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«Signorina»

«Mh» bofonchiai assonnata girando il capo dal lato opposto.

«Signorina stiamo per atterrare, deve allacciare la cintura di sicurezza» disse una voce cordialmente.

Mi sforzai di aprire le palpebre che, tutto d'un tratto, sembravano essere diventate pesanti come blocchi di cemento. Mi guardai intorno trovando la figura di un hostess tirata a lucido che mi guardava dall'alto in basso. E non perché fosse in piedi rispetto a me. Era giovane, avrà avuto più o meno la mia età e portava elegantemente la sua divisa aderente sui toni del blu. I suoi modi erano esperti e fieri, probabilmente fiera di quanto svolto fin'ora.
Io invece ero...una fallita. Mi ero impegnata tanto negli anni di studio ed avevo sacrificato praticamente tutta l'adolescenza per diventare una donna diligente ed in carriera ma, l'unica cosa che ero riuscita a fare era stato cacciarmi nei guai. Vedere nel volto di quella donna la determinazione e la soddisfazione di essere realizzata mi provocava una strana sensazione alla bocca dello stomaco. Invidia probabilmente.

Allacciai la cintura di sicurezza e puntai lo sguardo verso l'ultimo sprazzo di panorama ad alta quota. Ad occhio e croce sarebbero dovute essere otto del mattino a giudicare dal fastidioso brontolio prodotto dal mio stomaco. Negli ultimi tempi ero diventata peggio di un orologio svizzero quando si trattava di mangiare. Le prime smagliature lievi avevano iniziato a comparire irritando la mia pelle sensibile e, nonostante cercassi di impormi un'alimentazione sana, non riuscivo a non addentare tutto ciò che mi capitava a tiro. Iniziavo ad essere incontrollabile e la cosa mi faceva paura. Il mio corpo prendeva vita autonomamente sfociando in desideri e sensazioni spesso a me sconosciute. Era strano ma allo stesso tempo straordinario quanto la vita umana fosse piena di sorprese. A volte, soprattutto di sera, mi capitava di mettermi seduta sul letto ad immaginare come sarà la mia vita tra qualche mese. Come gestirò un neonato completamente sola anche se, le figure asfissianti di Lucas e Zayn non mi avrebbero lasciato neanche il tempo di respirare. Loro erano la mia unica piccola grande famiglia. Pochi componenti ma infinito amore.

La discesa verso la terrà ferma durò pochi minuti e non appena aprirono i portelloni un'ansia mai provata prima si impossessò di me. Ero stata così distratta dai miei pensieri da non valutare effettivamente a cosa sarei andata in contro da lì a breve. Non ero pronta, non lo ero affatto. Neanche io a volte credevo realmente di star vivendo tutto questo, quindi figuriamoci il doverlo comunicare a qualcun'altro.

Slacciai la cintura con una lentezza disarmante e quando tutti i passeggeri furono fuori, recuperai il mio bagaglio. Scalino dopo scalino mi ritrovai di fronte l'immenso aereoporto inglese dalla quale più volte ero fuggita nel corso dell'ultimo anno. Una via di salvezza talmente rassicurante che sarei montata sul primo aereo all'istante e a prescindere dalla destinazione.

Respirai a pieni polmoni l'aria gelida e pesante della mia terra natale e mi diressi verso il rullo contenente il bagaglio grande. Dopo svariati minuti riuscii ad individuarla e ad estrarla dal mucchio polveroso. Diedi un'ultima occhiata alle mie spalle e mi avviai verso l'uscita. Non appena fui fuori mi concessi di ammirare il sole splendere come troppo poco spesso capitava. L'Inghilterra era un luogo difficile da apprezzare veramente e il perenne maltempo non aiutava. Ma a me piaceva così. Ogni centimetro dei maestosi e fiabeschi paesaggi erano uno spettacolo a dir poco emozionante. Soprattutto se li si guardava con sentimento come facevo io ogni volta.

Uscii nel parcheggio e mi guardai intorno alla ricerca di un qualche viso familiare. Ma non riconobbi nessuno. Sfilai il cellulare dalla tasca e lo trovai spento. Stupidamente non mi ero ricordata di riaccenderlo una volta atterrati. Mi sistemai nel cappotto e dopo qualche minuto controllai il registro chiamate trovandolo completamente intasato. Lucas e Zayn avevano telefonato esattamente undici volte ciascuno per un totale di ventidue chiamate.

VENTIDUE.

Digitai velocemente il numero di mio fratello che al primo squillo rispose.

«Dove cazzo sei stata? Ci hai fatto prendere un colpo» urlò dall'altro capo del telefono.

Roteai gli occhi al cielo e sorrisi tra me e me. Apprezzavo le loro premure nei miei confronti ma a volte tendevano ad esagerare.

«Calmati boo bear, sono appena atterrata. Niall starà sicuramente cercando di contattarmi quindi, emh ci sentiamo più tardi, vi voglio bene» e senza lasciargli il tempo di replicai, agganciai.

Sospirai. Non so perché ma avevo un brutto presentimento, uno di quelli difficili da ignorare. Avvertivo che qualcosa sarebbe andato storto ma non sapevo cosa. E, soprattutto, speravo vivamente di sbagliarmi. L'ultima cosa che avrei voluto era creare scompiglio nella vita di qualcun'altro. Mi bastava già di aver combinato un casino nella mia.

In un batter d'occhio il cielo venne coperto da un manto color pece e prima che potessi realmente rendermene conto le prime gocce pesanti iniziarono a bagnarmi. Alzai la testa al cielo ed ammirai lo scherzo che, sicuramente il Signore aveva decido di riservarmi per questo momento, altrimenti non si sarebbe potuto spiegare. Un attimo prima eravamo alle Hawaii e quello dopo stavamo per essere investiti da una tempesta glaciale.

«Fanculo» dissi tra un sospiro di frustrazione e l'altro.

Se questo era stato mandato come segno del destino, sicuramente era arrivato forte e chiaro. Non avevo dubbi che sarebbero stati giorni infernali.

«Ha bisogno d'aiuto?»

SPAZIO AUTRICE

Hola!
Capitolo cortissimo ed orrendo I know but, serviva qualcosa di un pochino più pacato, no?

Alla prossima ❤

Ig: redkhloewattpad/ _saradevincentiis

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