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Paige sedeva rigida alla scrivania, aperti davanti a lei i vari documenti recuperati dalle ultime missioni. Li esaminava, cercando qualcosa che sapeva sfuggirle, qualcosa di ovvio. 
Si passò le dita tra i capelli, scogliendo la treccia che li teneva legati, quindi sospirò, nervosa. 

Una parte di lei voleva mandare a quel paese tutti quanti, uscire dall'edificio e dire addio allo S.H.I.E.L.D. Non si era arruolata per quello, non voleva passare le sue giornate a risolvere un enigma irrisolvibile; si era unita alla società per tenere al sicuro le persone da qualcosa che non sarebbe mai dovuto esistere, da qualcosa molto più grande di loro. 
Invece eccola lì, a lavorare come segretaria per gli Avengers. 
Strinse le dita a pugno, respirando profondamente per cinque, lunghi, secondi; quindi rilassò le mani, poggiandole sul ripiano di legno, accanto alla foto di un'impronta.

Stark le aveva detto che era essenziale scoprire a chi fosse appartenuta e Paige la trovava vagamente familiare, ma non sapeva dire perché. 
La loro missione in Canada era stata un fallimento, i mercenari sopravvissuti alle esplosioni erano scappati, poteva appartenere ad ognuno di loro. 

Sbuffò, alzandosi in piedi. Raccolse i fogli, quindi spense le luci dello studio e uscì in corridoio. 
Le ci vollero due secondi per capire che qualcosa non andava. 
Non c'era nessun movimento, il piano era completamente vuoto, le luci erano state spente e suonava un flebile allarme. Estrasse la pistola dalla fondina, dirigendosi verso l'ufficio del Direttore, sapeva che Fury non lasciava mai l'edifico, specialmente non quando c'erano situazioni di emergenza. 
Doveva capire cosa stava succedendo. 

Svoltò l'angolo, quindi individuò una stanza con la luce accesa, incastrò i documenti al di sotto della maglietta così da avere entrambe le mani libere. 
Si avvicinò, facendo meno rumore possibile e riconobbe la voce del dottor Jackson. 

«Ditemi, come avete fatto a capire che ero io?» 

Non sentì la risposta, i suoi interlocutori parlavano a voce troppo bassa. Avanzò ulteriormente, tenendosi accanto alla parete. 

«Avrei dovuto fare più attenzione, ma è stato così bello vedere la vostra disperazione mentre brancolavate nel buio. Spero che Rogers si sia divertito a bruciare». 
A Paige si gelò il sangue nelle vene, un urlo si levò nel silenzio. 

«Sam!»

Fu in quel momento che l'agente Williams decise di intervenire. Scattò, entrando nella stanza. 
Nell'angolo più lontano dalla porta c'erano il Dottore e Falcon, quest'ultimo si teneva un fianco, la faccia contratta in una smorfia di dolore. 
Accanto a lei Tony aveva alzato le mani di metallo, ma non poteva rischiare di sparare senza prendere anche Sam, il Dottore lo sapeva e lo teneva davanti a lui come scudo umano. 
«Siete così deboli, cadete tutti come pedine...» alzò una mano, tra le dita stringeva un bisturi insanguinato. Wilson scivolò in avanti abbastanza da rendere il campo libero per Paige che sollevò la pistola. 

«Giù!» gridò Stark, nella sua voce una punta di apprensione che Williams non gli aveva mai sentito. 

Vide Jackson stringere i denti, portando il braccio in basso, verso la testa di Sam. 
Sparò, senza battere ciglio. 

La prima pallottola si conficcò nella sua spalla, la seconda nella gola. 
Il Dottor Jackson crollò a terra, quando sorrise i denti sporchi di sangue brillarono nella luce soffusa. «Hail Hydra». 

«Che diamine sta succedendo?» urlò Fury, dall'ingresso. Aveva in mano la pistola e guardava il dottore steso per terra, in una pozza di sangue. 

Paige non rispose, corse da Sam per aiutarlo a fermare l'emorragia dal fianco. Fu Tony a dire, sconvolto: «Il dottor Jackson faceva parte dell'Hydra, ci ha fatti cadere in una trappola e quando siamo arrivati qua per incastrarlo lui...» sventolò una mano in aria. «chissà da quanto stava meditando di farci fuori. Ha aspettato il momento esatto».

HaluskeinWhere stories live. Discover now