Atterro sulle teste dei paparazzi

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Due mesi serrati in casa come se fossero degli esiliati, questo era stato il risultato del comportamento di Ginevra, con onde di barbari paparazzi che spuntavano come funghi persino dai tombini quando vedevano qualcuno noto aggirarsi da quelle parti. Grazie alle confidenze dell'amica indiscreta, mezza stampa da gossip, era certa che il momento magico era ormai alle porte e che, prima o poi, lo avrebbero pizzicato con lei in procinto di partorire. 

Ci volle tutta la sacro santa pazienza di Paola per far fronte a quell'ammucchiata di selvaggi che sembravano avere microfoni e macchine fotografiche al posto delle mani. Faceva da sponda tra il supermercato e casa di Fabrizio, lo studio e tutti i suoi impegni, armandosi di tanta buona volontà atta a non vedere Fabrizio uccidere qualcuno. 

"Non ci lasciano proprio in pace, uffa. Ieri mi sono affacciata un attimo e nel giro di due minuti sono stata accecata da mille flash, ma che diamine!", sentenziò Chiara in preda ai nervi. 

"La cosa che mi fa rodere di più il culo è che manco ce ne liberiamo eh, quelli stanno lì appostati e ho quel brutto presentimento che prenderanno d'assalto anche l'ospedale quando sarà...figurati se non ci seguono!". Fabrizio buttò il quaderno delle rime sul tavolo. 

Cominciava a soffrire di claustrofobia mentale, per stare vicino a Chiara e godersi gli ultimi mesi con lei, prima dell'evento storico che lo avrebbe reso padre, si era fatto un culo in studio inverosimile. Aveva calcolato tutto nei minimi dettagli pur di non rimanere indietro nel lavoro e avere almeno tre quarti di album nuovo pronto, peccato che gli fosse sfuggito il particolare Ginevra. 

"Guarda in che casino ci ha messo quella cretina! -  esclamò Chiara sbuffando -  Arriva Paola comunque, per fortuna che c'è lei a darci una mano". 

Si portò vicino alla porta per aprirle. 

"Ciao ragazzi, come va?". Disse entrando. 

"Come sempre: murati vivi", rispose Chiara. 

"Eh ci vuole pazienza...", Paola ben capiva lo stato d'animo di Chiara, che non era abituata a queste ondate selvagge. 

"Qualcuno dovrebbe spiegargli il significato dell'espressione vita privata", sentenziò Fabrizio allungando le mani e prendendo le buste che aveva portato Paola. 

"Sì, ecco, bravo. Vi ho portato qualcosina da mangiare, l'importante è che voi rimaniate tranquilli". 

Chiara si mise seduta soffocando a stento una fitta lungo l'addome, mentre Fabrizio e Paola avevano iniziato a sistemare la spesa in cucina. 

"Fabrizio la macchina...", disse Chiara. 

"Ah tranquilla, stanotte alle due sono sceso e l'ho spostata al parcheggio qui dietro, così resta libera dall'assalto almeno, se dovesse servire". 

"Fabrizio...la macchina...", ripeté Chiara come se non lo avesse sentito. 

"Ti ho detto che l'ho spostata io! Buone queste Paola grazie, adoro le ciambelle allo zucchero". 

"Eh lo so te l'ho prese apposta!". Paola sorrise nel mostrargliele. 

"Ti ci strozzo con quelle ciambelle se non VAI A PRENDERE LA MACCHINA CHE HO I DOLORI". Urlò Chiara in preda ai primi dolori. 

Fabrizio si voltò di scatto verso di lei, posando tutto sul top della cucina. 

"I dolori? Ma se finisci il tempo tra dieci giorni?". 

"Dove sta la borsa?", domandò Paola mostrando una certa praticità assente in Fabrizio. 

"In camera Paola grazie, e tu che fai ancora lì? Vai a prendere quella cazzo di macchina se non vuoi che ti partorisco in casa!". I dolori incominciavano a darle fastidio sul serio. 

"Ok, niente panico - come se già non fossi nel panico totale - dunque, la borsa...dove sta la borsa?". 

"La sta prendendo Paola, Fabrizio se non vuoi morire prima di vedere tua figlia, vai a prendere la macchina". Chiara lo disse con un certo ruggire nella voce. 

"Calma, niente panico, stai tranquilla, ora scendo e prendo la macchina". Aprì la porta di casa e uscì. 

Paola tornò in salone con la borsa. 

"Ecco la borsa, ora chiamo Fabio e Rino che ho avuto un'idea per liberarci della marmaglia di sotto, ce la fai ad attendere ancora un po'?". 

Il campanello suonò, Paola aprì la porta mentre parlava già con Marra. 

"Le chiavi porca puttana lurida bastarda, mi sono scordato le chiavi". 

"Per fortuna che ha detto: niente panico!", ribatté Paola, "comunque aspetta a scendere che ho avuto un'idea, stanno venendo Marra e Rino". 

Fabrizio la guardò sorpreso:

"Io aspetto pure, non so se aspetta mia figlia", rispose preoccupato vedendo Chiara piegata in due sulla sedia con il respiro affannoso. 

"Ma sì, tranquilli, ci vuole tempo anche con i dolori, mica è una schioppettata mettere al mondo un figlio!". Rispose Paola mostrando una certa sicurezza. 

Fabrizio si accucciò vicino alla sedia di Chiara. 

"Amore...respira, ricordi il corso pre-parto? Respira su", incominciò a respirare come se fosse lui quello che doveva partorire. 

Al terzo sbuffo di Fabrizio, Chiara lo prese con forza per il collo della maglietta.

"Smettila hai capito? Ficcatelo nel culo il respirare, ho i dolori ovunque e sono talmente forti che potrei scannarti con un dito se continui...tu sei un uomo morto se dopo che ho partorito ti avvicini di nuovo al mio corpo...giuro che te lo taglio con la mannaia!", il delirio del dolore aveva preso il sopravvento. 

"Tranquillo Fabrizio, è normale. Lo pensa ogni donna in questi momenti, poi passa". Paola cercò di tranquillizzarlo. 

 Il rumore dei paparazzi di sotto fece capire a Paola che Marra e Rino stavano arrivando. 

Aprì la porta e i due entrarono. Paola prese subito in mano la situazione. 

"Allora Fabio vai in camera, cambiati e mettiti la tuta celeste dell'Adidas di Fabrizio, quella che indossa quasi sempre; tu Rino prendi un vestito lungo e largo di Chiara e mettitelo. Su veloci". 

"Eh? Mi devo vestire da donna?", ribatté il povero Rino. 

"Sì e ti devi anche ficcare un cuscino per simulare il pancione, su che la piccola ti ringrazierà un domani". Lo spinse in camera e poi si girò verso Fabrizio e Chiara. 

"Ora io esco di qui, con Fabio che, incappucciato, farà finta di essere te e Rino, incappucciato anche lui, che farà finta di essere Chiara con i dolori. Così l'onda barbarica ci viene dietro e voi due uscite di qui e andate dritti in ospedale non appena avete campo libero. Poi ci vediamo lì non appena è possibile". 

"Tu sei un genio". Rispose Fabrizio quasi commosso. 

"Basta che vi sbrigate perchè non CE LA FACCIO PIÙ" urlò Chiara in preda ai dolori. 

Marra e Rino uscirono dalla stanza. 

"Tieni bene a mente cosa mi tocca fare per te, amico, sembro un incrocio tra Mary Poppins e l'Orca assassina", commentò Rino nel sentirsi un po' ridicolo. 

"Mettiti questo giaccone e tira su il cappuccio, testa bassa Rino, nascondi la barbetta, tu Fabio tieni, occhiali, sciarpa e alza il cappuccio della felpa. Rino sii dolorante mi raccomando. Andiamo". 

Il piano di Paola funzionò a meraviglia e non appena la strada fu libera, Fabrizio scese in macchina portando Chiara, quasi di peso, con sé. Dritti verso la cicogna che bussava alla porta. 




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