Achantor - seconda parte

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La sala operatoria era stata approntata in tempo di record nell'infermeria di Nido del Drago. Quella stanza non era stata progettata per interventi rischiosi come quello, ma sembrava essere la soluzione più adatta per tutto quello che sarebbe accaduto.

Grazie all'aiuto della Furia, Erik era stato leggermente sedato, e una volta tornato in forma umana, immobilizzato su un lettino. Nell'attesa che il ragazzo riprendesse conoscenza, Alina e Frederik avevano preparato tutto il necessario per l'intervento. La ragazza rimase particolarmente sorpresa dalla quantità e dalla qualità delle strutture e delle attrezzature mediche presenti in quell'angolo di mondo. Molte delle tecnologie presenti per il controllo e il supporto delle funzioni vitali erano persino più avanzate di quelle che aveva imparato ad utilizzare durante gli studi.

Non fu difficile accorgersi del momento in cui Erik riprese conoscenza. Cominciò ad agitarsi come un forsennato, ringhiando e scuotendo l'intero supporto cui era legato. Gli occhi del ragazzo erano completamente nascosti da una patina biancastra, i canini allungati simili a zanne e il volto deformato da un'espressione feroce.

Un brivido gelido corse lungo la spina dorsale dei presenti, facendoli rabbrividire.

<Iniziamo.> sentenziò Alina, entrando in un limbo gelido e privo di emozioni. Nel corso dei suoi studi aveva imparato ad entrare in quello stato quasi di trance per poter affrontare con la dovuta freddezza anche interventi molto difficili e rischiosi. Prima di cominciare accarezzò la figura di Erik con lo sguardo, tentando di rassicurare sé stessa, prima che il ragazzo, della buona riuscita di quell'operazione al limite del suicidio.

Il ragazzo era stato bloccato con la schiena esposta e il petto contro il materasso sottile della branda attraverso cinghie di cuoio e metallo. Per quanto i supporti fossero resistenti, il ragazzo aveva già cominciato a danneggiarli, sfruttando la forza della Furia per tentare di fuggire.

Frederik, anch'egli gelido in volto, bloccò col proprio peso le spalle del ragazzo, mentre la ragazza iniettava un anestetico locale all'altezza della nuca. Dopo pochi secondi Erik rilassò le spalle, con un leggero sospiro e si accasciò contro la brandina.

<Erik?> chiese la ragazza con voce tremante.

<Procedi.> fu l'unica risposta che ricevette. Dalla voce si percepiva come il ragazzo stesse ancora lottando, anche se non era ben chiaro contro chi o cosa combattesse, se contro l'achantor o contro la ragionevole paura di ciò che il futuro incerto gli avrebbe riservato.

<mi dispiace.> sussurrò Alina, spazzando via con rabbia l'unica lacrima che era sfuggita al suo controllo.

Con un bisturi incise la zona dove quel maledetto parassita si era annidato. La pelle in quella zona aveva ormai assunto un colore violaceo con una spirale bianca ben in rilievo. Quando la prima goccia di sangue fuoriuscì dall'incisione l'intera spirale si mosse, ritraendosi. Alina prese un respiro profondo e incise più profondamente fino quasi ad esporre le vertebre. La pelle di Erik si ricoprì di un velo di sudore, dando nota alla ragazza della sensibilità e della percezione del dolore del ragazzo. Con un paio di pinze dalle punte zigrinate per una maggior presa, la ragazza esplorò la cavità scavata dal parassita alla ricerca di un appiglio. Con la mano libera premeva al lato della ferita, cercando di ridurre al minimo lo spazio di movimento dell'achantor, nella speranza di costringerlo ad uscire dalla fessura praticata.

<maledizione.> ringhiò.

La strumentazione che teneva sotto controllo i parametri vitali del ragazzo aveva cominciato a comunicare segni di cedimento.

<non puoi tirarlo via?> chiese Fred spostando frequentemente lo sguardo tra medico e paziente. Il ragazzo era pallido e la pelle luccicava, coperta da uno strato di sudore. Le mucose erano chiare, quasi pallide e una discreta quantità di sangue aveva già bagnato il piano di lavoro.

Rebirth - l'albero del silenzioWhere stories live. Discover now