19: VERITÀ' AMARA

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«Daniel è mio marito! Come osate mettervi in mezzo! Per me voi non siete niente! Vi odio dal profondo del mio cuore da anni ormai! Niente potrà cambiare questo sentimento nei vostri confronti! Vi odierò per il resto della vita! Lasciate Daniel in pace! Mi avete sentito?» gridai a più non posso, ma mia madre ridendo assieme a mio padre mi legò i polsi e le caviglie con una corda molto ruvida, fino a che muovermi di un solo centimetro da dov'ero mi fu impossibile. Ero già alla ricerca disperata di un salvatore, ma chi mai sarebbe giunto fino a me.

Mi scortarono fino a casa, quel luogo per me non aveva alcun senso, finché non mi sbatterono all'interno della mia camera da letto, chiudendomi a chiave frettolosamente. Dovevo fuggire da lì all'istante, e dovevo correre a salvare mio marito. "Oh, Daniel!" Ero distrutta dal dolore, e dopo tutto quello che avevamo passato, avevo osato sperare per noi un futuro più roseo possibile, ma invece non fu così che andò. Rimasi senza acqua e senza cibo per giorni, faticavo a stare sveglia, addormentarmi era l'unica cosa che non volevo fare. Dovevo restare vigile nel caso qualcuno si sarebbe fatto vivo in quella stanza. Col passare delle ore mi chiesi se Daniel sentisse freddo, se avesse avuto bisogno di me, o se avesse fame... ero preoccupata, e avrei preferito che mi uccidessero, e che prendessero me al posto suo. Lui non doveva soffrire, non dopo tutto quello che era successo.

«Perché i miei genitori mi hanno rapita, a che gli servo? E perché hanno preso in ostaggio Daniel? Lui che centra in questa storia?» c'erano così tante domande a cui non riuscivo a dare una sincera spiegazione, che alla fine dovetti ammetterlo anche a me stessa.

"Se Dio voleva mettermi alla prova, beh c'è riuscito!"

«Ma come esco da questa stanza?» la porta era chiusa a chiave da giorni, la finestra che c'era nella mia camera da letto era sbarrata dall'esterno con una doppia finestra fatta di ferri molto piccoli e uniti tra di loro, il che rendeva la fuga impossibile. "Possibile che nessun domestico mi abbia visto arrivare qui?" Speravo nell'aiuto di qualcuno, ma purtroppo ogni mio desiderio temevo che mai si sarebbe avverato.

"Che Dio mi protegga. Ti scongiuro dammi la forza per sopportare questo momento drammatico. Ti prego, ti prego veglia anche su Daniel, lui ha più bisogno di te in questo istante. Aiutalo... per favore. Ascolta la mia preghiera Signore. Non lasciarmi mai sola." Pregai così intensamente che senza più la forza in corpo, mi addormentai distesa sul pavimento, mentre il mio unico pensiero percorreva quell'unica persona che mi aveva amata nonostante tutto.

****

Quando mi risvegliai, notai che la porta era stata appena riaperta, e con mio malgrado stupore di fronte a me c'era una donna. Quella donna sembrava un angelo, e quando si avvicinò verso di me sfiorandomi la guancia mi accarezzò i capelli, sussurrandomi cose a cui non riuscivo a dare una vera spiegazione.

«Mi chiamo Maggie, e sono tua madre. Mi sei stata strappata dalle mani quando ti ho messa al mondo. Lavoravo al servizio di tuo padre, ora però non abbiamo molto tempo. Devo portarti via da qui. Poi ti prometto che ti spiegherò ogni cosa. Ora andiamo.» la donna disse di chiamarsi Maggie, mi parlò con naturalezza, quasi come se mi conoscesse per davvero.

Non riuscivo a credere alle sue parole, eppure guardandola bene a tratti le somigliavo. "Questa donna è realmente mia madre?" Lei ed io avevamo gli stessi occhi, belli come un'alba al mattino, e la carnagione era così profondamente uguale, che qualcuno poteva scambiarci per sorelle, per non parlare dei suoi lunghi capelli scuri messi in risalto da un fermaglio che li legava da dietro. La guardai senza osare dirle nulla. Non riuscivo a parlare, né a muovermi. Ero come ammutolita, raggelata per ciò che voleva significare tutto ciò che ora avevo davanti agli occhi. "Avevo davvero una madre che non era Corinne? E come mai mi aveva cresciuta lei e non..."

Mi Abbandono a TeWhere stories live. Discover now