Stalking.

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«Perché non dovrei ritornarci? Insomma mi ha parlato. Luke Hemmings mi ha parlato!».
«Lo so. Ma se ti vedesse sempre lì penserà che tu ci vada solo per vedere lui. E magari può pensare che lo fai solo perché sei una fan come le altre».
«Me è esattamente così. E lo voglio rivedere» piagnucolo.

Dana cammina avanti e indietro per il salotto, probabilmente pensando a cosa fare.
Mentre io sono solo distesa sul divano a mangiare patatine. Cosa che faccio tutti i giorni a tutte le ore da quando ho lasciato il college.

Alza la mano mostrando l'indice.
«Trovato! Lo seguiremo» dice entusiasta.
«Perché dovremmo?».
«Per scoprire dove va, o cosa fa dopo essere uscito da quello stupido bar. E faremo in modo -mi tocca il petto con un dito- che ti incontri più spesso. Fin quando non morirà dalla voglia di conoscerti».
«Così sembrerò davvero una stalker».
«Non se non ti scopre» ghigna.

«Erano davvero necessari gli occhiali da sole? È nuvoloso» commento.
«Sta zitta» sussurra continuando a guardare l'entrata del bar dietro il tronco di una palma.
«Dana siamo qui da 15 minuti e non l'abbiamo neanche visto entrare. Non pensi che non sia venuto?».
Lei in risposta mi da uno schiaffo in testa.
«È ovvio. Non l'abbiamo visto entrare perché è arrivato in anticipo. E non sta uscendo solo perché sta aspettando di vederti» lo dice come se fosse la cosa più ovvia del mondo.
Come se Luke Hemmings non avesse una vita da celebrità impegnata e perde tempo con la prima ragazza che incontra.

«Seconda domanda. Perché mi obblighi sempre a indossare queste gonne di American Apparel?» domando notando la mia gonna corta a pieghe nera con linee bianche che formano dei quadrati.
«Non hai mai sentito She Looks So Perfect?» dice sarcastica.
«Come ho fatto a non pensarci» roteo gli occhi al cielo.

«Cazzo Grace, guarda».
Il suono di una campanella attira la nostra attenzione sulla porta del bar appena chiusa, da Luke.
«Te l'avevo detto» mi guarda sorridendo.
«E ora che facciamo?». Sono di nuovo agitata e inizio a sudare. Non voglio avvicinarmi a lui se puzzo.

«Stalking».
Mi prende per il braccio portandomi sulla stessa scia percorsa da Luke.

Dopo 5 minuti ci ritroviamo davanti allo studio della capitol records. A pochi metri di distanza da lui.
«Dana no, stiamo esagerando». La incito a tornare indietro, ma lei diventa più convinta di prima.

Mi spinge più avanti, verso Luke, che è fermo a controllare il suo telefono.
«Tra pochi secondi entrerà. Questa occasione non ti ricapiterà mai più, forza!».
Mi giro nuovamente verso di lei impaurita.
«E cosa faccio?».
«Non lo so. Inciampa su di lui».
Mi fa segno di andare, così inizio a camminare a passo svelto prima che lui entri nello studio.
Inizia ad avviarsi nell'edificio e per raggiungerlo non mi resta altro che correre.

Corro finché non mi ritrovo davanti a lui che quasi mi investe.
«Oh, scusa». Il suo tono è indifferente e freddo. Come se in realtà avrebbe voluto dirmi di levarmi dai piedi.
Balbetto cose insensate mentre sposto i miei occhiali su i capelli.
«Scusami. Sono solo una stupida. Non volevo farti male. Vado via subito» dico velocemente. È in questi momenti che penso che mio padre avrebbe dovuto indossare il preservativo.

Ma la sua espressione diventa stupita, finché sul suo volto non si fa spazio un sorriso.
«Oh no. Scusami tu. Spero tu non ti sia fatta male per colpa mia» il suo tono diventa più dolce e tranquillo. Cosa che mi fa sciogliere in pochi secondi.
Gli sorrido a mia volta.
«Non è nulla».

«Hai un viso famigliare sai?».
Dice vago, anche se so perfettamente che mi ha riconosciuta come "la ragazza del bar".
«Ehm già immagino. Cioè no, volevo solo dire, che insomma anche tu hai un viso familiare».
Sembra divertito dal mio modo di parlare, quando io vorrei solo seppellirmi.

«Beh, -mi porge la mano- io sono Luke».
Osservo la sua mano tesa, non avrei mai immaginato di avere l'occasione di stringerla.
La prendo trattenendo le lacrime per l'emozione.
«Io sono Grace» sorrido più del dovuto.
Come se non lo sapesse.

Si distrae guardando un punto fisso dietro le mie spalle per poi mormorare qualcosa infastidito.
«Scusa, devo andare».
«Oh tranquillo, anche io sono di fretta».
Potrei passare tutta la mia esistenza qui tenendo stretta la tua mano, ma sono solo dettagli.

«Allora ci vediamo, magari» sussurra l'ultima parola. Sembra quasi imbarazzato, ed è la cosa più dolce che abbia mai visto.
«Certo».
Ci scambiamo un ultimo sorriso prima di andare ognuno per la propria strada.

Dana si avvicina a me mentre urla parole incomprensibili.
«Ti rendi conto di quello che é appena successo?!».

Sorrido guardando nel vuoto.
«Ha una mano bellissima».

I'm not a fan, maybe //Luke Hemmings Where stories live. Discover now