Chapter 21.

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"La settimana prossima sono piena di test e tu mi porti a fare una scampagnata?" La sua tipica voce sarcastica mi raggiunse le orecchie, facendomi roteare gli occhi.
"Sei veramente impossibile! Uno cerca di organizzare qualcosa di carino per te e tu mi tratti come una pezza da piedi!"
"Come se fosse una novità."
Ripresi a camminare, lungo la collina piena di alberi. Erano alti, coperti da foglie incredibilmente verdi. I ciuffi d'erba crescevano in pochi punti soleggiati, quelli che non erano bloccati dalle fronde degli alberi.
Eravamo ad alcuni kilometri fuori dalla città, lontano dal trambusto giornaliero ed occhi indiscreti del parco.
Il cielo era privo di nuvole, di un celeste intenso.
Quando raggiunsi la cima della collina mi voltai, vedendo in lontananza i grattacieli grigi di Denver.
Dopo quasi un minuto, Laura mi affiancò, respirando pesantemente.
"Sai, alcuni respirano ed hanno bisogno di ossigeno." Piegò le ginocchia e vi appoggiò sopra le mani, cercando di prendere fiato.
"La prossima volta ti porto in spalla."

Ci andammo a sedere ai piedi di un albero, spalla contro spalla. Afferrai la sua mano sinistra, stringendola nella mia, lasciandole tra noi due.
Lo sguardo di Laura fissava un punto lontano; i suoi iridi illuminati dalla luce sembravano più vivi che mai.
"È meraviglioso." Disse lei, affascinata.
"Tantissimo." Mormorai, solamente che non stavo affatto guardando l'orizzonte.
Lei voltò il viso verso di me, capendo che non mi riferivo alla vista. C'erano poche dita di distanza fra di noi ed avrei dato quel brandello di anima per porterlo eliminare.
Un solo angolo delle sue labbra di alzò, arricciandosi in quel che pareva un sorriso troppo timido per formarsi del tutto. Adagiò la guancia sulla mia spalla, coperta dalla giacca di pelle.

"Non trovi che alcune parole siano davvero divertenti?"
"Cioè?"
"Pensa alla parola mappamondo. Mappamondo." Lei iniziò a ridacchiare, dopo aver pronunciato con serietà la parola.
"Cosa c'è di strano nella parola mappamondo?" Chiesi io sorridendo, nonostante il suo viso fosse troppo in basso per poterlo notare.
"Non lo so, mi sa di divertente. Ci sarà una parola che ti fa sempre ridere!"
"Ananas. È una parola così insensata. Perché le chiamiamo così? Il tizio che ha visto per primo gli ananas, come ha fatto a constatare che si chiamavano così? È un parola che non vuol dire niente."
"Allora uno potrebbe fare lo stesso discorso per le mele, le ciliegie, le fragole."
"Ma quelle hanno senso! Non come ananas. Sembra il cugino povero delle banane. Pensaci. Una banana ed un ananas insieme darebbero vista ad una banananas."
Laura scoppiò in una risata, che cercò di limitare, portandosi una mano alla bocca. "È la cosa più stupida che abbia mai sentito."
"Detto da quella che ride per la parola mappamondo."
"Almeno io so distinguere la matematica dalla biologia."
"Smettila di prendermi in giro per la mia incapacità di distinguere delle materie inutili!" Esclamai, scrollando le spalle, per darle fastidio.
Lei continuò a ridere, divertita dal mio fallimento scolastico.
"Hai presente quando nei libri o nei film i due ragazzi che si stanno prendendo in giro finiscono per farsi il solletico ed uno colpisce l'altro per farlo smettere?"
"Eh sì, allora?"
"Tu non puoi farlo!" Le dissi, prima di far scivolare le mani sulla sua vita, iniziando a solleticarla.
"No! Ti odio!" Gridò lei, iniziando a divincolarsi come una pazza.
"Non puoi averla sempre vinta!"
Continuai a pizzicarle la vita e la pancia, mentre lei si contorceva disperatamente, cercando di allontanarsi.
Le sue risate isteriche risuonarono nell'aria e mi ritrovai a ridere a mia volta. Lei si stese sull'erba, provando inutilmente a spingermi via.
"Dai! Ti chiedo scusa!" La sentii dire in mezzo alle risate.
Smisi di solleticarla e mi limitai a pungolarle i fianchi.
"Come prego?"
"Ti ho chiesto scusa!" Ribadì lei, aprendo gli occhi, per guardare i miei.
Il mio viso era esattamente sopra al suo, a pochissima distanza. Una delle mie gambe si trovava fra le sue e mi appoggiai sugli avambracci, per guardarle il viso.
Respiri pesanti si liberavano dalle sue labbra, che erano colorate da un rossetto rosa pesca. I suoi occhi, grandi e vispi, osservavano i miei.
Il trucco non eccessivo le copriva una parte delle palpebre ed il mascara le rendeva le ciglia più folte e lunghe.
Guardai le sue pupille nere e di riflesso vidi solo la cima dell'albero.
In quel momento ricordai tutto, nuovamente. La promessa che mi ero fatto. Di non baciarla, di dimostrarle affetto e basta, senza mai passare oltre.

Another Chance || A Raura Fanfic.Where stories live. Discover now