Capitolo terzo

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La foresta li aveva ingoiati come un boccone difficile da mandare giù. Correre nel buio era risultato per Camilla più difficile di quanto avesse immaginato. Innumerevoli volte era caduta, impigliandosi in trappole di vegetazione che le avevano ridotto a brandelli il vestito. Il suo cuore era stanco per la velocità con la quale aveva spinto il sangue e l'adrenalina nelle vene. Ma Lawrence non l'aveva lasciata mai, neppure quando il rumore degli zoccoli si era fatto così vicino, che avrebbe spinto chiunque altro a preoccuparsi della sua sola salvezza. Per un tempo che parve infinito, corsero e corsero e corsero. E quando l'uomo si fermò, stremato, al limitare della foresta, la ragazza pensò che sarebbe svenuta per la stanchezza.

Il brigante si guardò intorno, spiando oltre il tronco di un albero, e poi sia accasciò contro di esso.

«C-che diavolo era?!» con una mano sul cuore, Camilla cercò lo sguardo del ragazzo.

«Ci sono cose, qui fuori...» Lawrence annaspò «che non riusciresti neppure ad immaginare».

«Era-era davvero lui?»

Il ragazzo riacquistò la sua posizione eretta e la guardò «il Cavaliere Fantasma è più vivo di me e te, per quanto ti interessi sapere».

Camilla tacque, inorridita.

«Andiamo, non siamo al sicuro qui fuori».

Lawrence le circondò il braccio, senza darle modo di poter replicare. La spingeva e strattonava, affinché la ragazza mantenesse il suo stesso passo svelto ed agile. Camilla, nello stordimento generale, non fece più domande perché sapeva che l'unico modo per restare viva, era affidarsi all'esperienza di quel losco ragazzo.

Quasi un'ora di cammino dopo, e diversi ettari di foresta alle spalle, i loro piedi si arrestarono. Oltre l'ultimo cumulo di rami e sterpi, si ergeva una piccola bettola, illuminata soltanto dalla luna.

«Una locanda?» chiese stizzita la Lady «Siamo stati inseguiti da una specie di fantasma vivente, e tu ci porti in una locanda?»

Lawrence le lasciò il braccio bruscamente «Sta' zitta e seguimi! A meno che tu non abbia intenzione di vagare nella foresta per il resto della notte. In tal caso, sei libera di andare».

Dopo un grosso sospiro ed un'ultima occhiata a quella costruzione malandata, la ragazza capì di non avere altra scelta.

Il brigante picchiò diverse volte contro la porta ; l'urgenza che trapelava dalla forza con la quale sferrava i colpi contro la superficie di legno. Camilla si guardò indietro, guardò quello che restava dell'estremità del suo vestito e decise che, data la situazione, avrebbe escogitato in un altro momento il suo piano di fuga. Pericoli o no, restava comunque una prigioniera e non lo sarebbe rimasta per sempre.

Con uno scricchiolio, la porta si aprì. Un omino dalla corporatura alquanto ridicola e dalle sembianze simili a quelle di un roditore, gli fece cenno di entrare.

«Giaguaro, cosa ci fai qui a quest'ora della notte?»

Camilla rabbrividì quando si accorse che l'uomo era ancora più ripugnante di quanto avesse creduto : due lunghi baffi si estendevano per la lunghezza del volto, in rilievo sulla sua pelle stranamente scura. Ma la cosa che la disgustava di più, erano i due incisivi sporgenti, che coprivano in parte il resto della bocca.

«Dobbiamo parlare, Castor» rispose Lawrence, il suo tono grave che tradì urgenza «ho bisogno del tuo aiuto».

*

Camilla guardò l'orco e l'orco guardò Camilla. Batterono entrambi le palpebre, poi la ragazza scosse la testa, incredula, e tornò a concentrarsi sugli indumenti adagiati sul letto.

The Jaguar of BlackgrapesWhere stories live. Discover now