IX

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La prima volta che se ne accorse erano le sei del tardo pomeriggio ed era al negozio

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La prima volta che se ne accorse erano le sei del tardo pomeriggio ed era al negozio.
Stan stava dando un'occhiata ad un gruppo di ragazzini troppo iperattivi che sembravano intenzionati a voler toccare qualsiasi cosa fosse esposto tra quelle mura, mentre lui dispensava pareri e aiutava qualcuno particolarmente incapace anche solo ad allacciarsi un paio di scarpe. Louis era pur sempre «il commesso preferito dalla clientela» come diceva sempre il suo capo, per prenderlo in giro, ma era davvero così.
Lo chiamavano a destra e manca, in continuazione, era davvero dura per uno come lui mantenere la calma e non urlare a tutti di andare al diavolo. Si congedò da una ragazza particolarmente insistente, dopo averle consigliato quale tipo di scarpa acquistare per la prima lezione di tennis e quando voltò il capo, lo vide.
Erano trascorsi precisamente trentatré giorni (li aveva contati, sì) da quando, quella notte a casa sua, si erano visti e parlati. Non si erano mai più incontrati da allora perché l'unico modo di incrociarlo in maniera fortuita era salire sulla corsa delle otto e mezzo di sera, la stessa in cui sapeva lo avrebbe trovato seduto come tutte le volte, e Louis da quel giorno aveva accuratamente evitato di andare in treno.
Lo stomaco gli si svuotò non appena i loro occhi si incontrarono, attraverso la porta sempre aperta che dava sulla strada, e il cuore parve fermarsi del tutto privandolo della giusta dose di ossigeno al cervello.
Aveva il quaderno in una mano e la sua tracolla su di una spalla, i capelli raccolti in un codino e quel maledetto sguardo contrito che procurava a Louis una marea di emozioni contrastanti che non riusciva più a tenere a bada. Era totalmente in blackout e detestò sentirsi in quel modo, incapace di muovere qualsiasi tipo di arto o di proferire parola.
Fu l'intervento quasi divino di Stan a riaccendere la luce.
«Amico sembra tu sia finito in trance» gli disse, assestandogli due grosse pacche su di una spalla.
Louis annuì senza un apparente motivo, trovando subito la forza di distogliere lo sguardo e voltandosi verso un nuovo cliente. Odiava ammetterlo ma era così, rivederlo dopo quei lunghi giorni di totale assenza lo aveva scosso nel profondo. Quando tornò a guardare verso la porta, stavolta per pura curiosità, Harry era sparito.
Il giorno seguente Louis non ebbe più alcun dubbio riguardo al fatto che il suo destino fosse stato disegnato da una mano troppo ubriaca e per giunta anche in vena di scherzi. Si stava godendo i suoi cinque minuti di pausa, la sigaretta ormai quasi spenta stretta tra le labbra, quando una Harley Davidson sfrecciò davanti ai suoi occhi facendogli raggelare il sangue nelle vene con il suo potentissimo rombo. Pensò immediatamente che rientrare fosse la cosa giusta e proprio mentre voltava le spalle alla strada un secondo rombo, di una moto, lo fece sussultare visibilmente tanto da far sghignazzare alcuni ragazzini lì vicino che lo stavano guardando. Quando Alberto lo mandò a sbrigare una commissione, visto che lui non poteva spostarsi dal negozio, una tremenda ansia gli fece incollare il sudore freddo sulle ossa. Aveva pensato di chiedere a Stan di andare al posto suo ma aveva dovuto desistere subito perché sapeva che se il capo lo aveva chiesto a lui era perché si fidava. Così imprecando mentalmente si era ritrovato ad uscire di nuovo, ad attraversare la strada e a camminare con un passo veloce che non apparteneva affatto alla sua andatura ma il desiderio di tornare il prima possibile indietro era più forte di qualsiasi altra cosa.
Lo stava pedinando o che cosa?
Harry era dall'altro lato della strada, in sella alla sua moto, e lo fissava come se lo stesse aspettando da una vita. Inutile dire che Louis si bloccò incapace di muovere anche solo un arto, il fiato nella gola e quel maledetto batticuore che pareva intenzionato a stroncare la sua giovane vita. Che cosa avrebbe dovuto fare? Fingere di non averlo neppure notato o andargli in contro e ascoltare che cosa avesse da dirgli? Perché Louis era tremendamente sicuro che volesse dirgli qualcosa, non sapeva bene che cosa, ma avrebbe potuto scommettere il suo skateboard che c'era tormento nei suoi occhi di smeraldo, lo stesso che aveva scorto quando gli aveva chiesto di allontanarsi da lui ed uscire dalla sua vita.
Avrebbe così tanto voluto concedergli l'opportunità di parlargli ma, allo stesso tempo, non poteva fare a meno di sentirsi terrorizzato all'idea di permettergli, ancora una volta, di destabilizzare ogni suo equilibrio emotivo.
Dopo una estenuante guerra interiore decise che la cosa più giusta da fare fosse proseguire a testa alta e ignorare completamente la sua presenza. Attraversò la strada con gli occhi fissi sulla sua meta fingendo che intorno a lui non ci fosse nient'altro, il cuore a bruciare ad ogni passo. Parve funzionare perché Harry non insisté oltre e, immergendosi nel traffico della città, sparì di nuovo.

Inchiostro invisibile su pagine già scritte | Larry StylinsonDove le storie prendono vita. Scoprilo ora