PROLOGO

528 20 3
                                    

DATA: 29 NOVEMBRE 1959

QUALCOSA RONZAVA nell'aria gelida e senza vita della cella in cui era trattenuta. E quando sbatté le palpebre e la sua vista non fu più sfocata notò subito la telecamera di sorveglianza nell'angolo della stanza.

Soldato, la accolse una voce metallica, ed il suo cuore ricoperto di ferro le finì nello stomaco. Sapeva cosa stava per succedere.

Sei pronta?

                      No. No, non era pronta. Ma ad ogni modo non c'era nessuno ad ascoltarla. Era da sola. Era sempre stata da sola. E anche loro lo sapevano. Oh, lo sapevano molto bene.

Le si strinse lo stomaco ed il peso che le si riversò addosso era simile ad una montagna. Deglutendo indietreggio verso il muro in direzione opposta della telecamera che registrava ogni suo movimento e che a lei ricordò un segugio che punta una volpe. O forse un altro animale anche più calcolatore.

                      Cominciamo la tua valutazione psicologica, fase dieci. Buon compleanno, Soldato.

Per completare il suo fascicolo le avevano assegnato una data di nascita. Le era stata porta la propria identità quando non l'aveva nemmeno chiesta. Ma a nessuno importava ciò che voleva un esperimento. Una piccola risata piatta lasciò le sue labbra in come schegge. Alle sue orecchie ricordò il suono di un apparecchio metallico che faceva attrito sull'ingranaggio, come l'impatto del vetro che si rompe cadendo al suolo. Rotto ed incontrollabile. Odiava quel suono, semplicemente perché le ricordava lei stessa.

Chiuse le palpebre e strisciò contro al muro fino a finire a terra. Sperava di terminare questo round velocemente, sperava di non ferire troppe persone innocenti. Forte e coraggiosa, Piccola Fenice, le diceva il suo istruttore. Forte e coraggiosa. Affronta il mondo con dieci volte la collera che quest'ultimo ti ha riversato addosso, ma contienila tutta. Controlla le tue emozioni. Sei in grado di gestire la tua mente. Non lasciare che le piccole cose ti diano fastidio. Non lasciare che ti vedano spezzarti. Trasformati nella tua stessa roccia.

                         E così aveva fatto.

Elite. Il suo respiro si fece spezzato.

Tredici. Sentiva la pelle pizzicarle.

Ceneri. Mettendo la testa fra le ginocchia, strinse le braccia attorno alle gambe.

Clandestino. Kalypso Argyris non era debole.

Sopravvivenza. Era una combattente.

Ospedale.

"Mi chiamo Kalypso Argyris. Dovrei avere diciassette anni-"

Prodigio.

"Vengo da Atene, ma ora appartengo a New York-"

Trauma.

"Sono entrata a far parte dell'Elite. Sono un combattente."

                             Nave da carico.

                              Silenzio.

                              Smise immediatamente di tremare. Il sudore le colava sui lati della fronte ed alcune ciocche dei suoi capelli erano appiccicate alla tempia. I muri trattennero il respiro e tutti gli orologi del mondo sembravano essersi bloccati di fronte a cotanto potere.

Alzò lentamente il collo e guardò in direzione della telecamera. Senza sorridere annuì una volta mantentendo un'espressione dura ed i muscoli rilassati. Chi sono? Si chiese mentalmente. Non sono nessuno. Kalypso Argyris non esiste. Sono la sua ombra. L'inferno pronto a colpire. Ad uccidere. Non sono nessuno. Non sono niente, ma allo stesso tempo sono tutto.

"Pronta ad obbedire"

fight club |ITA|Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora