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Spazio Autrice

Saaaaaalve. Lo so, non ho aggiornato per molto ma sono in vacanza e in realtà non avrei dovuto aggiornare nemmeno ora, ma okay!!

All'inizio del capitolo, sopra a tutto, c'è la canzone di cui parlano Stiles e Lydia e che io vi consiglio di ascoltare in contemporanea. Inoltre, per chi non dovesse essere ferrato in inglese, ho lasciato tutte le traduzioni.

CIAO BELLI.
- Sara ♡


Era un'afosa mattinata domenicale e Lydia, come ogni settimana, stava correndo nel suo quartiere, in cui era ritornata dopo aver girato tutto il circondario.

Di domenica la giovane si alzava sempre relativamente presto, indossava un paio di pantaloncini in microfibra in estate o un pantalone lungo in inverno, allacciava le scarpe e, dopo aver raccolto i capelli in una stretta coda di cavallo, scendeva e cominciava il suo giro, approfittando del silenzio che la città emanava nelle prime ore della giornata.

Col tempo la rossa aveva imparato che, di mattina, succedevano tante cose a cui nessuno prestava attenzione nelle affollate ore di punta.

Spesso s'era ritrovata ad incrociare qualche piccolo gattino in cerca di cibo o che la mamma stava allattando nei pressi nascosti d'un verde cespuglio.

Gli uccellini, il cui canto veniva sovrastato dal vociare, dai rumori, dai clacson delle auto, poteva essere ascoltato e distinto limpidamente mentre andava a comporre nuove melodie in ogni sua nota.

Qualche volta aveva visto anche cose spiacevoli: le era capitato d'osservare un uomo che, essendo rimasto seduto sulle scale per un tempo che sembrava infinito, rigirava tra le mani un anello, osservando come la pietra preziosa incastonatogli sulla cima brillasse e fosse trasparente, molto più dei suoi cupi pensieri.

In un'altra occasione, invece, aveva incontrato, seduta su una panchina lì vicino, una ragazza dall'aria stanca e gli occhi segnati da quello che pareva un mare di lacrime, e così Lydia le si avvicinò e, conversando, scoprì che, la sera prima, il suo ragazzo l'aveva lasciata lì, senza darle alcuna spiegazione, e lei non riusciva più ad alzarsi da quel posto e andare via, perché era l'unico modo rimastole per sentirlo accanto.

Insomma: ciò che Lydia sentiva, ascoltava, osservava, erano storie, storie di vita di tutti i giorni, storie che mai avrebbe avuto il piacere di immaginare o fare sue, senza il silenzio che accompagnava quelle mattinate.

Dopo un paio d'ore, tra tratti di corsa e di camminata, verso le dieci del mattino la ragazza tornava a casa, per potersi fare una doccia e aiutare la madre nel riordinare e fare le faccende.

"Hey, testa arancione!"

Nonostante mancassero solo un paio di metri dalla porta di casa sua, Lydia si girò verso quella voce che ruppe il silenzio creatolesi intorno e cadde, poggiando male il piede nel mezzo del suo ultimo scatto.

"Stiles, non per la seconda volta!"

La rossa, alzando la voce per il nervosismo, nonostante rischiasse di svegliare qualcuno del vicinato, rivolse lo sguardo verso il moro che la osservava divertito dalla finestra dello studio, frontale a quella della sua camera, e che ora stava ridacchiando poggiandosi con i gomiti sul davanzale.

"Il tuo equilibrio fa pena, è già la seconda volta che ti vedo cadere."
"Il mio equilibrio è perfetto, è la tua voce che è così fastidiosa da interferire con l'ambiente."

Lydia si rialzò dall'asfalto notando il ginocchio pallido già macchiato di rosso e poi porse lo sguardo verso l'alto, offrendo a Stiles un'espressione rabbiosa.

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