«Credo di amare il modo in cui ridi, sono serio, devi credermi». Harry glielo aveva detto un pomeriggio qualsiasi, mentre erano al parco e lui stava riprendendo fiato dopo aver scorrazzato sul suo skateboard per quasi un'ora di fila. Il ragazzo aveva condiviso con lui una delle sue stupidissime freddure e Louis non era proprio riuscito a non ridere di pancia, battendosi un pugno sulla coscia mentre l'altro lo fissava serio come se cercasse di godersi appieno la sua risata. Harry era una persona dalle confessioni inaspettate, una di quelle che non premeditavano mai nulla, che se pensavano ardentemente di voler fare sapere qualcosa a qualcuno, lo facevano e basta a rischio di fargli mancare irreparabilmente il fiato, magari fino alla morte.
Era di una spontaneità davvero disarmante.

Louis, tra le tante cose, aveva anche scoperto che due delle sue più grandi passioni erano la fotografia e la scrittura. Aveva persino trovato, nel comodino accanto al letto di Harry, una trentina di polaroid che lo immortalavano mentre dormiva, alcune con il suo volto assonnato, il suo corpo nudo tra le lenzuola sfatte, la sua schiena ricurva in avanti quando, dopo essersi svegliato a casa del ragazzo, si rivestiva di fretta e furia per andare al lavoro. Una volta, dopo essersi vestito, lo aveva scoperto mentre gli scattava una foto e glielo aveva detto: «Mi inquieta questa storia delle polaroid, sembri un maniaco stalker».
Harry aveva riso di cuore, così tanto che agli angoli degli occhi gli erano persino apparse delle piccole stille luccicanti e, senza smentire o dargli spiegazioni, lo aveva spinto di nuovo sul letto, incastrandolo per bene sotto di lui. Lo aveva fatto venire per la seconda volta in quella pallida mattina, solo con le labbra, facendolo arrivare al negozio con mezz'ora di ritardo sebbene tutte le volte - per convincerlo a restare un altro po' con lui - usasse la scusa: «Ti accompagno in moto, così non devi aspettare il treno».

E poi c'era la scrittura.
Harry scriveva e non lo faceva solo per diletto, non era solo un passatempo di cui non riusciva a fare a meno; Harry scriveva per realizzare il suo più grande sogno nel cassetto: riuscire a pubblicare il suo romanzo. E quel quaderno, galeotto, era un diario di bordo, il luogo fisico dove appuntava le improvvise ispirazioni, oltre alle citazioni delle sue letture preferite. In quelle pagine scriveva interi dialoghi o semplici scene che avrebbe poi inserito nel suo romanzo. Louis moriva dalla voglia di scoprire che cosa stesse scrivendo con tanto fervore, si sentiva addirittura geloso dell'universo che ogni volta lo accoglieva e lo teneva tutto per sé, allontanandolo da lui e dal mondo, dalla realtà.
Una notte, dopo aver fatto l'amore, le gambe ancora tremolanti per le emozioni che tutte le volte Harry era capace di fargli provare, Louis lo trovò con addosso solo i boxer seduto sul bordo del letto, con il portatile sulle ginocchia. La luce del monitor creava ombre sul soffitto e il ticchettio continuo delle dita a battere sui tasti avevano destato il suo sonno leggero. Si era scostato le lenzuola di dosso, con un lieve fruscio, e gattonando piano piano sul materasso morbido gli si era poggiato con il mento sopra ad una spalla, i capelli spettinati e gli occhi assonnati che cercavano di mettere a fuoco nel bagliore indefinito di quel monitor, senza riuscirci davvero. Harry parve accorgersi immediatamente della sua presenza e, dopo aver chiuso con uno scatto secco il laptop, con la chiara intenzione di non lasciarlo sbirciare tra le sue parole, gli si era tuffato addosso desideroso di lui come se non si toccassero da secoli, come se ormai conoscesse la sua debolezza e il modo perfetto di distrarlo dal suo intento.
Tra un bacio e una carezza Louis aveva imparato anche questo, col tempo, a non intromettersi nelle sue cose se non fosse stato lui in primis a volerlo. Perché Harry per lui continuava ad essere un mistero, uno strambo rebus dalle parole indecifrabili, gli atteggiamenti impossibili da tradurre e gli sguardi spesso imperscrutabili.


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La domanda che si poneva ogni giorno era sempre la stessa da ormai ventidue anni. Apriva gli occhi e gli bastava mettere piede fuori casa, vedere qualcosa in particolare e pensare perché esistono certe persone?

Inchiostro invisibile su pagine già scritte | Larry StylinsonDove le storie prendono vita. Scoprilo ora