«...e poi alla fine, come se fosse la cosa più normale del mondo in una circostanza come quella, mi baciò». Eleanor rise dopo aver terminato il suo breve racconto, seguita da Sophia e Liam che avevano seguito ogni sua parola con attenzione. Niall invece era rosso come un pomodoro maturo, le punte delle orecchie addirittura sembravano voler fumare dall'imbarazzo che doveva aver preso a scorrere nelle sue vene al posto del sangue. Louis aveva smesso di ascoltare la conversazione già da un bel po' di tempo, a dire il vero da quando era tornato dai bagni non aveva fatto altro che pensare al fatto che tra quelle mura, quella stessa sera, ci fosse anche Harry.
Quella consapevolezza lo metteva profondamente in crisi, non riusciva a capire come si sentisse a riguardo; voleva andarsene via, a casa, ma gli sembrava di fare un torto ad Eleanor, e sebbene gli dispiacesse ammetterlo non gli importava neppure di Greg poiché sentiva il bisogno sviscerale di allontanarsi anche da lui.
Louis voleva solamente rinchiudersi in camera, al buio, e possibilmente rimanerci per sempre, lontano da tutto e tutti. Dal loro tavolo, ad ogni modo, era possibile osservare il piano di sopra del locale e adocchiare alcune persone fare capolino dal parapetto. Era terrorizzato all'idea di alzare lo sguardo e incrociare, di nuovo, quello di Harry ora che aveva l'assoluta certezza che ci fosse anche lui lì. D'un tratto gli tornarono in mente le parole di Eleanor, capì a che cosa stesse alludendo quando aveva accennato al fatto che Max e i suoi amici avevano pensato di unirsi a loro, per festeggiare tutti insieme. Era stata un angelo, ora che ci pensava, a pensare di volerlo riguardare da un possibile incontro con Harry. Louis le rivolse un sorriso, apparentemente senza motivo, che però la ragazza seppe afferrare per quello che in realtà era: una dimostrazione di gratitudine. Fu solo quando le braccia di Greg si avvolsero attorno alle sue spalle e la sua bocca sussurrò «Dopo vieni da me?», che Louis sentì l'esigenza di prendere aria.

Doveva solo... uscire e fumare una sigaretta, qualsiasi cosa pur di zittire quella terribile guerra interiore che non lo aveva lasciato in pace un solo attimo. Si allontanò dicendo che sarebbe andato a fumare e quando si alzò detestò con tutta l'anima l'alcool tracannato quella sera, e lo odiò profondamente quando un rigurgito gli fece temere il peggio, mentre era ancora bloccato nella folla. Non aveva alcuna intenzione di dare di stomaco, soprattutto in quel punto della sala, perciò strinse forte le labbra e respirando piano riprese a camminare; ad un passo dall'uscita, dalla salvezza, qualcuno gli strinse un braccio in una morsa ferrea e dolorosa. Lo stomaco si strinse spiacevolmente.
«Mi dici che intenzioni hai?»
Nello spazio di ingresso del locale la musica arrivava già ovattata e per Louis non fu difficile riconoscere a chi apparteneva quella voce. La pelle andava a fuoco nell'esatto punto in cui le dita dell'altro premevano con possessione nella sua carne.
«Lasciami, mi stai facendo male». Lo disse senza alzare gli occhi sul suo volto, quelli restarono a fissare il punto in cui i loro corpi erano in contatto.
Harry lo scosse malamente, avvicinandolo a sé e in quel gesto non c'era delicatezza ma la rabbia che aveva scorto nelle sue iridi quando lo aveva visto per la prima volta nei bagni. Nella sua voce la nota della gelosia era più acuta delle altre.
«E guardami negli occhi quando ti parlo» insistette, «mi dici cosa ti passa per la testa?»
Che diritto credeva di avere per trattarlo in quel modo, che tipo di autorità pensava di esercitare ancora su di lui? Una strana adrenalina prese a scorrere assieme al sangue dentro alle vene, era arrabbiato per come lo stava facendo sentire e al tempo stesso provava profonda soddisfazione nel saperlo in quello stato tormentato.
«Non so a che cosa ti stai riferendo» mentì, trovando perfino la forza di ghignare. Quello, se possibile, riuscì ad infervorare maggiormente Harry che lo tirò a sé, fino a che i loro petti non furono l'uno contro all'altro, le dita ancora affondate nella carne del suo braccio.
«Chi è quello?» domandò con tono sommesso, a Louis parve quasi un ringhio. Le iridi di Harry galleggiavano in una sottile ebbrezza che gli arrossava la retina degli occhi e il suo fiato era alcolico - se fosse stato lucido non lo avrebbe fermato in quel modo e soprattutto avrebbe usato un tono completamente differente. Louis lo sapeva bene, come sapeva che l'alcool era da sempre stato un buon catalizzatore di sincerità.
«Non riesco a capire quanto possa interessarti una mia risposta, davvero, con che diritto credi di potermi parlare?»
L'insofferenza iniziava a montare dentro di lui e Louis sapeva che nel momento in cui si fosse scontrata con il suo istinto, non avrebbe potuto fare più niente per controllare il fiume delle sue parole risentite. Temeva quel momento fosse spaventosamente vicino.

Inchiostro invisibile su pagine già scritte | Larry StylinsonWhere stories live. Discover now