui, facendo perdere la pazienza alla ragazza.
"Carl, sei sicuro che vada tutto bene?" Gli ripetè, seriamente preoccupata.
"Sì, non è niente. Perché continui a chiedermelo?" Domandò lui, quasi fosse infastidito da quella domanda.
"Ma, secondo te? Sto cercando di fare un discorso con te e tu neanche mi ascolti." Lo rimproverò, non ricevendo però alcuna risposta da parte del ragazzo.
Quella fu la goccia che fece traboccare il vaso: Sophia si alzò in piedi stizzita, afferrando il proprio zaino e, successivamente, cominciando ad incamminarsi fuori dal bar.
"Aspetta Sophia!" La richiamò Carl, prendendo lo scontrino e alzandosi a sua volta.
"Non ho più niente da fare qui con te." Alzò gli occhi al cielo la ragazza, uscendo fuori dal piccolo bar.
Una volta che riuscì a raggiungerla, il ragazzo le prese il polso, facendola in questo modo voltare verso di lui.
"Dove stai andando?" Le domandò con un leggero fiatone, causato dalla piccola corsa appena fatta.
"Sto tornando a casa, visto che sembri da tutt'altra parte oggi." Gli spiegò, alzando le braccia e facendole poi ricadere lungo i fianchi.
"Scusa, è solo che..." Cominciò il ragazzo, grattandosi la nuca e guardandosi intorno in cerca di un appiglio che lo tirasse fuori da quella situazione.
"È solo che? Carl, ascoltami, o mi dici che cosa sta succedendo o ognuno torna a casa per conto proprio, non hai altra scelta." Sophia si sentiva un po' male per come lo stava trattando, ma sapeva che era difficile -la maggior parte delle volte- tirargli fuori qualcosa, soprattutto quando non voleva dirla.
"Sophia, c'è una cosa che dovrei dirti, l'ho scoperta ieri sera e dovevo dirtelo, so che devo farlo." Carl stava cercando di farsi forza da solo, mentre gli frullava in testa ciò che stava per dirle. "Mio papà ha detto che c'è stato un errore nel suo collocamento, non dovevamo venire qua, ma in Texas."
La ragazza sbancò in un secondo, sentendosi le gambe molli e la bocca asciutta, arida come il deserto.
"Vuoi dire che... Cioè... Che cosa intendi dire con questo?" Gli chiese lei, un groppo formatosi in gola non appena aveva ricominciato a parlare.
"Voglio dire che mi devo trasferire," disse tutto d'un fiato Carl, mentre una lacrima gli rigava il viso, facendogli tremolare appena la voce, ma quel tanto che bastava per sentirlo. "partiamo e andiamo in Texas domenica mattina."
Sophia gli asciugò prontamente quella lacrima, lasciandogli poi un bacio prima sulla guancia, il luogo in cui si trovava la lacrima in precedenza, per poi dargli un piccolo e tranquillo bacio a stampo sulle labbra.
"Ti prego, non piangere, mi spezzi il cuore così." Lo supplicò lei, guardandolo negli occhi e facendo scivolare la sua mano, sfiorandogli con i polpastrelli delle dita il viso.
"È solo che mi sembra di aver fatto degli sforzi che non sono serviti a nulla, ala fine." Confessò, afferrandole la mano alzata e stringendola delicatamente.
"Vuoi che ci lasciamo?" Gli chiese la ragazza, percependo il cuore battere all'impazzata al suono di quelle parole; pensarle era un conto, ma pronunciarle ad alta voce dava tutt'altro sapore a quella piccola domanda, innocua all'apparenza ma letale come un coltello.
"Cosa?" Ribattè lui, spalancando gli occhi e sperando di aver capito male.
"Le relazioni a distanza sono complicate; sei sicuro di volere che lo diventi anche la nostra?" Riformulò la domanda la ragazza, trattenendo a forza le lacrime.
"So già che mi farà male poterti vedere solo attraverso uno schermo, senza poterti nè toccare, nè baciare e nè stringerti forte a me; ma non ho nessuna intenzione di lasciarti andare." Carl si avvicinò, facendo in modo che i loro visi fossero talmente vicini da sentire il respiro dell'altro sulla propria pelle.
Le afferrò i fianchi, facendo passare le dita tra i passanti dei suoi jeans, in modo da tenerla fortemente ancorata a sè; la ragazza mise le mani sul suo petto, avendo avuto per un attimo la paura di cadere.
"Verrò qua a trovarti ogni tanto, magari durante le vacanze." Le confidò all'orecchio il ragazzo, mordendoglielo subito dopo, facendole così scappare una piccola risata, prima di far incontrare le loro labbra in un lungo, passionevole e -allo stesso tempo- dolce bacio.
La ragazza era sia triste che felice: la prima emozione era rivolta alla notizia che Carl le aveva appena dato, mentre la seconda era per il fatto che lui e lei la stavano pensando allo stesso modo, una volta ogni tanto.

A New Life || Carl Grimes ||IN REVISIONE||Where stories live. Discover now