Prologo

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Il braccio di metallo si era abbattuto con violenza sullo zigomo destro dell'uomo, più e più volte, spaccandogli la pelle e creando un ematoma giallognolo.

Non aveva più motivo di colpirlo, quella voce che per anni era stata dentro la sua testa ad abbaiare ordini aveva finalmente taciuto. No, lo faceva perché non poteva più sentire le parole di quell'uomo che affermava con tanta sicurezza di essere il suo amico, perché lui non aveva amici, non li aveva mai avuti.

«Ti conosco da tutta la vita,» gli aveva detto, con il respiro affaticato e il corpo piegato in avanti con il vano tentativo di trovare l'equilibrio.

Il colpo che gli aveva inferto aveva reso inutile ogni suo sforzo e, lo notò, quella volta ci mise un po' di più a rialzarsi: una mano appoggiata sul pavimento di vetro e le gambe traballanti.

«Non combatterò con te,» si era sfilato lo scudo dal braccio e lo aveva lasciato cadere in uno squarcio dell'helicarier, la stella bianca scomparve tra le acque del fiume. «Tu sei mio amico.»

Lo aveva guardato, cercando nella faccia del Sergente Barnes una qualche traccia della persona che conosceva un tempo, sperando di esser riuscito a far breccia nella corazza che lo ricopriva.
A quel punto Bucky era scattato, in un attimo aveva ridotto la distanza e aveva placcato l'uomo, spedendolo a terra.

Gli aveva spinto una mano sul petto, sopra alla stella bianca macchiata di sangue, quindi, con i denti serrati aveva ringhiato, vicino alla sua faccia: «Tu sei la mia missione.»

E gli aveva sferrato un pugno sul volto, la testa era scattata indietro, nel vuoto, un lamento si era liberato dalle sue labbra spaccate ma non aveva fatto niente per fermarlo, era rimasto steso, le braccia spalancate come a voler cogliere qualsiasi cosa l'altro gli volesse infliggere.

«Tu,» un altro colpo, nello stesso punto, con maggior violenza, «sei,» gridò per sovrastare il rumore che le scene frammentate nella sua mente stavano causando, «la mia,» chiuse gli occhi, le lacrime gli bruciavano il volto lì dove lo avevano ripulito dalla polvere. «missione.»

Rimase con il braccio di metallo sollevato, guardando il volto tumefatto del biondo.
Aveva l'occhio sinistro socchiuso, l'iride celeste era spaventosamente in contrasto con il volto esangue, il destro troppo gonfio per potersi aprire.

«E allora concludila,» le parole gli erano uscite come un lamento, le labbra spaccate si muovevano a malapena. Prese faticosamente fiato. «perché io sarò con te fino alla fine.»

Bucky sussultò, un manto nero era sceso ad oscurargli la vista mentre i ricordi tornarono prepotentemente al loro posto, rimase impietrito ad osservare scene della sua vita come se fosse stato uno spettatore esterno. Si rivide abbracciare Steve, il suo Steve, quel ragazzo magrolino così abituato a difendere in ogni rissa, si rivide in guerra, a fianco dei suoi compagni. Poi Captain America che lo salvava, e lui che cadeva, cadeva, cadeva...

Si scostò, aggrappandosi ad una trave sopra la sua testa per tenersi in piedi, mentre l'helicarier gemeva e si spezzava.
Guardò con orrore il pannello sul quale era steso Steve staccarsi, portandosi il soldato con lui in una caduta verso il fiume, per un terrificante momento non seppe cosa fare mentre guardava il corpo colpire l'acqua e svanire, poi si riscosse e si lasciò andare, seguendo l'amico.

Il ricordo della caduta dal treno era fresco nella sua mente, gli immobilizzò i muscoli, paralizzandolo. Quanto era durata? Pochissimo, aveva colpito le rocce ripetutamente, rotolando giù dal pendio finché non aveva incontrato la neve. Lì era rimasto, il corpo dolorante e la mente persa nel vuoto, finché non lo avevano trovato. I soldati lo avevano trascinato per giorni in mezzo alla foresta, portandolo dagli scienziati.

HaluskeinWhere stories live. Discover now