3.

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"Hey, non vuoi rispondermi?"

Stiles Stilinski, con aria spavalda, le si avvicinò facendo roteare tra le mani la mazza da baseball che stava usando poco prima, mentre Lydia osservava il vuoto senza dire assolutamente nulla, rimanendo immobile.

Il mondo, il tempo, lei: nella sua testa tutto si era fermato, anche la voce di Stiles.

"Dai Lydia, parlam-"
Il ragazzo cercò di farla rinsavire portandole una mano sulla spalla, ma la rossa evitò il contatto in un istante.

Si girò verso di lui, gli occhi lucidi e le mani strette in un pugno.

"Non toccarmi."

In quel momento, Lydia ebbe la risposta alla sua più ricorrente domanda: cosa gli avrebbe detto, se avesse saputo che era la loro ultima volta?

La sua risposta fu: "Niente.", perché era esattamente ciò che aveva fatto in quell'istante.

Stiles rimase con la mano a mezz'aria e la bocca semi-aperta mentre la guardava sorpreso: lei non si era mai ritratta da lui, nemmeno nel loro ultimo abbraccio, e si rese conto che era una terribile prima volta.

Sapeva di aver sbagliato quel giorno di sette anni fa ma, proprio perché era passato tutto quel tempo, pensava lei avesse dimenticato; al contrario, la ferita di Lydia Martin s'era cicatrizzata solo da poco, ed in quell'istante era stata inesorabilmente riaperta.

"Andiamo, ti aiuto col ginocchio. Ho un cerotto"

Stiles, che cercava di trovare un modo per rompere quel silenzio assordante, continuò a guardarla mentre lei se ne stava col viso basso e le braccia incrociate, il ginocchio pallido che era ancora segnato da una macchia rosso fuoco.

Lydia si voltò senza guardarlo e si diresse lentamente verso la panchina dove si era seduta pochi minuti prima e il ragazzo la seguì, senza mai toccarla. 

La giovane si sedette iniziando a rigirarsi i pollici, nel contempo Stiles prese un fazzoletto dalla sua tasca e, controllando che fosse ancora pulito, lo bagnò con l'acqua gelata che scorreva dalla fontana.

Lo strizzò e, mentre era nell'atto di posarglielo sul ginocchio, la rossa glielo strappo da mano e iniziò a tamponare via il sangue.

"Posso farlo da sola." Gli disse freddamente, Stiles sospirò sedendosi accanto a lei; sapeva benissimo che Lydia era capace di cavarsela da sé, eppure il suo aiuto non le aveva mai fatto male.

Mentre lei era impegnata a togliere via il sangue che s'era incrostato, cercando di nascondere una smorfia di dolore, Stiles aprì il cerotto e glielo poggiò sulla ferita, senza che lei potesse controbattere.

Quella situazione, a Lydia, sembrò un'esatta metafora del loro rapporto: lei stava correndo, più veloce che poteva, ed era caduta perché s'era distratta a causa sua, ed ora lui voleva rimediare con un cerotto.

La rossa non poté nascondere un sorrisetto amaro pensando all'ironia di tutto quello che le stava accadendo nel frattempo che Stiles era lì, con le mani intrecciate a fissare il cielo.

Quei due ragazzi che anni primi non s'annoiavano un secondo, anche semplicemente a star seduti sulla sabbia, ora si sentivano due perfetti sconosciuti.

"Quando sei tornato?"

Lydia facendosi coraggio, qualità che sempre l'aveva contraddistinta, si girò verso di lui guardandolo negli occhi, come un tempo, e Stiles si prese qualche secondo prima di risponderle.

E' vero, i loro sguardi erano cresciuti, così come loro, eppure qualcosa gli ricordò il passato: che fossero le pagliuzze dorate negli occhi di Lydia o l'inconfondibile macchiolina nocciola negli occhi scuri di Stiles, questo non lo seppero nemmeno loro.

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