"Di me ti potrai sempre fidare"

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Tonks lo portò in salotto e lo fece sedere a forza sul divano.

«Resta qui» gli disse, poi uscì dalla stanza, passando per la porta che dava sul corridoio per le camere.

Remus si ritrovò di nuovo solo.

Poco prima, aveva implicitamente chiesto a Tonks di lasciarlo in pace, le aveva fatto capire, con i suoi gesti, che non aveva voglia di parlare di ciò che gli aveva detto Silente.
Questo era vero.
Ma adesso, da solo, avrebbe voluto avere la compagnia di qualcuno, e parlare con questo qualcuno di cosa Silente voleva che facesse. Sfogarsi.
Anche questo era vero.

Gli capitava spesso: voleva e non voleva la compagnia di qualcuno, e che fosse indecisione o semplicemente il fatto che il suo cervello stesse pensando a tutt'altro, la cosa non cambiava.

Remus si alzò e si diresse verso il mobile dove era appoggiato lo specchio che Tonks aveva usato quando lui le aveva detto che le erano venuti i capelli rossi. Si chiese per quale motivo quello specchio fosse ancora lì.

Lo prese e ci guardò dentro.

Il viso che gli apparve fu esattamente il suo, com'era in quel momento.
Non poteva biasimare Tonks per essersi spaventata: il suo non era un viso, piuttosto un lenzuolo. Pallido in modo quasi innaturale, cadaverico.
Fino a qualche secondo prima, Remus ne era sicuro, doveva avere anche gli occhi fuori dalle orbite.
Appena Silente aveva parlato di Greyback, Remus si era scusato ed era corso via, con il cuore che gli martellava contro la gabbia toracica e il sapore della bile già in gola.

Si passò una mano tra i capelli, trovandoli umidi e appiccicosi, così come il viso, coperto di sudore.
Era in condizioni pietose, e lo sapeva bene.

Tonks rientrò.

Remus provò un grande senso di vergogna a farsi trovare in quello stato, nonostante sapesse bene che già prima la ragazza lo aveva visto in quel modo.
Si sedette di nuovo sul divano, tenendo la testa bassa, mentre le guance gli si imporporavano per l'imbarazzo.

«Remus?»
Lui non alzò la testa.
Sentì Tonks prendergli la mano e aprirgliela. Ci mise dentro qualcosa di morbido.
«Ti ho portato questo» disse, piano.
Remus guardò la sua mano. C'era un fazzoletto di stoffa ripiegato.
«Puoi usarlo per asciugarti il viso» mormorò, arrossendo un poco.
«Grazie» rispose Remus, colpito dalla premura della ragazza.

Si pulì il viso, asciugandoselo dal sudore.

Quando ebbe finito, osservò il fazzoletto.
Era di seta bianca, decorata con dei fili neri a formare una specie di cornice. In basso a destra c'erano due lettere, una N e una T. Agli angoli, il filo nero formava delle lettere B.

«Sono le tue iniziali» le disse, continuando a guardare il fazzoletto.
La ragazza annuì.
«Me lo ha regalato mia madre. Le "B", stanno per Black. Non mi sorprende che le abbia volute includere: dopotutto, anche lei fa parte di questa famiglia. Ricordo che la cosa non mi fece minimamente piacere»
Remus alzò finalmente gli occhi su di lei, sorpreso.
«Già» continuò la ragazza, notando il suo sguardo «Avevo 8 anni e Sirius era appena stato rinchiuso ad Azkaban. Con i Black non volevo avere niente a che fare, ma mia madre mi disse che ero comunque, come lei, parte di loro. All'epoca pensavo che Sirius fosse un Mago Oscuro, servo di Voldemort. È incredibile quanto a volte ci possa sbagliare»
Remus annuì.

Le porse il fazzoletto.
«Oh, no» disse lei «Tienilo. È tuo»
«Ma è un regalo di tua madre... Ci sono le tue iniziali...»
«Oh, quello non è un problema. Ne ho un altro, me ne regalò due» sorrise «Puoi tenerlo come pegno della nostra amicizia, se vuoi. Così puoi ricordarti che di me ti potrai sempre fidare»
Remus sorrise e ripose il fazzoletto in tasca.
«Grazie. Non sono molte le persone che farebbero una cosa del genere per me»
Lei gli strinse la mano.
«Non è niente» gli disse «Davvero»

«Dimmi» riprese poi «Che ti ha detto Silente?»
L'uomo esitò prima di rispondere, ma alla fine non riuscì a tenersi tutto dentro e disse:
«Vorrebbe che parlassi con i Lupi Mannari per convincerli a venire dalla nostra parte»

«Hai fatto bene a chiamarmi, Tonks» disse una voce conosciuta alle loro spalle «Questa è una cosa di cui è bene parlare»
Sirius si sedette sullo schienale del divano, a pochi centimetri dalla spalla di Tonks, che si spostò leggermente per fargli posto.

«È un po' lungo da spiegare» disse Remus.
«Allora sarà bene iniziare subito» disse Tonks, con un sorriso di incoraggiamento.
Remus sospirò, chiudendo gli occhi. Quando li riaprì, aveva sul volto un'espressione decisa.
«Va bene. Iniziamo»

13 Anni - Remus e TonksWhere stories live. Discover now