5. Quando rischi di schiaffeggiarti da sola in pubblico

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I suoi occhi si bloccarono su una figura in piedi accanto a quello che probabilmente era il direttore, non ne era certa; e nemmeno le interessava, perché ancora una volta lui si trovava lì, poco lontano da lei, e ancora una volta dovette darsi un pizzico per capire se stesse sognando o meno.

«Vi ringrazio per avermi invitato qui, e mi scuso per non essere potuto venire prima. Il negozio è davvero fantastico, sicuramente ci verrei a comprare qualcosa se fossi un tifoso.» Paulo Dybala sorrideva pacatamente, stringendo di tanto in tanto le mani a qualcuno che era riuscito ad avvicinarglisi. Il direttore gli indicò una delle telecamere che erano lì, mettendosi poi in posa accanto a lui per un servizio giornalistico che probabilmente avrebbero mandato in onda al tg di quella sera.

«Siamo noi a dover ringraziare te per averci fatto l'onore di essere qui oggi, nonostante il poco preavviso!» il direttore disse, e tutti i clienti applaudirono a ciò; ma non Adua, lei rimaneva immobile stringendo spasmodicamente la maglia tra le mani.

«Paulo, Paulo cosa pensi del campionato che sta facendo la Roma? Temete per il primo posto?»

«Cosa ne pensa Allegri del vostro modulo di attacco, si sente sicuro?»

«Paulo, quando ci saranno i prossimi allentamenti a porte aperte?»

Il ragazzo fu sommerso da domande, e tentò pacificamente di rispondere a tutti con un sorriso. Il suo sguardo scivolava sulla folla, su quello che doveva essere un mare di volti indistinti per lui, e Adua era riuscita ad avvicinarsi un poco quando gli occhi dell'argentino si fissarono nei suoi. Mi ha visto, ora mi riconosce, sperava.

Ma lui continuò a far girovagare il suo sguardo da un punto all'altro, senza mai davvero mettere a fuoco qualcuno; Adua immaginava che dopo una vita passata ad essere sempre al centro dell'attenzione, sempre circondato da una folla, diventava un po' un'abitudine sorvolare sui volti e confondere le persone.

Lo shock di esserselo trovato nel negozio evaporò, e prima che un sapore amaro potesse prendere il suo posto Adua decise di uscire di lì, e quindi si spostò a fatica – una gomitata qui, un "permesso" là – verso la cassa, nell'altro angolo del negozio, cacciando il portafoglio per pagare la sua maglia.

Il commesso batté il prezzo sul registratore di cassa, soffermando poi la sua attenzione sulla maglia; Adua abbassò lo sguardo, rossa in viso, pensando quanto quella situazione fosse assurda. Il tipo di fronte a lei disse qualcosa ad un altro – anche così vicini non si sentiva nulla con tutto quel trambusto – che si allontanò, e lei si chiese cosa stesse aspettando a farla pagare quando qualcuno le si avvicinò alle spalle.

Muschio, dopobarba, un leggero strato di sudore. Non qualcuno, lui.

«Ciao, mi hanno detto che hai comprato una mia maglia. Beh mi sembra il minimo autografartela!» le disse sorridendole – lo stesso sorriso che dava a tutti, un sorriso pacato, di circostanza, ben diverso dai suoi sorrisi dopo che aveva segnato – e prendendo un pennarello e la sua maglia tra le mani.

Adua era senza parole. «Oh, beh, grazie.»

«Come ti chiami?» Alzò brevemente lo sguardo su di lei, per poi riconcentrarsi sulla dedica che le stava facendo.

Non può non ricordarsi di me, nessuno ha un nome del genere. «Adua.»

«Paulo, vieni qui!» Il direttore alzò la voce per farsi sentire da sopra il casino, e lui gli fece cenno di aspettare con la mano.

«Ecco, mi dispiace ma non ho sentito il tuo nome.» Le consegnò la maglia, alzando lo sguardo e fissandolo nei suoi occhi – forse la prima volta che la vide davvero.

Lui aggrottò le sopracciglia. «Ci conosciamo?» Una semplice domanda che fu in grado di farle volare il cuore, che non voleva saperne di stare al suo posto nel petto. Era quello che stava aspettando da quando l'aveva visto nel negozio, era quello che desiderava urlargli dall'altro lato della stanza.

Perciò gli rispose, fissandolo negli occhi. «No.»

Lui scrollò le spalle. «Mi sarò sbagliato. Allora ciao y gracias!» Le fece l'occhiolino – un gesto automatico, programmato, pensò lei – e le diede la schiena, tornando ai flash delle fotocamere.

Adua sbatté un paio di volte le palpebre, cercando di capire cosa diavolo le fosse passato per la testa, e reprimendo a stento la voglia di darsi uno schiaffo. Gli occhi le caddero sulla dedica.

"Con mucho amor, P Dybala"


¡Hola!
Sarò di poche parole, perché sono ancora depressa per la partita di ieri :c
Fatemi sapere in tante cosa pensate di questa storia, per favore, ci terrei davvero molto e non vi costa nulla mettere una stellina quando la leggete ✨ 
See ya on Tuesday with the next chapter! (scusate ma lo spagnolo proprio non lo conosco ahah)

The Mask | Paulo DybalaWhere stories live. Discover now