15. Ogni buona confessione ha bisogno di una birra

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«Papà, ti ci metti anche tu? Non ho un ragazzo se è quello che vuoi sapere» rispose sbuffando. Lui aggrottò le sopracciglia, poi il suo volto si distese.

«Oh, no, non intendevo quello» disse.

«Allora cosa?» chiese lei.

Lui aggrottò di nuovo le sopracciglia, pensando a come formulare la domanda. «Era una Maserati quella macchina che ti ha accompagnato a casa, l'altra sera?» sbottò infine.

Adua spalancò impercettibilmente gli occhi. «Cosa? No! Non conosco nessuno che guidi Maserati. Magari» fece lei, chiedendosi perché avesse mentito, e poi chiedendosi perché non avrebbe dovuto farlo; di sicuro non poteva spiattellare al mondo intero che conosceva Paulo Dybala, con tutti i casini che poteva comportare.

«Sono abbastanza sicuro di quello che ho visto, Adua, e mi chiedevo che persone frequentassi» disse lui, il volto incupito. Ovviamente come padre pensava subito al peggio per la sua bambina. Probabilmente qualche criminale coinvolto in un colpo grosso.

«Era solo un'Audi, papà, il padre di Vanessa ce l'ha prestata perché lei aveva insistito tanto per guidarla. Non farti strane idee» ribadii, alzandosi dalla poltrona e dirigendosi verso la camera.

«Va bene, va bene, come vuoi tu. Ma stai attenta» le urlò dal soggiorno, e poi Adua sentì il rumore della televisione accesa. Si chiuse la porta della stanza alle spalle, stringendosi il libro al petto, e pensando cosa cavolo stesse succedendo alla sua vita.

×××

«Andiamo a prenderci una birra, che ne dici?» Paulo si allacciò l'orologio al polso, il telefono in equilibrio precario tra l'orecchio e la spalla.

«Bien, però vieni da me, okay? Credo di aver preso un raffreddore e se peggiora il mister me la farà pagare.» Il tono di voce sembrava preoccupato, e questo fece ridere Paulo.

«Conosciamo tutti Allegri, ti metterebbe in panchina per una settimana! D'accordo, sto arrivando.» Si chiuse la porta di casa alle spalle ed uscì.

Gonzalo Higuain abitava in un ampio appartamento nella zona di Crocetta, a due passi da piazzetta Brosio; non era molto distante da casa di Paulo, una camminata di circa 20 minuti, quindi non volendo prendere la macchina il ragazzo andò a piedi. Ormai era solito circolare per quella zona, e a differenza dei primi tempi non era più accerchiato da gruppi di tifosi sfegatati. A riprova di ciò un paio di ragazzi lo riconobbero dall'altro lato del marciapiede, e si avvicinarono per chiedere una foto e fargli i complimenti; ma ultimamente riusciva a passare abbastanza inosservato, davvero.

Paulo giunse sotto il palazzo di Higuain e suonò il citofono; lui gli aprì senza neanche rispondere, e il calciatore argentino si appuntò mentalmente di fargli una ramanzina su quanto fosse pericoloso aprire la porta a sconosciuti. Gonzalo aveva acquistato l'appartamento con la terrazza dell'ultimo piano, ma essendo solo pochi piani Paulo salì a piedi.

L'amico gli aprì la porta con un sorriso smagliante. «Entra, entra amigo! Cómo estás?» I due si abbracciarono e si batterono pacche sulle spalle.

«Bien, gracias. Stai messo davvero male col raffreddore, comunque» gli disse, indicando con un dito il suo naso rosso.

«Non me ne parlare, guarda. A chi potrebbe mai venire il raffreddore ad aprile? Solo a me.» Alzò gli occhi al cielo.

Paulo rise. «In effetti sei piuttosto sfortunato.» E lo seguì in corridoio.

La casa di Gonzalo era ampia e luminosa, ma l'eccessivo decorativismo la rendeva un po' claustrofobica. Le pareti erano coperte da mattonelle con disegni in oro e blu, e al centro del grande salone quattro pilastrini in marmo sorreggevano il soffitto decorato. Per passare da una stanza all'altra talvolta c'erano degli scalini, e le porte erano tutte di legno con maniglie placcate oro. Non era esattamente del gusto di Paulo, tra il raffinato e l'eccessiva ostentazione, ma di sicuro non dubitava di quanto fosse costata.

Gonzalo fece una deviazione nell'enorme cucina, prese un paio di birre dal frigo e insieme si diressero verso il terrazzino. Quello era il posto che Paulo preferiva dell'appartamento: il pavimento in cotto, il dondolo in legno e le lanterne in ottone disseminate lungo la ringhiera facevano pensare quasi di essere in un'altra casa.

Gonzalo si sedette sul dondolo, e lui lo imitò; gli passò una birra e per un po' stettero in silenzio. «Di cosa vuoi parlarmi?» gli chiese dopo qualche minuto; Paulo lo guardò, sorpreso.

«Perché pensi ti debba parlare di qualcosa?»

L'amico scrollò le spalle. «È da un po' che ti vedo strano, e pensavo volessi dirmi cosa ti passasse per la testa. Di solito sono il primo con cui ti confidi.»

L'unico, a dire il vero, pensò. «Non c'è niente» rispose, e bevve un sorso ghiacciato dalla bottiglia. Dopo qualche secondo però sembrò ripensarci. «Okay, hai ragione tu, qualcosa c'è.»

«Dime.» E aprì le braccia, come a mostrargli di essere pronto a sentire tutto quello che aveva da dire.

Paulo si massaggiò il ponte del naso con le dita, sospirando. «Ho conosciuto una persona.»

«Okay, continua» lo incitò.

Paulo spostò lo sguardo sull'orizzonte. «È stato strano, a dire la verità. Ci siamo scontrati parecchie volte prima che mi rendessi conto di lei.» Il ragazzo ricordò quante volte si fossero incrociati senza che lui se ne accorgesse, mentre magari per lei ogni volta significava il mondo.

«Ma poi l'hai fatto» intervenne Gonzalo, quando vide che l'amico si era perso nei suoi pensieri. Paulo ritornò alla realtà.

«Sì, ed è stato merito tuo in realtà. Sto parlando di quella ragazza di cui hai visto la foto su Instagram.» Abbozzò un sorriso, ricordandosi l'episodio.

Anche Gonzalo lo ricordava. «Ah sì, la bella ragazza col nome strano.» Sorrise.

Il sorriso di Paulo si contrasse in una smorfia. «Sì, lei.»

«E poi?» L'amico sembrava dovergli tirare di forza le parole da bocca. Era la prima volta che Paulo era restio a parlare di qualcosa, e si chiese soprappensiero perché.

«Alla fine l'ho conosciuta, voglio dire, l'ho davvero incontrata.» Gonzalo lo interruppe.

«Era da lei che sei andato domenica a Genova, vero?»

Paulo annuii, poi continuò. «Sai, non è per niente come mi aspettavo. E non voglio dire che questa sia una brutta cosa, è solo... spiazzante. È come una boccata d'aria fresca, capisci? Non fa mai quello che ti aspetteresti di vedere; a volte ho l'impressione che completi i miei pensieri» concluse, aggrottando le sopracciglia. Più volte aveva avuto questa sensazione, e lo scombussolava parecchio anche se cercava di non darci peso.

«È un discorso abbastanza serio per una persona che a malapena conosci, se vuoi la mia opinione» iniziò Gonzalo, portando l'amico a irrigidirsi.

«Lo so. È per questo che te ne parlo.»

«E mi fa piacere di questo, Paulo, ma sinceramente non so cosa vorresti sentirti dire» gli disse chiaramente bevendo un altro sorso di birra.

«Non voglio che tu mi dica quello che vorrei sentirti dire, voglio che tu sia sincero. Il mio era più uno... sfogo, che altro» aggiunse, non sapendo da dove la necessità di parlare con un amico era saltata fuori, e pentendosi un po' per averlo fatto.

«Okay, lasciati dire solo una cosa. È la prima volta che quando qualcuno mi parla di una ragazza la sento descritta in questi termini, sai? Di solito i commenti sono sempre gli stessi, sono scontati e superficiali. I tuoi non lo sono. Ti consiglio di pensare su questo.»

Paulo prese molto seriamente il consiglio, e per un po' nessuno dei due parlò. Il sole era ormai tramontato e le luci venivano accese per le strade, ma Gonzalo non sembrò mettere fretta all'amico per andarsene, e gliene fu grato. Aveva mille pensieri che gli correvano per la testa, primo tra tutti Antonella, ma non aveva né la voglia né la forza per affrontarli ora.

Si limitò a scuotere la testa, confuso. «Non so in cosa mi sto cacciando, amico.»

Higuain sorrise, dandogli una pacca sulla spalla. «Credo che lo scoprirai presto.»


AN:
Ed ecco qui per voi un esemplare di Higuain dispensatore di saggezza. Che classe 😂
Lasciatemi un pensierino. Vorrei sapere cosa ne pensate fin qui e cosa vi aspettate succeda prima o poi nella storia xx


The Mask | Paulo DybalaWhere stories live. Discover now