11. Non ci fare caso, sto solo morendo d'imbarazzo

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Un'idea prese forma nella sua mente, e decise di seguirla prima che si potesse soffermare troppo a rifletterci su. "Permettimi di ringraziarti per essere venuta."

Un minuto, due minuti, cinque. Nessuna risposta.

«Paulo, alza il culo da quel divano e vieni qui!» Gonzalo quando era alticcio sapeva essere molto scurrile.

Lo schermo si illuminò. "Dove?" quella semplice parola gli fece correre un brivido lungo la schiena. Abbastanza neutra da non essere eccessiva, abbastanza implicita da invitarlo ad un incontro.

"Via Ilva, una traversa accanto al Meliá. Sono quello col cappello."

Chiuse il telefono e lo infilò nella tasca del jeans, il drink ormai dimenticato sul tavolo così come la festa.

«Ho un impegno, Gonzalo. Non combinare troppi guai.» Uscì dal ristorante, correndo verso l'ascensore per salire in camera e prendere una giacca, ma l'amico lo bloccò per il polso.

«Ehi, ehi, dove stai correndo?» Poteva anche essere brillo, ma di sicuro non gli era sfuggita la stranezza di un improvviso appuntamento di domenica sera in una città dove non aveva amici.

La risposta di Paulo fu uno strano luccichio negli occhi, e a Gonzalo bastò.

×××

Adua camminava avanti e indietro nella stanza da quasi dieci minuti ormai, una mano nei capelli e l'altra che stringeva convulsamente il telefono.

«Ma ti calmi? Mi stai facendo girare la testa!» Vanessa sfilò il cuscino da dietro la schiena e glielo lanciò, senza colpirla. Cadde senza un rumore sul pavimento.

«Tu vieni, vero?» Adua sembrò uscire da quella sorta di trance in cui era caduta e andò a sedersi sul letto accanto all'amica. Il materasso cigolò sotto il suo peso.

«Te lo puoi proprio scordare, tesoro.» Si aggiustò come meglio poteva, senza un cuscino a cui potersi appoggiare, e quando incrociò lo sguardo disperato dell'amica si accinse a spiegare. «Ti ha invitato ad uscire da sola con lui, non posso venire. E non ti accompagnerò neanche se è quello che stai pensando, pensa alla figura che faresti, una bambina che si fa accompagnare all'appuntamento dall'amica.»

Adua si morse l'interno della guancia, riflettendo sulle sue parole. «In effetti hai ragione. Mi sto comportando proprio da stupida, è come se non avessi mai visto un ragazzo in vita mia!» Con una rinnovata sicurezza si alzò di slancio, prendendo la giacca e la borsa e dirigendosi verso la porta. «Incontrerò Paulo, passeremo una bella serata e non farò la figura della sciocca. Alla fine è un ragazzo come tutti gli altri.»

«Esatto! È proprio un ragazzo come gli altri, con qualche milione in più, belle macchine e ragazze che gli svengono ai piedi, che fa un lavoro per cui è conosciuto in tutto il mondo, ma sotto sotto è un ragazzo esattamente come gli altri.» La bionda aveva appena finito di parlare quando il suo cuscino la colpì dritta in faccia, facendole sbattere la testa contro la parete. «Ehi!»

«Te lo sei cercato. Ciao!» Adua si chiuse la porta alle spalle, un sorriso in volto, l'adrenalina che montava nelle vene.

La via era deserta a quell'ora di domenica sera, l'unica luce proveniva dai lampioni sul marciapiede e dall'insegna dell'hotel non molto distante. Adua si strinse meglio nella giacca, guardandosi intorno alla ricerca di un ragazzo col cappello. I suoi occhi si posarono su una figura non molto distante, appoggiata al palo di un semaforo, con le mani in tasca e la visiera abbassata sul volto; eppure dal brivido lungo la schiena poté giurare che stesse guardando lei.

I piccoli e lenti passi si trasformarono in un'andatura frenetica, fino a quando a pochi metri da lui non ebbe più nessun dubbio: Paulo Dybala le sorrideva dolcemente, l'ombra del cappello nascondeva parte del suo volto.

The Mask | Paulo DybalaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora