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«Sul serio, è tutto okay» tentai esausta per la terza volta.

«Sicura? Sei pallidissima» chiese scrutandomi con la coda dell'occhio mentre, espertamente, era alla guida di un SUV preso a noleggio.

Annuii tornando a concentrare l'attenzione fuori dal finestrino imperlato d'acqua. Mi sentivo piuttosto nervosa in sua compagnia e la cosa si ripercuoteva anche sul mio stato di salute rendendomi stanca e diffidente. Avvertivo conati di vomito e piccole fitte nel basso cercare di emergere ma prontamente cercai di chiudere il tutto il più lontano possibile.

Harol, a così pochi centimetri di distanza, era peggio che se si dovesse resistere dall'iniettarsi una dose della propria sostanza stupefacente preferita. I capelli corti, mossi e spettinati incorniciavano la sua espressione teneramente imbronciata e concentrata alla guida mentre le labbra erano leggermente schiuse e arrossate. E, come sempre, metteva il mio precario autocontrollo alla prova. Indossava un maglioncino color crema abbinato ad un jeans scuro e uno stivaletto bordeaux che fasciavano la sua figura slanciata alla perfezione, tutto era perfetto su di lui. Più lo scrutano attentamente e più dettagli scoprivo, come ad esempio la piccola ruga che veniva a formarsi sotto il suo occhio destro quando accennava un sorriso oppure le due adorabili fossette poste ai lati delle guance, esattamente come Edward.
C'erano molti dettagli che li accomunavano ma, c'è n'erano altrettanti a separarli. Fisicamente potevano anche passare per fratelli gemelli ma caratteralmente erano l'opposto.

Mi schiarii la gola con un colpo secco di tosse e mi accarezzai il tessuto dei jeans.

«Come sta...Edward?»

Vidi le sue iridi dilatarsi prima di ridurre gli occhi in due piccole fessure. Strinse maggiormente il volante finché le nocche non iniziarono a sbiancarsi per la pressione. Si passò una mano tra i capelli e senza voltarsi chiuse le labbra in una linea dura.

«Perché dovrebbe interessarti?» chiese con tutta la nonchalance e l'autocontrollo di cui era disposto.

«Non lo so, emh così tanto per chied-...»

«Porca puttana!» gridò con rabbia battendo con forza un pugno sul volante facendo sbandare lievemente la vettura.

Mi coprii la bocca con le mani evitando di far fuoriuscire qualsiasi suono. Mi rannicchiai nel mio sedile sentendo il battito correre spropositamente per lo spavento.

Per i minuti successivi nessuno parlò e non riuscii più ad incontrare il suo sguardo. Aveva evitato cautamente di votarsi nella mia direzione nonostante l'insistenza con la quale lo stessi osservando. Sembrava fatto di pietra e dopo attimi interminabili, cedetti.

«Voglio tornare a casa» sussurrai cercando di mantenere un tono di voce stabile.

Non rispose continuando imperterrito ad ignorarmi. Premette il piene sull'acceleratore con maggior forza facendo sfrecciare l'auto oltre i limiti consentiti.

«Portami a casa adesso» lo pregai al limite della sopportazione reggendomi alle imbottiture dell'auto.

L'unico luogo in cui sarei voluta essere in quel momento era piegata sulla tazza del mio piccolo bagno a rimettere tutto ciò che avevo ingurgitato nelle ultime ore.

Lo odiavo, odiavo il modo in cui era capace di farmi sentire ogni qual volta il suo umore mutasse. Ci conoscevamo da pochissimo ma, in certi momenti, sentivo come se gli appartenessi da sempre, come se fossimo stati legati in una vita precedente. Lui era il fuoco, la passione e l'ardore in cui prima o poi mi sarei bruciata e fatta male.

Prima che potessi rendermene conto svoltò bruscamente ripercorrendo lo stesso tragitto al contrario. Non emise parola e continuò a guidare concentrato senza rivolgermi alcuna attenzione. L'avevo fatto arrabbiare senza volerlo, avevo rovinato il suo tentativo di riappacificazione per la mia stupida curiosità. Ma non mi ritenevo l'unica responsabile. Se io avevo una sciocca domanda di cortesia da farmi perdonare, lui aveva mesi dalla mia esistanza alla quale porre rimedio. E non solo.

Pochi minuti dopo parcheggiò dinanzi il portone del mio palazzo continuando a stringere il volante e a guardare in una direzione indefinita davanti a lui.
Il suo profilo contratto e corrucciato da tante piccole rughe non facevano altro che farlo apparire estremamente attraente ai miei occhi già precedentemente stregati.

Lo guardai finché la pressione del mio sguardo non iniziò ad innervosirlo e, finalmente, fu costretto a rompere il silenzio.

«Io so Megan, so tutto» disse.

Spostò lo sguardo sulla mia figura e mi osservò come se fossi l'essere più rivoltante al mondo.

«Tu e quello schifoso di Edward siete dei fottuti bugiardi, io mi fidavo ma avete preferito farmi fesso, lo capisci?» continuò «Sai credevo che tutte le parole dei tuoi messaggi fossero veri, che tutto l'amore di cui parlavi fosse reale ma invece erano cazzate»

E credevo mai avrei visto passare nei suoi occhi un'emozione così intensa, così forte e distruttiva. Era sconvolto, dilaniato, deluso e lo capivo benissimo. Lui sapeva tutto e non avrei potuto far nulla per giustificarmi, per rimediare.

Il respiro mi si mozzò in gola e dovetti cacciare per ben due volte l'aria dai polmoni prima di poter proferire parola. Le mani mi tremavano mentre continuavo a sfregarle freneticamente tra loro nel tentativo di scaricare un po' di adrenalina.

«Ti posso spiegare...»

«Cazzo no, non puoi spiegare un bel niente Megan» disse sferrando l'ennesimo colpo violento contro il volante.

Trattenni il fiato chiudendo gli occhi e incassando ogni singolo colpo inferto dalla sue parole taglienti.

«Perché non me lo hai detto? Sono dovuto venirlo a sapere dagli altri cazzo» disse in tono amaro mordendosi il labbro inferiore.

«N-non ho trovato il coraggio per farlo, ci conoscevamo da così poco e non vol-...»

Mi interruppe con un gesto di mano e, alzando la voce, pronunciò con tutta la calma del mondo la frase che frantumò definitivamente il mio cuore.

«Scendi da questa cazzo di macchina Meg, non voglio più ascoltare le tue stronzate»

«E prenditi queste» disse aprendo violentemente un cassetto per estrarne un pacco di polaroid.

«Volevi vedermi mentre ti aspettavo beh ecco a te» concluse porgendomele per poi aprirmi lo sportello.

Mi stava liquidando.

Senza farmelo ripetere presi le mie cose e scesi dall'auto che, pochi attimi dopo, partì sommando sulle strade umide di Boston.

Volevo liberarmi di lui così da poter proteggere me ed il mio segreto.
Ma a quale prezzo?

SPAZIO AUTRICE

Hello!

Vi aspettavate una tale reazione da Harold? Povera la nostra Meg...
Fatemi sapere cosa ne pensate e mi raccomando, andateci pesante con gli insulti verso il riccio ahahah

Alla prossima ❤️

Ig: redkhloewattpad/ _saradevincentiis

Chat With Stranger 2 | HSDär berättelser lever. Upptäck nu