Capitolo 17

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Il giorno dopo si ripetè la stessa cosa: Sophia si diresse dopo scuola a casa di Carl, preoccupata di quale sarebbe stato il prossimo segreto che le avrebbe rivelato; quasi in modo meccanico, si sedettero l'uno di fianco all'altra sul divano, non appena lei fu arrivata.
"Stai bene?" Le chiese Carl, ricordandosi della notte precedente; lei annuì, per poi chiedergli: "E tu sei pronto?"
"Che cosa vuoi sapere?" Rispose lui, sforzando un sorriso sincero.
All'improvviso a Sophia venne in mente una strana sensazione provata la sera prima, non appena lo aveva visto.
"Come mai porti sempre il cappello?" Gli domandò, sfiorandogli appena con le dita la falda scura e prendendo tra l'indice ed il pollice -quasi sovrappensiero- la cordicina d'oro.
"Quando avevo circa dodici anni, mio padre mi portò nel bosco come regalo di compleanno; voleva mostrarmi la meraviglia della natura. Mia madre non c'era in quel momento, era rimasta a sistemare le cose, dato che non appena fossimo tornati indietro, saremmo subito partiti; c'era Shane invece: era il miglior amico di mio padre, lavoravano insieme ormai da quasi sempre, si era persino trasferito con noi." Carl fece un respiro profondo, togliendosi poi il cappello e portandoselo in grembo. "Stava andando tutto tranquillamente; almeno fino a quando non abbiamo visto il cerbiatto. Quel cerbiatto." Sophia allungo una mano, stringendo una delle sue, come a fargli sentire che c'era ed era lì per lui. "Mi avvicinai lentamente all'animale, come mi aveva incoraggiato mio padre; ero quasi arrivato a toccarlo, quando qualcosa mi colpì all'improvviso. Persi i sensi immediatamente; tra il momento il cui svenni e quello in cui rinvenni consapevole, ho solo dei ricordi sfocati e frammentari." Fece una pausa, inspirando profondamente, prima di aggiungere: "Quando tutto passò, realizzai che mi avevano sparato, il proiettile aveva attraversato l'animale e colpito me, era stato un incidente." Scosse la testa con un sorriso. "Non eravamo neanche in un ospedale: l'uomo che mi aveva colpito per sbaglio ci aveva indicato una fattoria poco distante da lì; mi ha salvato la vita l'uomo che vi abitava dentro, nonostante fosse un veterinario." Fece un respiro profondo. "Mio padre mi era stato accanto tutto il tempo; quasi metà del sangue che mi circolava in corpo era suo. Nessuna esperienza ci aveva avvicinato così tanto; decise di donarmi il suo cappello da sceriffo quella volta, perché era ciò che gli chiedevo di regalarmi da quando avevo sette anni." Alzò il viso verso quello della ragazza, l'espressione del volto resa ancora più buffa dallo strano sorriso che gli increspava le labbra: era sia triste che nostalgico.
"È stata una cosa bellissima da parte sua." Gli disse Sophia, sorridendogli in modo dolce; nella sua mente si formò l'immagine di un piccolo Carl -come quello che avevo visto nelle foto- disteso in un letto, inerme, mentre Rick lo guardava, impaurito che non potesse più svegliarsi.
Scosse la testa, eliminando quell'immagine.
"Certo che ti hanno sparato un bel po' di volte, eh?" Cercò di scherzare Sophia, dandogli un piccolo schiaffo sul braccio.
"Credo che siano state solo due, da quello che mi ricordo;" Carl frugò nei pensieri della memoria, provando a pensare se gli avessero sparato altre volte. "però mi è capitato di sparare io a qualcuno." Rivelò quasi sovrappensiero.
"Cosa?!" Sophia era sbalordita, non se lo sarebbe mai aspettata. "E quando è successo?" Vedendo il fare esitante di Carl, la ragazza scosse la testa, rendendosi conto che -molto probabilmente- gli stava chiedendo troppo. "Non... Non devi dirmelo oggi, hai già detto un segreto, puoi anche dirmelo domani." Tentò di rassicurarlo, passandogli una mano sul braccio.
"No," rispose lui, scuotendo la testa e sforzando un sorriso d'incoraggiamento. "ce la faccio, tranquilla." Posò il suo cappello sopra alla chioma scura della ragazza, lasciandola interdetta da quel gesto; inchiodò successivamente il suo occhio grigio-azzurro in quelli verdi di lei, rivolgendole un sorriso per calmarla meglio.
Sophia si limitò ad annuire, lasciando il ragazzo cominciare a raccontare: "Avevo sempre dodici anni quando sparai per la prima volta; avvenne dopo qualche settimana dall'incidente avvenuto il giorno del mio compleanno, ormai mi avevano dimesso, ero a casa tranquillo con mio padre e mia madre. Per di più, avevamo scoperto da poco che mia madre era incinta di Judith." Gli si addolciva la voce ogni volta che parlava della sorella; si capiva benissimo che le voleva un mondo di bene. "Shane era entrato in casa di nascosto, stavamo tutti dormendo; ero sceso a prendere un bicchiere d'acqua, quando li vidi: mio padre e Shane che discutevano, fino a quando non iniziarono a colpirsi con le mani." Sophia tentò di fargli sentire il suo conforto avvolgendogli le mani intorno al busto, mentre lui le faceva passare un braccio intorno alle spalle, stringendola a sè. "Sapevo dove mio padre teneva la pistola, per questo corsi a prenderla; volevo proteggerlo, proprio come lui faceva con me." Scosse la testa, mentre la ragazza gli lasciava un bacio sulla guancia. "Shane era a terra, credevo che mio padre l'avesse ucciso; era girato verso di me, credeva che io lo odiassi per averlo ucciso, ma Shane non era ancora morto: si era alzato in piedi, dietro a mio padre. Non sapevo cosa fare, mio padre rischiava di morirci se Shane l'avesse raggiunto, aveva perso il controllo e io glielo leggevo negli occhi; così presi una decisione lì sul momento: alzai la pistola, presi la mira e sparai, colpendo Shane esattamente alla testa, uccidendolo definitivamente." Si voltò verso Sophia, con una scia umida che, partendo dall'occhio sano, gli segnava la guancia, continuamente ricalcata da altre lacrime; aveva il timore di averle fatto paura con quel suo segreto.
La ragazza si limitò a sorridergli, prendendogli il viso tra le mani, asciugandoli le lacrime e lasciandogli un bacio dolce e sincero sulle labbra, dandogli così la sicurezza di cui aveva bisogno. Parte del cappello cadde sulla faccia di Sophia quando si staccarono, e subito Carl glielo sistemò di nuovo, invitandola a sistemarsi nella stessa posa di poco prima; lei accettò, posando la testa sul suo petto, per quanto il cappello potesse permetterglielo.
"Ma mi stavi spiando?" Disse ad un certo punto la ragazza, ripensando alla nottata del giorno prima: si alzò quel tanto che bastava per vederlo nell'occhio. "Ieri notte, hai detto che mi hai vista uscire dalla mia stanza; mi stavi spiando?"
"Sei adorabile quando dormi." Scrollò le spalle Carl, facendo scappare una piccola risata ad entrambi i ragazzi; le lasciò un bacio tra i capelli, prima di aggiungere: "L'ho fatto solo stanotte, dato che ti ho vista abbastanza turbata ieri; ti giuro che non l'ho mai fatto prima."
"È la cosa più dolce e strana che una persona abbia mai fatto per me." Constatò alla fine la ragazza, stringendosi ulteriormente al ragazzo.

A New Life || Carl Grimes ||IN REVISIONE||Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora