Serpi in seno

131 20 2
                                    

<Vittoria, devo parlarti urgentemente.> Alina entrò nella camera della sorella senza nemmeno bussare. Era appena rientrata, attraversando l'intero castello senza guardare in faccia nessuno. Erik l'aveva lasciata al limitare della foresta, ancora in forma di Furia, per poi sparire nel buio non appena si era voltata, senza nemmeno dire una parola.

Quello che trovò nella stanza però non le fu d'aiuto come aveva sperato.

Davanti a lei Vittoria, completamente abbandonata sul petto di Marcus, accarezzava le labbra del ragazzo con le proprie. I loro sguardi erano indissolubilmente legati, come se da quel contatto dipendessero le loro vite.

All'udire la voce della maggiore, i due si separarono come se si fossero scottati. Nessuno dei due era in grado, in quel momento, di dire qualcosa di sensato che giustificasse quello che Alina aveva visto.

<Marcus, per favore, avvisa Adrian che Erik è sparito di nuovo. Io ho bisogno di parlare con mia sorella.>

A quelle parole il ragazzo annuì, salutò la compagna con un bacio lieve sulla fronte, e andò via con sguardo grave. Vittoria dal canto suo fulminò la sorella e le voltò le spalle.

<perché te ne sei andata? Eravamo tutti in pensiero per te, Helena ha pianto tutta la notte.> la rimproverò Vittoria con tono duro. Quel tono da parte sua era al quanto insolito, e questo, più che le parole pronunciate, colpì la maggiore.

<mi dispiace...>

<non basta dire mi dispiace! Eravamo terrorizzati, non sapevamo dove fossi, se fossi in pericolo o se avessi solo bisogno di tempo. Fred mi ha raccontato come hai reagito quando ti hanno rivelato cosa sei, cosa siamo. Pensavo che mi saresti rimasta sempre accanto, e invece sei scappata. Sei tu quella forte, quella sempre lucida. Come pensi che mi sia sentita a dover reggere tutto da sola?> il tono di voce di Vittoria andava crescendo.

Ancora una volta Alina si sentì schiacciata dalle proprie responsabilità.

<come mi sento io tutte le volte!> urlò allora, sfogandosi. Non ne poteva più di mascherare le proprie debolezze, di mantenere la calma. Era giunta al punto di rottura. Avere sulle spalle la sorte delle sorelle e i propri sentimenti da gestire, era diventato troppo anche per lei.

Vittoria ora la guardava in volto con gli occhi sbarrati. Mai nella vita aveva sentito urlare la sorella con tanta rabbia e frustrazione e soprattutto mai l'aveva sentita rivolgersi così ad un componente della famiglia.

<sono sempre da sola a farmi carico di tutto. Devo gestire da sola Helena, che soffre per l'allontanamento dai nostri genitori. Devo subire il fatto che tu ti sia adattata meglio di me a questa nuova vita. Devo sopportare un destino che non ho chiesto, dei doni che non volevo e che sono più una maledizione per quel che mi riguarda: vengo considerata un jolly ora, quella capace di risolvere tutti i problemi con lo schiocco delle dita, ma non so come gestire tutto questo. Ho gli incubi sulla fine del mondo, scopro cose del mio passato che nessuno mi ha raccontato, e devo vivere tutto questo da sola. Le uniche persone che vorrei al mio fianco non fanno altro che allontanarmi e pretendere che io capisca.> Alina terminò in un sussurro, ansimando per lo sforzo di lasciarsi finalmente andare. Era rossa in volto, con le lacrime che facevano capolino dagli angoli degli occhi.

Vittoria, forse per la prima volta in vita sua, abbracciò di slancio la sorella maggiore, stringendola a sé come se volesse non solo consolarla ma proteggerla.

<mi dispiace Alina, non sapevo che ti sentissi così.>

<e come avresti potuto, nessuno mi chiede mai come sto, o cosa provo.> sussurrò, allontanandosi dolcemente.

Rebirth - l'albero del silenzioWhere stories live. Discover now