Scheletri dall'abisso

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Nella serra l'aria era pesante e densa di profumi di ogni genere. Per entrarvi si doveva attraversare un pesante drappo bianco e quindi un tendaggio di rete sottile a maglie fitte. Il luogo era un ecosistema a sé stante dove l'acqua veniva fornita costantemente in gocce per le piante e in piccole ciotole per gli altri esseri viventi che vi abitavano. L'ampio spazio esagonale si reggeva su uno scheletro di rami e tronchi nodosi le cui radici si approfondavano nella terra umida e fertile per diversi metri. Verso il cielo si innalzava, con l'indolenza tipica dei rampicanti, una fitta rete di edera e passiflora che ricoprivano anche la parte superiore della struttura invadendo la rete di tiranti montata a sostegno del tetto di vetro. La luce, dolcemente filtrata dalle foglie di edera e dai fiori bianchi e viola della passiflora, si rifletteva poi su piccoli cristalli trasparenti, appesi qua e la sopra i grandi vasi che occupavano l'ambiente, creando un'atmosfera soffice e tranquilla.

La prima cosa che si notava entrando però non era il tripudio di colori e forme, né la struttura verde e bruna punteggiata di fiori. Era l'olfatto il primo senso che veniva richiamato in quella serra. Il primo odore era quello della terra umida, fresco e accogliente; il secondo era pungente, deciso, come quello della resina, e della menta, dell'agrifoglio e della lemongrass; a seguire venivano le note dolci e delicate dei fiori di campo, e delle erbe medicinali fresche; infine, profondo e corposo arrivava al naso l'odore dei frutti di bosco, della camomilla in piena fioritura nonostante le rigide temperature esterne e delle erbe usate per indurre il sonno, dal sapore dolceamaro e dalla linfa viscosa.

Dopo l'olfatto e la vista, persino l'udito aveva una sua parte in quel luogo pacifico. Si udiva in sottofondo il gocciolare costante dell'acqua, ma ancor più sorprendente era il costante ronzare di creature più o meno familiari: farfalle, api e coccinelle dividevano pacificamente lo spazio con creature grandi quanto il palmo di una mano, i cui trilli rallegravano l'atmosfera e le cui ali iridescenti contribuIvano a rendere l'ambiente caoticamente colorato e luminoso.

Helena seguiva la sorella in religioso silenzio, ad ogni visita nuovamente affascinata dal ritmo costante della vita in quello che considerava il regno della maggiore delle sue sorelle.

Alina dal canto suo, entrò in quella serra come se stesse entrando nell'angolo più profondo del proprio animo, in punta di piedi, con reverenza e curiosità. All'interno della serra i suoi poteri prendevano i sopravvento: la pelle le formicolava, il suo cuore rallentava i battiti per armonizzarsi a quelli del mondo vegetale tutt'attorno. I piccoli folletti dalle ali iridescenti accoglievano le sue visite, e il miele che abitualmente portava loro in dono, con la massima gioia che i loro corpi minuti riuscivano ed esprimere. Lo scampanellio si faceva sempre quasi assordante in un primo momento. I suoni emessi dalle creaturine per comunicare risultavano troppo acuti e veloci perché l'orecchio umano potesse udirli chiaramente, per di più la lingua delle fate è preclusa ai comuni mortali a meno che essi non vogliano rimanere intrappolati nel loro regno in eterno, dimentichi della morte e delle bassezze di questa terra, costantemente ebbri di ambrosia di danze e di musica.

Anche quella volta il loro ingresso scatenò l'euforia dei rappresentanti del Piccolo Popolo. Quando l'ordine fu ristabilito, le accolse la più grande di quelle che Erik amava definire "farfalle fuori misura". Il corpo color corteccia era munito di sei piccoli arti le cui estremità bifide risultavano prensili. Il capo era munito di antenne lunghe e ricurve e di grandi occhi compositi; una piccola proboscide simile a quella di una farfalla faceva bella mostra di sé al termine di quello che poteva dirsi un viso. Era l'unica tra tutti a possedere quattro ali grandi dalla forma quasi trapezoidale con due lunghe appendici all'angolo di quelle inferiori, meno trasparenti di quelle dei suoi compagni, più simili a madreperla che a cristallo.

Alina le offrì una boccetta stappata contenente del miele, tendendo il palmo aperto con il piccolo contenitore in equilibrio al centro del palmo. Al fischio della creatura più grande un drappello delle sorelle più piccole circondò il dono e lo portò via riempiendo l'aria di ronzii.

Rebirth - l'albero del silenzioWhere stories live. Discover now