SO CHE CI SARAI

«Ma la gente cosa ci trova di interessante nel leggere certe stronzate?»
Queste furono le prime parole, senza neppure un saluto, che rivolse a Liam, il suo migliore amico e collega, non appena ebbe oltrepassato la porta sul retro della Foot Locker dove lavorava. Per lui quel genere letterario era solo una stupidaggine, una delle tante letture rosa che alla fine non lasciavano nulla al lettore. Louis mirava più ai romanzi fantastici, ai thriller psicologici che rasentavano l'horror, quei libri che sapevano come tenere col fiato sospeso perché tra le loro parole vi era sempre un fondo di realtà, quella di persone come lui. Prediligeva quel genere perché sapeva convincere il lettore ad immaginare, sognare universi paralleli in cui gettarsi a capofitto per vivere ogni volta avventure indimenticabili.
Quando soffiò un verso di disprezzo a labbra strette, il ragazzo dai capelli corti e castani in canottiera e con tutta la muscolatura in bella vista, si voltò nella sua direzione come se solo allora si fosse accorto di lui. Quando Liam si girò definitivamente sul sul volto vi era un sopracciglio alzato. «Ciao a te» rispose, le labbra carnose appena schiuse. Louis non sembrò voler far caso al saluto dell'altro perché si precipitò a mettere via lo skateboard e a ritornare sui suoi passi, pretendendo una risposta alla sua domanda.
Si sistemò con un gesto stizzito lo snapback da cui non si separava mai e «Hai sentito quello che ti ho detto?» domandò, infatti, con un pizzico di impazienza nella voce mentre l'odore di gomma e di attrezzi per il fitness gli riempiva i polmoni. Quell'odore lo faceva sentire a casa, probabilmente perché appena trasferitosi in città era stato il primo ad incollarsi alla sua pelle.
Liam che era ormai abituato da ben due anni al suo umore che dire lunatico era un eufemismo, sospirò e sistemando alcuni manubri da cinque chili ciascuno in un grosso scatolone gli si fece più vicino.
«Qualcuno è stato buttato con violenza giù dal letto stamattina?»
No, non era per quello se si sentiva incazzato con mezzo mondo quel giorno, era tutta colpa della luna storta che pendeva sul suo capo. Alzò le spalle e chinato su di uno scatolone imballato, con un taglierino, fece per tagliare via lo scotch per poi riversarne il contenuto sul pavimento. Cinquanta paia di sneakers, i cui lacci erano annodati meticolosamente - imprecò a mezza voce all'idea di doverli districare - si mostrarono ai suoi occhi ricordandogli tacitamente di dover essere sistemate negli appositi scaffali, pronte per gli sguardi degli appassionati fanatici dello sport. A volte si domandava come facesse a conciliare il suo carattere poco propenso allo stare tra la gente con il suo lavoro di commesso. Si morse la lingua formulando una risposta da dare a Liam, ci mise un bel po' per non rispondere con più veleno del dovuto e «Cosa cazzo c'entra quella gigantografia stupida di fronte ad un negozio Foot Locker? Mi urta» riferì seccamente.
L'amico sembrava sul serio non riuscire a capirlo e il cipiglio che apparve tra le sue sopracciglia folte ne era un chiaro segnale.
«Ma di che cosa stai parlando? Giuro che faccio fatica a... Ah». Si interruppe non appena ebbe allungato il collo per scrutare attraverso la vetrata che dava sulla strada principale. Quando Liam parve mettere a fuoco il motivo dell'irritazione dell'altro ragazzo non riuscì a reprimere un urletto davvero poco virile che fece innervosire, se possibile, ancor di più Louis.
«Ma è fantastico!»
Louis si voltò a fissarlo allibito e «Cosa?» domandò con un sopracciglio pericolosamente inarcato. Pareva potesse cascargli dalla fronte da un momento all'altro.
«È finalmente uscito il nuovo romanzo della Rosewall!»
Liam annuì più volte alla sua stessa affermazione e sembrò davvero esaltato. «Stamattina quando sono arrivato non c'era, devono averlo messo ora. È fantastico!» ripeté con così tanto entusiasmo che Louis dovette reprimere un conato di disappunto.
«È tremendo, invece» insisté lui. «È così antiestetico, con quei colori da Barbie, e poi che senso ha metterlo di fronte ad un centro di articoli sportivi? Non dovrebbe starci un tipo di pubblicità più in linea con quello che vendiamo?»
D'accordo, forse a se stesso poteva ammetterlo: stava decisamente esagerando accanendosi in quel modo. Il punto era che si trattava solo di riversare il suo malumore nella prima cosa che gli desse appena un pizzico di fastidio e a dirla tutta ci stava davvero riuscendo.
«Ma si può sapere che fastidio può darti quella pubblicità là fuori? Non guardarla e fingi che non esista».
Louis per non dargli addosso e per sedare il suo nervoso irrazionale, decise di fingere che Liam stesso non esistesse in quel momento. Finse anche di ignorare l'occhiata truce che gli rivolse Alberto dopo averlo salutato freddamente e si spinse strascicando i piedi nel suo reparto. Nonostante fossero solo le dieci del mattino gli avventori furono tanti e il lavoro si fece più arduo quando dovette star dietro ad un tizio fanatico di jogging indeciso su quale tipo di scarpe comprare. Indossando il suo sorriso migliore e l'aria del commesso sempre disponibile e gentile riuscì a vendergli delle Adidas per il quale lui stesso sbavava da tempo ma che costavano più o meno quanto un suo rene. Riuscì persino a dissipare, anche se solo in parte, il malumore che si trascinava dietro da quando si era alzato e fu davvero lieto di allontanarsi per un po' quando fu il suo turno di fare una pausa. Durante lo spacco decise di fumare una sigaretta all'esterno, aveva davvero bisogno di rilassarsi. Il fumo denso e caldo sembrava riuscire tutte le volte a placare la sua insofferenza, un po' come se bevesse una buona tazza di tè prima di andare a letto. In più di un'occasione gli era balenata alla mente l'idea di rollare insieme al tabacco un po' del suo tè rilassante ma aveva sempre desistito per paura che potesse avere effetti collaterali sulla sua insonnia; perché Louis, sebbene non gli piacesse ammetterlo ad alta voce, amava la sua insonnia che gli permetteva di vivere appieno ogni notte. Stava inspirando l'ultima boccata di fumo, la cartina bianca a consumarsi sino a sparire completamente contro il filtrino stretto tra l'indice e il pollice, quando scorse Liam fotografare col cellulare quell'irritante pubblicità. I raggi pallidi del sole che la colpivano facevano risaltare con maggior vivacità i colori della stampa e se la stanchezza non gli stava giocando un brutto scherzo sembrava quasi che l'intera via fosse diventata leggermente rosata, come se la luce si fosse infettata con quei colori. No, sul serio, non credeva di potercela fare. Scosse la testa e si avvicinò al ragazzo che, come un turista al cospetto di un'opera d'arte di straordinaria bellezza, stava ammirando l'edificio di fronte. La cicca a sbattere contro l'asfalto prima di finire, manco lo avesse fatto di proposito, nel primo tombino lì vicino quando la lanciò via con uno scrocco delle dita.
«Amico ma sei serio e o mi stai prendendo per il culo?» domandò con una pungente ironia nella voce. Liam alzò una spalla e con un sorriso inebetito riposò il cellulare nella tasca posteriore dei jeans chiari. Non disse nulla, così Louis insistette.
«Da quando un uomo tutto muscoli come te è interessato a quelle stronzate per ragazzine in crisi ormonale?»
Solo a quel punto il suo amico parve per un attimo offeso, le labbra incurvate in quel broncio tenero fecero rivalutare a Louis, solo per alcuni secondi, l'idea che fosse stato troppo rude con lui, ma ci pensò veramente per poco perché continuò a fissarlo con il suo sguardo che sembrava tutte le volte dire: ti sto giudicando.
Liam si voltò nella sua direzione e «Non li leggo io quei romanzi, ma Sophia. La Rosewall è la sua autrice preferita...»
Ah, certo, ora era decisamente più chiara la situazione ma Louis continuava comunque a non capire il motivo di tanta esaltazione da parte del ragazzo. Perciò emise un mugugno scettico al quale Liam rispose con uno sbuffo.
«Ne sono esaltato solo perché ora so cosa regalarle per il suo compleanno che è la settimana prossima e poiché non sapevo proprio cosa prenderle per farla felice ora mi sento sollevato».
Le sopracciglia di Louis si sollevarono quando «Oh ma che romanticone!» lo canzonò battendogli una spanna sulla schiena.
Liam da tanto grosso com'era in quel suo corpo da personal trainer sembrò farsi piccolo piccolo, come un ragazzino alla sua prima cotta adolescenziale. Louis scosse la testa, per quella che sembrò essere la millesima volta in quella mattina, e tutto ciò a cui seppe pensare fu: l'amore rimbecillisce la gente. Lui non aveva alcuna intenzione di ridursi in quello stato. Almeno, non di nuovo.

Inchiostro invisibile su pagine già scritte | Larry StylinsonDove le storie prendono vita. Scoprilo ora