«Ma non ci sono tipo delle controindicazioni per chi fuma con il piercing sulla lingua?» domandò, mentre Louis si accendeva la sigaretta finalmente pronta. A quella domanda ricordò quando decise di bucarsi la lingua, aveva una gran voglia di fare quella follia ma al tempo stesso ne era terrorizzato. «Solo all'inizio, quando la lingua è ancora debole per via del foro. Bisogna mangiare solo roba liquida, uno schifo, ma una volta che sana si può fare di tutto, dal mangiare e bere quello che si vuole a, insomma...»
Stava quasi per descrivere tutto nei dettagli ma si fermò giusto in tempo, anche perché non credeva fosse il caso di specificarlo, davvero, l'occhiata maliziosa che gli rivolse Harry oltre a farlo morire dentro gli fece capire che aveva colto il punto.
Quest'ultimo soffiò via una generosa quantità di fumo e «Continuo a preferire i tatuaggi, vedo che hai anche quelli» constatò.
Louis annuì, gli occhi ad osservare distrattamente le proprie braccia tatuate. «Sì, sono un ragazzaccio, che ci vuoi fare» rise, prendendosi gioco di lui ma anche di se stesso e Harry lo seguì subito, ridendo quella sua risata che coinvolgeva anche il corpo: gli occhi che si chiudevano, il capo chino in avanti e le spalle a scuotersi in singhiozzi inarrestabili. Era davvero uno spettacolo, non poteva fare nulla per negarlo. Anche lui, ad ogni modo, aveva un gran numero di tatuaggi sparsi sul corpo, e dall'ampio scollo rotondo della t-shirt riusciva anche ad intravedere due ali di quelli che dovevano essere dei piccoli uccelli in volo.

Parlarono di quella loro passione in comune, raccontando a turno alcuni episodi divertenti collegati a questo o a quell'altro tatuaggio e, Louis notò, c'era qualcosa di elettrico nell'aria e i lampi all'orizzonte, ad illuminare lo skyline della città, non c'entravano nulla.
Era più che altro l'intimità venutasi a creare, il semplice fumare una sigaretta assieme tra una parola e l'altra, conoscersi, scoprirsi per gioco, ridendo e scherzando delle storie dell'altro. Louis non parlava mai di se stesso, gli era sempre risultato difficile, a volte inutile come se potesse apparire agli occhi degli altri come un peso insopportabile e lui non voleva essere la palla al piede di nessuno; eppure con quel ragazzo era tutto diverso, neanche si accorgeva delle parole che fluivano dalla sua bocca con genuina semplicità.
Dopo aver soffiato fuori l'ennesima boccata di fumo, a rischio di essere beccato in flagrante, Louis si concentrò sul volto di Harry, precisamente sui suoi capelli che quella sera aveva acconciato in una maniera che lui non avrebbe potuto immaginare neppure.
«Stai davvero bene con...» borbottò, gesticolando vagamente con una mano sopra alla propria testa. Non riusciva a pronunciare la parola chiave perché gli era ancora troppo difficile credere a quello che gli occhi stavano osservando, aspettava sempre il momento in cui la sveglia gli avrebbe fatto capire di aver sognato tutto.
«Ti piacciono le mie trecce?» domandò allora Harry, tirandolo fuori dall'impaccio. Louis in risposta annuì soltanto. Era davvero rapito dal modo in cui quelle trecce gli stavano così bene, a tenergli frenati i capelli ai lati della testa cosicché lo sguardo non fosse mai nascosto da ciocche ribelli. C'era qualcosa di delicato in quel look e al tempo stesso di potente; delicato come la sua mano impegnata a scrivere chissà quali parole e forte, come il suo essere così sicuro di se stesso, della sua immagine senza temere il parere di nessuno. Questo aspetto del suo carattere, ad esempio, trapelava tanto e in ogni atteggiamento, soprattutto nel modo di porsi con gli altri.
«Sì e tanto. Immagino sia perché i capelli raccolti in questo modo risaltano un sacco i tuoi occhi, una cosa del genere». Non riusciva neanche più a sentirsi ridicolo per i suoi pensieri, era solo gasato dal fatto che riuscisse a condividerli senza impaccio.
«Una cosa del genere» lo prese in giro Harry, apparendo forse per la prima volta da quando lo aveva conosciuto, in imbarazzo. «Grazie» aggiunse poi, e senza cedere il posto al silenzio parlò di nuovo.
«Da quando vivi qui?» domandò tirando via per l'ultima volta dalla sua sigaretta, prima di disfarsene.
Louis si leccò un labbro, sentiva la bocca incredibilmente secca d'un tratto. Sospirò immergendosi nei ricordi della sua adolescenza, acquitrini torbidi in cui non amava particolarmente guardare.
«Tre anni, quasi quattro tra qualche mese. Vivevo a Doncaster prima di venire qui, me ne sono andato perché iniziava a starmi tutto un po' stretto». Annuì, scrollando via la cenere dalla punta luminosa della sua sigaretta.
Harry apparve d'un tratto incuriosito più che mai dalla sua storia. «Perché hai deciso di andare via?»
«Il solito motivo che spinge tutti gli adolescenti a scappare via, immagino. Diciamo che me ne sono andato anche per superare alcune cose e perché le voci che iniziavano a circolare non mi entusiasmavano».
Tirò una nuova e lunga boccata di fumo dalla sua sigaretta, gli occhi assottigliati persi in un punto buio oltre alle spalle di Harry. «Non fraintendermi, non sono uno che dà peso a quello che dice la gente, ma credo che a nessuno piaccia essere sulla bocca di tutti. Non so se mi spiego».
Harry annuì, gli occhi posati con delicatezza sul suo volto. Sentire lo sguardo del ragazzo addosso, in quella circostanza, non gli causava più insofferenza. Anzi, era come se si sentisse al sicuro, compreso, per la prima volta ascoltato per davvero. Forse si era sbilanciato troppo, magari Harry stava chiedendosi di che natura fossero le voci che lo avevano convinto ad abbandonare la sua famiglia per andare a vivere in un altro posto; Louis sentiva che con quel ragazzo, sebbene fosse solo la seconda volta in cui riuscivano a vedersi e parlare, si era creato qualcosa di solido, un qualcosa che li avrebbe portati sicuramente ad incontrarsi di nuovo per approfondire la loro conoscenza. Perché c'era voglia di conoscersi da entrambe le parti e in egual misura, così come Louis percepiva di suscitare in Harry un'attrazione forte. La musica appena più bassa, per non far lamentare troppo i vicini, arrivava ovattata dall'interno. Louis si prese alcuni minuti per riflettere su ciò che era stato in passato, che aveva vissuto negli anni della sua adolescenza, e un mucchio di bei ricordi salirono a galla, per poi essere sommersi dai ricordi incolore che ancora erano in grado di procurargli sentimenti negativi. Li scacciò via con una smorfia di disgusto e una scrollata di spalle che fecero scuotere il capo a Harry, sul suo volto un sorriso mite. Probabilmente stava pensando che fosse impazzito o che fosse un matto da legare, uno di quelli che pensavano ad alta voce, parlavano da soli e gesticolavano come se avessero un interlocutore immaginario davanti a loro.

Inchiostro invisibile su pagine già scritte | Larry StylinsonDove le storie prendono vita. Scoprilo ora